martedì 31 dicembre 2013

Breve storia delle teorie atomiche: Niels Bohr


Qual era dunque la pecca fondamentale del modello atomico di Rutherford? Principalmente una: se l'elettrone girava attorno al nucleo nelle sue orbite circolari esso doveva perdere una parte della sua energia equivalente alla suo moto emettendo onde elettromagnetiche, questa perdita progressiva di energia sarebbe stata causa di un rallentamento costante che avrebbe fatto ricadere l'elettrone dentro il nucleo in un movimento a spirale. E' come se la luna, nel suo moto attorno alla terra, cedesse via via parte della sua velocità allo spazio circostante fino a rallentare e schiantarsi sul pianeta. Se non accade è perché la luna è soggetta a un altro tipo di forza, e cioè alla gravità. Secondariamente, gli elettroni non avrebbero avuto forza meccanica sufficiente per rimanere incollati al nucleo, rischiando di venire strappati via dalla minima perturbazione esterna. In sostanza, l'atomo di Rutherford era quanto mai instabile, destinato a sicuro decadimento. Fu dunque un collaboratore di Rutherford, il danese Niels Bohr, a risolvere la questione, facendo entrare in gioco le regole della meccanica quantistica.

Ora, la meccanica quantistica è la teoria più moderna che esista, e non si intende in senso cronologico, ma in senso filosofico. Ribalta le questioni, mette in soffitta il rigido determinismo, accoglie il probabilismo e strizza l'occhio a un certo soggettivismo che nelle sue degenerazioni più estreme può cadere vittima dello spiritualismo se non addirittura del misticismo (fine delle rime in "-ismo"). Bohr prese dagli studi sulla meccanica quantistica l'idea che l'energia emanata dell'elettrone non si irradiasse in modo continuo, ma solo ad intervalli discreti che si trovavano in rapporto matematico con la costante di Plank. Quantizzando l'emissione di energia il modello atomico funzionava, gli elettroni ritrovavano la loro stabilità.

Il modello atomico di Bohr prevedeva ancora orbite circolari per gli elettroni, con il successivo perfezionamento della teoria, e cioè con il modello comunemente noto col nome di Bohr-Sommerfeld, le orbite degli elettroni assumevano traiettorie ellittiche. Tuttavia, come vedremo, la realtà dell'atomo sarebbe sfuggita anche alle regole della geometria convenzionale.

Nella prossima puntata: gli orbitali, ovvero, il porto delle nebbie.

lunedì 30 dicembre 2013

Occorrerà che la scienza si metta anche a spiegare quel curioso fenomeno dello stimolo che prende invariabilmente appena ci si mette a sciacquare i piatti sotto l'acqua corrente, un attimo prima non ti scappava, un attimo dopo, come i cani di Pavlov, pare che non hai visto un cesso da una settimana (e scusate il latinismo). Una "teoria del tutto" degna di questo nome dovrà pur renderne conto, altrimenti è sbagliata.

Breve storia delle teorie atomiche: Ernest Rutherford


"Nella scienza esiste solo la Fisica, tutto il resto è collezione di francobolli"

Ernest Rutherford, fisico e chimico neozelandese, fu allievo di Thomson. In qualità di suo allievo egli aveva il compito, o se vogliamo il dovere, di testare la validità del modello a panettone e per farlo si accinse a dirigere un esperimento eseguito da Hans Wilhelm Geiger e Ernest Marsden al laboratorio di fisica dell'Università di Manchester. Geiger, assistente di Rutherford, ne trarrà ispirazione per ideare il suo celebre contatore. L'idea era semplice: bombardare l'atomo con particelle alfa emesse da una sorgente radioattiva e ricavare dal calcolo degli angoli di uscita indicazioni sulla distribuzione dei corpuscoli al suo interno. Fu predisposta una sottilissima foglia d'oro (0,0004 mm, circa 200 atomi), sul tipo di Gualtiero Marchesi, attorno ad essa fu predisposta una fascetta ricoperta di solfuro di zinco sulla quale si sarebbero impresse le microscopiche "pallottole". Tutto fu pronto per il 1909. Grande fu la sorpresa nel constatare che la maggior parte delle particelle attraversavano la sottilissima lamina senza deviare di molto il loro percorso, mentre alcune di loro deviavano considerevolmente e addirittura una minima parte (una su ventimila) rimbalzava letteralmente indietro, come se si fossero trovate davanti un muro. Rutherford ci mise un po' per mettere insieme tutti i pezzi, facendo suo il motto di Sherlock Holmes («eliminato l'impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità»), si fece l'argo in lui l'idea che l'atomo fosse costituito per la maggior parte da vuoto e che al centro di esso vi era un minuscolo nucleo che costituiva il perno delle ampie orbite circolari degli elettroni, era dunque quello di Rutherford un modello planetario, simile nella sua struttura a quella del sistema solare. Occorre qui accennare che all'epoca dell'esperimento Rutherford era già stato insignito del premio Nobel per aver scoperto che la radioattività era il frutto della spontanea disgregazione di particelle subatomiche che abbandonavano l'atomo. Gli atomi, dunque, perdevano i pezzi, non solo non erano più indivisibili, ma alcuni di loro erano anche molto instabili. Non pago, Rutherford fu anche il primo scienziato a trasmutare nel 1919 un elemento in un altro mediante reazione nucleare, chapeau. Tuttavia, come vedremo, anche il suo modello presentava una pecca che finì per essergli fatale.

Nella prossima puntata: Niels Bohr e il problema della caduta a spirale (le cose si complicano).

sabato 28 dicembre 2013

Breve storia delle teorie atomiche: Joseph John Thomson


Uno si domanda: non sarebbe stato più semplice porre l'atomo come l'indivisibile e finita lì? Un lavoro pulito, una teoria elegante. Macché. Esperimenti condotti con il tubo di Crookes, precursore del tubo catodico, dimostrarono l'esistenza di una particolare particella a carica negativa alla quale il fisico irlandese George Johnstone Stoney darà più tardi il nome di elettrone. All'interno del tubo veniva generata una grande differenza di potenziale, la quale creava un flusso di particelle cariche negativamente che andavano a colpire la parete opposta, carica positivamente, eccitandone la fluorescenza. Se fra i due poli veniva posta una qualsiasi figura, che so, una croce di Malta, il suo cono d'ombra veniva proiettato sulla parete. Più o meno cosi:


Non ha dell'incredibile? Sir William Crookes, ideatore dello sbalorditivo marchingegno, era un chimico di rinomata fama, scopritore del Tallio e inventore di un elegantissimo radiometro che porta il suo nome e quello più poetico di "mulino a luce" o "motore solare".


Trattasi essenzialmente di un bulbo in cui si è creato un vuoto parziale e con al centro un'elica messa in condizione di girare liberamente, più la luce attraverserà il bulbo e più l'elica si metterà a girare, posta in pieno sole girerà vorticosamente. Ma anche solo il calore di una mano la metterà in funzione, essendo il calore, al pari della luce, una radiazione elettromagnetica. Meglio della lava lamp.

Attardati in questo lungo preambolo è il momento di introdurre la figura di Joseph John Thomson. Questo eminente fisico capì che il raggio catodico era costituito da un fascio di elettroni (che per tutta la vita continuò cocciutamente a chiamare "corpuscoli"), i quali non erano tanto degli atomi, bensì una loro porzione (la scoperta della prima particella subatomica gli valse il premio Nobel nel 1906). In breve, nel giro di un secolo appena si era già trovato il modo di suddividere l'indivisibile, il vero tramonto degli eterni. Thomson non se la sentì però di procedere oltre nell'opera di demolizione e ideò un modello dell'atomo che a tutt'oggi viene chiamato "modello a panettone", in cui gli elettroni erano immersi nell'atomo come i canditi nell'impasto (Ha! Povero ingenuo...).

Nella prossima puntata: Ernest Rutherford prende a pallettoni i panettoni (non punto più a Ca' Foscari, punto alla scuola Radio Elettra).

venerdì 27 dicembre 2013

Breve storia delle teorie atomiche: John Dalton




John Dalton non era uno dei fratelli Dalton, ma uno rispettabile scienziato inglese d'inizio ottocento il quale, recatosi a una riunione di quaccheri convinto che le sue calze fossero marroni, si vide obiettare dai presenti che in realtà esse erano di un rosso assai acceso. Scoprì così di essere affetto da deuteranopia, cioè insensibilità al colore verde, è noto infatti che il marrone è un arancione più spento e talvolta un rosso più inverdito. Egli era così animato da spirito scientifico che decise di donare i propri occhi alla scienza per poterli studiare dopo la sua morte, e fu così che nacque il daltonismo. Ma non è per questo che John Dalton verrà ricordato, bensì per essere colui il quale riportò in auge l'atomismo dopo secoli di arbitrario oscuramento. Se noi oggi siamo giunti fino alle stringhe, indistricabilmente attorcigliate alle loro brane, lo dobbiamo in qualche modo a quel distinto signore che non distingueva il rosso dal marrone. Egli notò come fosse più facile considerare le molecole dei composti chimici come aggregati di puntini duri e indivisibili, praticamente indistruttibili, mai corrotti e mai generati (ma soprattutto incolori): gli atomi, per l'appunto. Egli notò come se due elementi si combinano fra loro, formando composti diversi, le quantità di uno di essi che si combinano con una quantità fissa dell'altro stanno fra loro in rapporti razionali, espressi da numeri interi e piccoli. Non so cosa significhi, ho una naturale avversione per i numeri. Ma sappiate che esiste una corda tesa fra Leucippo (e fra qualche mistico indiano, perché gli indiani c'entrano sempre) e John Dalton (passando per Democrito ed Epicuro, ça va sans dire). L'atomo, e cioè l'indivisibile, rispondeva alla fondamentale esigenza di evitare di ricadere nel paradosso della divisibilità infinita dello spazio, e cioè nella visione paradossale di un bastone che si spezza all'infinito, senza mai giungere a una fine, e suscitare così lo scabroso dubbio che a sorreggere la materia vi sia un abisso di nulla.

Prossimamente, Joseph John Thomson e un dolce molto natalizio.
Nel frattempo mi si è rotto anche il computer, quello buono. Però, mettiamola così: se esiste la sfiga esiste anche la sua controparte, cioè la fortuna, e se esistono sfiga e fortuna significa che esistono entità metafisiche che ci sovrastano, entità senzienti con una propria volontà, maligna o benigna che sia. Dunque esistono gli angeli e i demoni, la lotta fra il bene e il male, i santi e le sibille, un senso, seppure del cazzo... quante obiettive situazioni di sfiga, in senso induttivo, occorrerà osservare per stabilire una legge universale?

lunedì 23 dicembre 2013

Sto conducendo esperimenti con la paroxetina, per essere felice non dico a natale ma almeno a capodanno, voglio vedere se è vero come dicono che agendo sulla chimica del cervello si possono evitare le domande sul senso della vita e se invece di darsi all'ontologia si finisce per darsi al calcio o seguire X-factor, come un individuo mediamente sano e nel pieno delle sue capacità cognitive dovrebbe fare.

Michael Persinger è un professore americano che ha inventato il casco di Dio. Stimolando opportunamente aree ben definite del cervello come i lobi temporali con campi elettromagnetici debolissimi, dell'ordine di un microtesla, è riuscito ad indurre nell'80% dei soggetti che si sono sottoposti all'esperimento certi stati allucinatori riconducibili a "presenze" più o meno metafisiche. Il soggetto veniva bendato in una stanza buia per circa un'ora, privato di alcool, caffé e sigarette, e magnetizzato fino a suscitare l'idea che dentro la stanza fosse entrato qualcuno, esseri muti e immobili nel buio, Doppelgänger, elfi del bosco silvano, mostruosità del necronomicon e quant'altro. Sarebbe la prova che l'idea di Dio (o degli angeli) si può suscitare per via "meccanica", ma sarebbe comunque interessante sapere se in quel 20% di soggetti restanti e completamente insensibili agli stimoli vi fossero comunque dei credenti o solo atei patentati.

Volevo scrivere un bel romanzo fantasy e inventarmi tutta una pletora di nuove creature del cielo e della terra, ma non ce la fò, non sono tagliato per i romanzi. A meno che... credo che mi incollerò il cellulare su un lobo frontale.

martedì 17 dicembre 2013

Mi sento così: tradito dalla scienza che smuove le montagne ma è impotente di fronte alla malattia. Impossibilitato a credere in Dio, mi manca il gene. Intimamente conscio di essere un guscio troppo fragile in balia delle tempeste. Privato degli affetti. Panico ontologico derivante dalla coscienza del mio essere accidentale e contingente, la vita come mero epifenomeno della morte, un breve preambolo, una cosa di poco conto (a noi mortali gli dei dovrebbero concedere la medaglia al valor ontico). Concentrarsi sul lavoro per pagare l'affitto e nel frattempo cercare casa perché l'immobiliare è in liquidazione (chissà quando riavrò internet). Non avrò più posto per i libri, dovrò buttarne via un po', o io o loro. Maggiori indiziati: vecchie enciclopedie a fascicoli oramai obsolete, romanzi d'appendice, gialli Mondadori. Mi tengo i libri di fisica e di filosofia, Gadda, Primo Levi, i russi, Savinio, Canetti e Simenon. Butto via i francesi, tengo De Sade. Non già sentirsi soli ma essere soli, già solo a rompermi una gamba morirei di fame. Chiamerò l'assistenza per gli anziani.

domenica 15 dicembre 2013

«Non so chi mi abbia messo al mondo, né che cosa sia il mondo, né cosa io stesso. Sono in un'ignoranza spaventosa di tutto. Non so che cosa siano il mio corpo, i miei sensi, la mia anima e questa stessa parte di me che pensa quel che dico, che medita sopra di tutto e sopra sé stessa, e non conosce sé meglio del resto. Vedo quegli spaventosi spazi dell'universo che mi rinchiudono; e mi ritrovo confinato in un angolo di questa immensa distesa, senza sapere perché sono collocato qui piuttosto che altrove, né perché questo po' di tempo che mi è dato da vivere mi sia assegnato in questo momento piuttosto che in un altro di tutta l'eternità che mi ha preceduto e di tutta quella che mi seguirà. Da ogni parte vedo soltanto infiniti, che mi assorbono come un atomo e come un'ombra che dura un istante, e scompare poi per sempre. Tutto quel che so è che debbo presto morire, ma quel che ignoro di più è, appunto, questa stessa morte che non posso evitare».

La vedo esattamente come Pascal, ma mentre lui si era abituato a fingere di credere, io temo che nemmeno questo mi sarà concesso.
Magari qualcuno sarà anche scettico sulla capacità della politica e della democrazia in generale di guidare la riscossa, e cioè di favorire la ripresa e magari indirizzare anche gli eventi, ecc., convinto com'è che oramai si può solo rincorrere la realtà e che solitamente non occorra solo turarsi il naso ma anche qualche altro orifizio. Tutto vero, quella famosa nottola aveva ragione, arriviamo sempre troppo tardi. La democrazia sembra dare il meglio di sé quando incarna l'alternativa a ciò che le è contrario, ma col tempo viene a noia. Anzi, in Cina non c'è democrazia ma arrivano perfino sulla luna, chissà, forse in cerca di nuovi mercati. La democrazia è uno strumento sottile, se non coltivi il popolo sovrano e lo lasci scadere nel suo "si fa" e "si dice" quotidiano, finisce che quella mediocrità verrà ad incarnarsi nelle proposte politiche, quando non saranno proprio quelle stesse proposte politiche a suscitare e assecondare quelle tendenze, recando gravissimo danno alla qualità della politica in sé. Quello che si teme è che lo strumento democratico sia destinato ad ingrigire inesorabilmente, ingrigire a tal punto da scivolare a poco a poco verso il suo contrario, o forse siamo solo degli inguaribili pessimisti e ci dimentichiamo quando c'erano solo il PCI e la Democrazia Cristiana a contendersi il cuore e le menti degli italiani, mentre oggi, volendo, si può votare anche il movimento dei radioamatori e il partito della fica. Ma non è tanto una questione di quantità, è più una questione di qualità (o una formalità, non ricordo più bene, cioè il problema dell'aderenza a una forma che di fatto assume qualitativamente i connotati di una sostanza). (E' tutto così complicato, ma per fortuna è arrivato il Renzi che non ci complica il pane).

domenica 8 dicembre 2013

«La mia sarà una Lega di battaglia» che avrà come primo obiettivo di «riprendere la sovranità» dalla Ue, «ci siamo rotti le palle che Bruxelles ci deve dire come dobbiamo vivere, questo è un gulag». (Matteo Salvini, neosegretario della Lega Nord).

Voi capite come la Lega abbia perso la sua presa sul popolo confrontando questa scorreggetta con le cacate ben più consistenti di Beppe Grillo, il quale ha spostato tutto l'armamentario del populismo analogico su un piano più propriamente digitale. Insomma, laddove la Lega era pratica analogica con la sua polenta e salamelle, il Movimento 5 Stelle ha compiuto il salto di qualità e non escludo si metterà a distribuire, in un futuro nemmeno troppo lontano, smartbox in cambio di pokes (ci voleva poco, lo Zeitgeist si era già tutto formato, le flame wars al posto delle ronde, i trolls al posto dei militanti). Penso che questo implicherà il ritorno al voto inutile alle prossime elezioni, magari non potrò arginare le onde del destino ma almeno mi sentirò apposto con la coscienza.

domenica 1 dicembre 2013

Ho un sacco di preoccupazioni in questo periodo, che mi tolgono la necessaria tranquillità e l'entusiasmo, va a periodi, o forse le preoccupazioni cresceranno esponenzialmente con il passare del tempo, chi lo sa. Per distrarmi leggo di fisica e bevo te deteinato, rigorosamente deteinato, perché sono al limite con l'attuale dosaggio della pastiglia della pressione e già alla sera mi pare di essere in orbita attorno alla terra, è perché sono fisiologicamente ansioso e il freddo e le preoccupazioni non aiutano. Mi dirigo a grandi balzi verso una solitudine che non mi piace più. Mi sento fragilissimo, in balia degli eventi e del destino, e da questa fragilità sale una specie di sgomento, uno spavento, un senso di inadeguatezza di fronte all'enormità del compito e dei problemi da affrontare. Insomma, è un periodo di merda.

venerdì 29 novembre 2013

Novacula Occami

Bisogna sapere - ma più che un vero bisogno è più una notazione a margine -, che fra le molte cose che attualmente popolano il rutilante mondo (si fa per dire) del pensiero filosofico vi è anche un certo dibattito che vede contrapposti gli ultimi residui del postmodernismo e del pensiero debole ai sostenitori del nuovo realismo. Ho comprato anche un libro tempo fa, attirato dalla bella copertina color magenta (R: 180 G: 7 B: 68, codice esadecimale #B40744), il libro in questione è "Bentornata realtà, il nuovo realismo in discussione", edizioni Einaudi. Niente di che, un gran parlarsi addosso. Era in qualche modo prevedibile che il postmoderno non avrebbe retto all'urto dell'11 settembre, il postmoderno è un pensiero morbido adatto ai tempi di pace, là dove si teorizzava la società multiculturale e il crollo di tutte le ideologie al grido nietzschiano di "non esistono fatti, solo interpretazioni", oggi ci si auspica invece un ritorno a una realtà non interpretata che possa poggiare su una base più solida, sul dato non emendabile dell'esistenza di una realtà esterna alla mente. Ora, posto che il problema si riduce di fatto alla questione di una moda che vorrebbe soppiantarne un'altra, mi sfugge veramente il nesso che dovrebbe sussistere fra la prova accertata di una realtà esterna alla mente e la confutazione del postmodernismo. Si dice: il postmoderno riduce il mondo all'interpretazione che ne da il soggetto, se noi proviamo in modo certo e incontrovertibile che esiste una realtà oggettiva originaria che non è interpretabile soggettivamente, allora il postmodernismo è fottuto. Mmm. Primo: il postmodernismo si fotte da solo in quanto vittima di quella stessa datità contingente a cui sembra tanto affezionato. Secondo: non so come si possa realmente provare l'esistenza di una realtà esterna alla mente, auguri. Inoltre, se è legittimo servirsi del rasoio di Occam, potremmo anche fermarci alla realtà interna alla coscienza, infatti, entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem, per cui non vedo quale necessità reale vi sia di porre la materia al di fuori della coscienza quando appare già così ben formata e perfettamente funzionante al suo interno. Se proprio vuoi confutare il soggettivismo sfrenato dei postmoderni, fagli notare con insistenza (perché non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire) che la coscienza soggettiva delle cose è il dato originario e più incontrovertibilmente oggettivo di tutti, una vera Verità con la "V" maiuscola, dico bene?

Appendice. Che poi bisognerebbe accertare come mai Gianni Vattimo sia così terrorizzato da quella "V" maiuscola, quella stessa "V" che compare maiuscola nel suo cognome, non mi stupirei che un bel giorno decidesse di cambiarsi il nome in "gianni vattimo", tutto minuscolo, perché in quelle due maiuscole ci vedeva il segno di un potere castrante ed autoritario (va bene la liberazione, ma senza scadere nel ridicolo).

giovedì 28 novembre 2013

Tolto di mezzo l'uomo del millantato fare, la politica è ora a un bivio: o si fa qualcosa o si muore. Senonché la nostra politica è per sua stessa natura quel vasto palcoscenico in cui ogni attore, per muoversi anche solo di un millimetro, sembra aver bisogno di fare appello all'urgenza inderogabile, e solo a quella, sennò niente. Si direbbe una gran comodità, se infatti qualcuno agisce spinto da necessità inderogabile la responsabilità dell'atto perlopiù non è sua, perché qui la responsabilità è una grave malattia, qui è roba per fessi. Per cui o ci inventiamo subito un altro uomo del fare oppure Beppe Grillo, vedete voi. E la democrazia? L'unico argomento forte che io conosca a favore della democrazia è il suo essere più conveniente rispetto alla dittatura manifesta, per cui capirete bene come in questo caso la dimenticanza giochi un ruolo essenziale.

domenica 24 novembre 2013

E' un periodo che sono affetto da riduzionismo psicologico, nel senso che tendo a ricondurre ogni questione a quella fondamentale malattia dello spirito che chiamo temperamento o carattere. Il carattere sarebbe quella perturbante condizione psichica attraverso la quale il mondo stesso si forma, quell'intuizione a priori per mezzo della quale ci facciamo una idea della realtà, un'idea di realtà del tutto personale e quindi più o meno velatamente maniacale. Ecco, per mettere alla prova questa abborracciata teoria, quale miglior soggetto di Silvio B.? E' un caso da manuale. Quando ho letto della manifestazione contro la decadenza ho pensato subito alla decadenza della civiltà occidentale, perché il mio sostrato maniacale mi porta abitualmente a considerare tutto in relazione ai grandi sistemi, mentre Silvio B., evocando la decadenza, pensava principalmente alla sua propria, e non già decadenza morale, ma funzionale, funzionale a una delle sue molte cariche. Non sono io a dirlo, Silvio B. pare sia affetto da smisurato egocentrismo accompagnato da manie di grandezza, per cui è facile capire come quell'invito in buona fede di Don Mazzi, in sostanza l'invito di ritornare a coltivare pomodori e pulire bagni per spogliarsi francescanamente della maschera dell'uomo di potere e riscoprire il vero senso della vita, sia stato frainteso. Come può uno come me, dice Silvio B., una persona di una certa età che ha ricoperto incarichi internazionali e ruoli di responsabilità per tanti anni, ancora più anni del mitico Alcide De Gasperi, pensare di tornare a pulire i cessi? (ammesso che ci sia stato un tempo in cui li ha puliti). Don Mazzi ci ha provato, redimere è in fondo la sua missione, missione fallita (anche l'Übermensch, in fondo, non li ha mai puliti, fatto salvo di trovarsi poi nell'umiliante condizione di farsi pulire il culo).

martedì 19 novembre 2013

Aut Aut

Avevo trovato certi maglioncini in pile made in Bangladesh con la cernierina sul davanti, comodi per la pancia, ottimi per lavorare, prendo la L. Mi assale un senso di angoscia e di vertigine assoluta, sono posto di fronte alla scelta, alla voragine infinita delle possibilità che si spalancano davanti ai miei occhi (è solo un camerino, stai calmo, solo un camerino). Tiro la tendina, faccio per agganciare gli appendini alle grucce ma questi cadono per terra, bum: qualcuno ha staccato il gancio, lo specchio è rotto (non siamo a Copenhagen). Ho messo su pancia, sarà per via dello specchio deformato (ma intanto non mi crescerà più l'unghia del piede, con un difetto così vistoso chi mi vorrà più, mi vuoi tu?). Questa libertà, che si rivela nell'angoscia, può caratterizzarsi con l'esistenza di quel niente che si insinua tra i motivi e l'atto, l'uomo progetta di essere Dio ma questa aspirazione si risolve in uno scacco. Ora, vorrei capire che concetto di L hanno i sarti bangladesi, è chiaro che non mi sta, eppure il mio lupetto alla Sartre è una M! La mia terza massima fu di vincere sempre piuttosto me stesso che la fortuna, e di voler modificare piuttosto i miei desideri che l'ordine delle cose nel mondo (certo, certo, adesso sono io il problema...). Solo, difforme, povero: o la vita estetica o la vita etica (me la incarti pure che la do al cane).

lunedì 18 novembre 2013

Ho perso Il mondo come volontà e rappresentazione, non lo trovo più, in compenso ho trovato La trama del cosmo - spazio, tempo, realtà di Brian Greene (serendipità, non mi ricordavo nemmeno di averlo), che parla di tutto quello che mi interessa al momento: entanglement, natura dello spazio e del tempo, collasso della funzione d'onda e M-teoria.

«Gli eventi quindi sono, indipendentemente da come o quando si verifichino. Esistono tutti, e occupano in eterno il loro punto specifico nello spaziotempo. Non c'è alcun flusso. Se alla festa di Capodanno del 1999 vi siete divertiti molto, significa che vi state ancora divertendo perché quella è solo una posizione immutabile dello spaziotempo. [...] Per l'esperienza conscia sembra indubbiamente che le fette temporali ci passino davanti una a una. E' come se la nostra mente fosse la luce del proiettore: singoli momenti esistono quando vengono illuminati dall'energia della coscienza. [...] Analogamente, ogni momento dello spaziotempo, ogni fetta temporale, è come uno dei fotogrammi fissi del film: esiste al di là che una luce lo illumini o no. [...] A un esame più attento, dunque, l'immagine della luce del proiettore che dà vita a ogni nuovo adesso non regge. Viceversa, tutti i momenti sono illuminati, e tutti restano tali. Ogni istante esiste

(Emanuele Severino). (Brian Greene).

«Einstein era restio ad accettare un cambiamento di prospettiva tanto radicale. Rudolf Carnap riferisce un'interessante conversazione avuta con lui a tale proposito:

Il problema degli istanti lo tormentava seriamente. Per lui l'esperienza dell'adesso aveva un significato particolare per l'uomo, era qualcosa di sostanzialmente diverso dal passato e dal futuro, ma questa importante differenza non rientrava nell'ambito della fisica, né del resto poteva farlo. Il fatto che quest'esperienza non potesse essere studiata dalla scienza sembrava essere per lui motivo di dolorosa ma inevitabile rassegnazione

domenica 17 novembre 2013

θάνατος

La cena è sul fuoco, spezzatino al vino rosso con patate e melanzane tonde. Certo è che la morte mi pare il momento più vero, l'unico autentico, che mostra la vita per quella che è: un unico grande atto di insignificante vanità. Soffriggete una mezza cipolla tagliata a dadini con un poco di aglio, aggiungete la carne e fatela rosolare, quindi sfumate con del vino rosso. Che cosa sono Renzi, Alfano, Berlusconi, Grillo, Pittella (Pittella?), Cuperlo, Monti, Casini e Vendola in confronto alla morte? Niente, sono le forme emergenti del nulla, rimpiangeremo di aver condiviso quel poco di temporalità che ci è stata concessa con personaggi di tale risibile densità. Tagliate a parte una patata a tocchi di media grandezza e un poco di melanzana, aggiungete un po' di passata di pomodoro, giusto un po' per dare colore, quindi versate tre bicchieri di acqua calda e fate cuocere a fuoco medio finché la carne non sarà cotta. Si avvicina inesorabile, distogliere lo sguardo non ci salverà. Bon appétit!

Pimp your Pope!



Diciamo che in quanto ad hype, testimonial e bacino d'utenza la "Misericordina - 50 sfumature di bianco" si avvia a sbaragliare il cineforum della Statale, è un peccato. A quando una app per sgranare il rosario via smartphones? (compreso di statistiche, livelli, percentuali di avanzamento e obiettivi raggiunti). Fossi capace creerei una app per truccare le immaginette dei papi, ho già il titolo: Pimp your Pope! (cazzo, c'è già).

sabato 16 novembre 2013

Consanguineus lethi sopor

Un'ora e mezza di discorso e poi il malore, ma sfido io a non farsi venire un malore anche in platea, ci va una bella resistenza e la formidabile dedizione del leccapiedi o del claqueur di fama mondiale per non cadere vittima di un colpo di sonno o di un collasso nervoso, io non ce l'avrei fatta, per giunta ogni ora devo fare la pipì. Ma cos'avrà ancora da dire che non sia già stato detto, quali astuzie della retorica, quali nuovissimi argomenti ci dovrà mai rifilare per riempire quell'ora e mezza di significati? Per una legge di equivalenza anche un'ora e mezza di Epifani sortirebbe lo stesso effetto, per non dire Cuperlo. La politica da noi è quell'eterno ritorno dell'eguale in cui la rituale finitezza degli argomenti rapportata all'eternità del cosmo fa sì che il pover'uomo sia sottoposto all'infinito circolo delle combinazioni finite che eternamente si ripropongono sempre uguali, al netto della capacità prestidigitatoria di fargliele dimenticare per illuderlo che siano le più nuove, che noia.

mercoledì 13 novembre 2013

«La terza e la sola funesta e miserabile, e tuttavia la sola vera, di quelli per cui tutte le cose non hanno nè spirito nè corpo, ma son tutte vane e senza speranza, e voglio dire dei filosofi e degli uomini per lo più di sentimento che dopo l'esperienza e la lugubre cognizione delle cose, dalla prima maniera passano di salto a quest'ultima senza toccare la seconda, e trovano e sentono da per tutto il nulla e il vuoto, e la vanità delle cure umane e dei desideri e delle speranze e di tutte le illusioni inerenti alla vita per modo che senza esse non è vita. E qui voglio notare come la ragione umana di cui facciamo tanta pompa sopra gli altri animali, e nel di cui perfezionamento facciamo consistere quello dell'uomo, sia miserabile e incapace di farci non dico felici ma meno infelici, anzi, di condurci alla stessa saviezza, che par tutta consistere nell'uso intero della ragione. Perché chi si fissasse nella considerazione e nel sentimento continuo del nulla verissimo e certissimo delle cose, in maniera che la successione e la varietà degli oggetti e dei casi non avesse forza di distorlo da questo pensiero, sarebbe pazzo assolutamente».

domenica 10 novembre 2013

Se ne sono accorti anche i credenti (non sono stupidi) che questo papa è tutto un épater le bourgeois. Per noi che non ci crediamo è solo fuffa, perlopiù captatio benevolentiae (Wojtyla docet), per quelli che ci credono davvero, cioè per le perpetue, Francesco rischia addirittura l'apostasia o perlomeno la connivenza con il nemico mortale, cioè la modernità. E' divertente vederle starnazzare, abbandonate in mezzo al guado dall'impavido Benedetto XVI, quel gran campione di ortodossia. Mi ricordo quando al mio paesino arrivò il nuovo prete, un prete giovane di idee progressiste (e cioè si spostava in Vespa), apriti cielo! Le vecchie carampane presidianti i leggii dell'altare maggiore si misero in subbuglio, fioccarono le lettere di protesta e alla fine il prete progressista venne allontanato. Salvo poi lamentarsi del suo successore, un sbiadito pretino in quota moderata senza arte ne parte. Per cui, a cosa vorrebbero appellarsi questi cosiddetti tradizionalisti? Forse un credente, per credere di più, deve specchiarsi in un papa più canonico? Non basta credere in Dio e riposare nella certezza della propria fede per essere in pace con gli altri e con se stessi? Io non capisco e probabilmente non capirò mai.

Entanglement

Mentre a Letta regalano la maglia di Montolivo, Montolivo si fa espellere per somma di ammonizioni, si ipotizza che siano legati da una misteriosa legge della fisica. Ripetere l'esperimento regalandogli la moglie di Montolivo.
Il terrore, il veleno che diffonde la certezza della morte penetrando nelle carni, le nevrosi, le depressioni, le malattie che suscita nell'uomo moderno: tutto è nulla, e «la vita è il tentativo (fallito) di non esserlo». Se siamo vivi lo siamo per un caso o per una necessità contingente e senza scopo. Quindi non un nulla nel senso che siamo sempre un niente (siamo pur sempre un qualcosa finché siamo vivi), ma un nulla in quanto esposti in ogni istante alla possibilità del nulla (dunque un qualcosa di fatto ma un niente in sostanza). Da qui certi rimedi che hanno il sapore di una presa per il culo: vivi ogni istante come se fosse l'ultimo! (capirai l'entusiasmo!). Il più coerente fra noi dovrebbe vivere ogni istante immerso nel terrore, il memento mori è troppo poco, implicitamente include la consolazione di essere ancora in vita. Poi però contrai una responsabilità nei confronti di qualcuno, ti dai un senso, ti impegni a prendertene cura e in cuor tuo ti dici: «ora non ho tempo per pensarci».

sabato 9 novembre 2013

Ok ok, vedrò di calarmi nella realtà: i figli di Berlusconi chiedono la grazia. Nella mia attuale condizione di massima lontananza dalle cose del mondo pensavo che avessero chiesto la grazia per loro in quanto perseguitati politici («come gli ebrei sotto Hitler»), e invece no, l'avrebbero chiesta per il loro papà. Quale struggente esempio di amor figliale. Berlusconi non mangia più, non dorme più, non ciùla più, c'erano gli estremi per un gesto di umanità (siamo al tramonto, le figure si stagliano confuse nell'incerta luce del crepuscolo, la nottola di Minerva è da mo' che s'è alzata).

venerdì 8 novembre 2013

Esiste una realtà tangibile esterna al pensiero? La risposta del senso comune è «certamente sì», perché considera il pensiero come una proprietà del singolo individuo, per cui se un individuo muore, dorme o temporaneamente si assenta dal sensorium, il mondo continuerà comunque ad esistere. Ma la questione filosofica intende invece il pensiero in quanto concetto in sé e per sé, e qui può tornarci utile quel kōan zen che recita più o meno così: se in una foresta cade un albero e non c'è nessuno che può sentirlo cadere, cadendo a terra fa ugualmente rumore? La risposta è sorprendentemente «no», perché il rumore non è una qualità propria dell'albero ma una sensazione percepibile solo dall'orecchio. Così come una mela non è rossa finché nessuno la guarda (e non mi si dica che sono giochetti di prestigio perché la fisica quantistica ci fonda sopra le sue leggi).

domenica 3 novembre 2013

Das Gehirn denkt, wie der Magen verdaut


Pensavo: visto che di fatto conduco vita monastica e che mi terrorizza la vita in tutte le sue proteiformi manifestazioni (compresa la paura di non riuscire a guadagnarmi da vivere), pensavo (mi era balenata l'idea), di farmi frate (frate francescano), del Santissimo Ordine dei Serotonini (S.O.S.). Lo so, dovrei decidermi a credere, ma in fin dei conti è un dettaglio secondario, seguirei il metodo Pascal per la formazione confessionale a distanza: 

Imitate il modo con cui hanno cominciato: facendo tutto come se fossero credenti, prendendo l'acqua benedetta, facendo dire le messe, e così via. Anche nel vostro caso, questo vi farà credere e vi renderà docili come pecore.

«Lo sai che devi portare i sandali anche d'inverno?». Benissimo, così mi guarisce l'unghia. E poi ho fatto delle ricerche, sotto al sandalo hanno il permesso di portare i calzini (certo mi spaventa quel saio di lana anche d'estate, pensate che ne sia previsto anche uno in lino?). Una vita con un suo preciso significato, la serenità dell'animo. In alternativa, le filosofie orientali:

Allora, in luogo dell'incessante, agitato impulso; in luogo del perenne passar dal desiderio al timore e dalla gioia al dolore; in luogo della speranza mai appagata e mai spenta, onde è formato il sogno di vita d'ogni uomo ancor volente: ci appare quella pace che sta più in alto di tutta la ragione, quell'assoluta quiete dell'animo pari alla calma del mare, ecc. ecc.

Sì, giàcché è filosofia mi appare preferibile.

Purtroppo abbiamo questo problema irrisolvibile dell'ineluttabilità della “cosa pubblica”, qualcuno deve pur occuparsene (seppur a malincuore), e inevitabilmente, quando ci si assume l'onere di una carica pubblica, finisce che ci può andare di mezzo anche la vita privata. Gli infortuni del bon ton: fai un piacere a un'amica, per un'amica che aiuti ne lasci indietro altri mille che non conosci e la frittata è fatta. Le persone ricche hanno più possibilità. Ma direi invece che la ricchezza è un fattore accidentale, direi più che le persone “immanicate” hanno più possibilità (se poi sei ricco avrai più possibilità di frequentare gente che conta, ecc.). Possiamo concedere che interessarsi alla salute psicofisica di un detenuto sia un atto di umanità, ma interessarsi alla salute psicofisica di tutti i detenuti sarebbe un atto di civiltà che eviterebbe all'umanità di calarsi dall'alto a discrezionalità del concedente. Non c'è un metro di giudizio: perché Ligresti sì e Cucchi no? “Perché i casi sono troppi”. Ad avere solo più tempo nessuno avrebbe potuto mettere in dubbio il buon cuore del Ministro Cancellieri, si sarebbe personalmente interessata a tutti i casi, regalando a tutti un barlume di speranza. Ragazzi miei, se questi sono i liberali veri, le persone che provengono dalla società civile, allora significa che c'è nella società civile qualcosa che non funziona ed è esattamente quello che penso: che la nostra società civile non è migliore della politica, anzi, costituisce quel grigio e indecoroso sottosuolo in cui la stessa politica si rispecchia.

Selbstanalyse


Guarire dal pensiero della mortalità, tutto sta nel dimenticarsene (nel sapersene dimenticare). E' principalmente questione di volontà, con il benevolo apporto di una favorevole disposizione caratteriale. Ad avercela. La disposizione caratteriale, vuoi che sia conseguenza della struttura cerebrale, vuoi che sia l'eco di animelle iperuraniche, è quella dimensione che ti guida e ti conduce per tutto l'arco della tua esistenza, è quella catena, per usare una metafora stoica, che ti lascia un poco di libertà ma che difficilmente ti lascerà andare più lontano. Ho fatto autoanalisi, questo è il risultante: che dovrò mettermi l'anima in pace, continuerò a rimestare il pensiero della morte perché "sono nato terrorizzato" (me lo diceva mia madre). Per cui conoscersi non è guarire, è più lenire, per quanto possibile.

"Fortunato colui al quale resti ancora da carezzare qualche desiderio, qualche ispirazione: potrà continuare a lungo il gioco del perpetuo passaggio dal desiderio all'appagamento, e dall'appagamento al nuovo desiderio, gioco che lo renderà felice se il passaggio è rapido, infelice se è lento; ma se non altro non cadrà in quel ristagno che è sorgente di noia terribile e paralizzante di desideri vaghi, senza oggetto preciso, di languore mortale."

sabato 2 novembre 2013

Ésti gàr eînai, medèn d'ouk éstin


Dio che liberazione sfogare la depressione! Mi sento meglio, mi cala anche la pressione. In fin dei conti, se gratto appena un poco la superficie, vedo che non me ne importa nulla di vivere in un mondo più giusto, e magari di darmi anche da fare per renderlo tale se poi devo ugualmente crepare. Per tanto che migliori, per tanto che sia giusto, quell'ingiustizia suprema si porterà via tutte le altre. Vivere all'ombra del grande salice, prendersi un thé, far finta di essere allegri. Non esiste paradiso, inferno o purgatorio, si muore e basta, potrei dunque prendermi una pausa, congedarmi dagli imperativi morali, accanirmi sui gattini (non fateci caso, sono solo crisi di panico, eccessi di timore giustificato).

Ricordati di spogliare gli avvenimenti dal tumulto che li accompagna e di considerarli nella loro essenza: capirai che in essi non c'è niente di terribile se non la nostra paura. (Seneca)

Ok ok, spoglio gli avvenimenti dal tumulto... aspetta un attimo... sì... ecco fatto: ci sono. Ora la morte mi appare per quella che è. Mi pare terribile lo stesso. Potessi almeno avere un segno, che so, un miracolo, un passaggio del Mar Rosso, una resurrezione, mio padre offrirmi una ricarica... beati i credenti che se la raccontano. Da una parte viene addirittura fatto un dovere di ritenersi eletti e di respingere ogni dubbio come un assalto del demonio, poiché la scarsa sicurezza in se stessi è conseguenza di fede insufficiente (Die protestantische Ethik und der Geist des Kapitalismus). Max Weber era caduto in depressione perché si vedeva il naso troppo grosso.


Menschliches, Allzumenschliches

Thaumazein


«La vita è questo, una scheggia di luce che finisce nella notte.»

Non c'è nulla da fare, comunque la rigiri, la vita, inclusa la morte, mi pare un'assurdità colossale, degna di non essere nemmeno vissuta. Sarà che in questo periodo ho a che fare con la morte e con la malattia, e vedermela davanti agli occhi, nella sua cruda datità ("datità" piacerà agli haideggeriani), fa riemerge quel sottosuolo di depressione che in fin dei conti mi costituisce dalle fondamenta ancor più della materia. Io sono depressione, io sono terrore (io non sono leggenda). Mi piacerebbe tanto sapere come cristo fate voi a vivere pensando di dover morire, come fate a non rimanere sbigottiti di fronte a questo baratro. A me vengono le vertigini. Facile, mi direte, mica siamo depressi! Ma nemmeno io... voglio dire, sono stato anche peggio di così. Poi vado dall'analista e gli dico: sono affetto da depressione ontologica, da sbigottimento di fronte al senso greco del divenire, vorrei proprio vedere come mi cura. Di fronte alla possibilità della fine perde valore ogni cosa: gli affetti, le amicizie, i passatempi, il vivere dimenticandosi di vivere. Guardo le persone e ci vedo maschere vuote, ne più e ne meno di cartonati con giusto un po' di tridimensionalità in più. Ma a che cazzo serviamo? Esserci o non esserci non fa alcuna differenza. Ho perso anche l'appetito, beati voi che ce la fate.

Il filibustiero


Fragni: lui non se lo meritava, ha lavorato tutta la vita come una bestia, non ha mai fatto il milionario, non ha mai fatto vacanza, non ha mai fatto niente…

Cancellieri: lo so, lo so.

Fragni: niente, ecco almeno fosse stato un filibustiero, nel bene e nel male ha dato da mangiare a 20-30 mila famiglie non so io, non lo so.

E' un po' come in Law & Order alle udienze preliminari: "Vostro Onore, il mio cliente è uno stimato membro della comunità...". Questo argomento del "nel bene e nel male ha dato da mangiare a 20-30 mila famiglie" me lo sentii rifilare per la prima volta tanti hanno fa, da uno zio che teneva la foto del duce in garage, venne a casa nostra (casa di comunisti) a difendere le ragioni di Giulio Andreotti proprio con questo argomento: lui, almeno, ha dato da mangiare a tanta gente, Berlinguer, invece, che fa? Se ne va in barca! 

Max Weber nel celebre L'etica protestante e lo spirito del capitalismo: Il calvinista sa che Dio lo ha già predestinato alla salvezza o alla dannazione, e nel successo economico, che poi è quello che garantisce la stima della comunità, vuole scorgere i segni della sua predestinazione alla gloria. Non è molto dissimile per i cattolici: se hai dato da mangiare a tanta gente, nel bene come nel male, non meriti la punizione degli uomini, magari nemmeno quella di Dio, magari Dio ti perdona (perdona un po' tutti, belli e brutti). Viceversa, se ti presenti come uno scapestrato qualunque, già la bruttura della tua miseria ti nega i segni della predestinazione divina ma eventualmente non quelli del pestaggio (Dio perdona, noi no). Clientelismo o barbarie.

venerdì 1 novembre 2013

In buona sostanza, il ministro Anna Maria Cancellieri si sarebbe interessata, come atto dovuto, alla salute psicofisica di Giulia Ligresti, incarcerata in seguito a un non meglio precisato coinvolgimento in non so bene che affare - una vicenda kafkiana -, tramite l'amicizia con la compagna del padre Salvatore. Giulia Ligresti rifiutava il cibo, gli stessi operatori del carcere si erano preoccupati, Anna Maria interviene, ma così, con una semplice telefonata di cortesia, e da lì si solleva un polverone. Il problema che ci poniamo è il seguente: può un fatto come l'amicizia accidentale fra un ministro degli interni e la compagna del padre di un'indagata costituire scandalo, può sollevare dubbi sull'opportunità e generare conflitto di interessi una semplice telefonata di cortesia? Immanuel Kant ci suggeriva, per capire se un'azione fosse morale o meno, di mettere alla prova l'imperativo categorico applicandolo a un fatto concreto: immaginate per un attimo di esservi trovati voi al posto della Sig.na Ligresti, cosa sarebbe cambiato? Che tolto l'accidens dell'amicizia ai cosiddetti "piani alti" in buona sostanza non vi sareste nemmeno posti il problema, per cui essere "cittadini comuni", come lo siamo tutti del resto, tolti gli accidens, ci rende automaticamente più virtuosi. E quindi, che motivo abbiamo di sollevare lo scandalo e di indignarci, e magari invidiare delle persone che a motivo di un fatto puramente accidentale vengono messe nella condizione di poter recar danno morale a sé e agli altri? Mi seguite? Noi comuni cittadini siamo al riparo da qualsiasi possibilità di conflitto, morale come di interessi, possiamo esserne felici e dormire il sonno dei giusti.

Cancellieri: no, so di essere in un Paese (incomprensibile).

Per l'On. Silvio Berlusconi invece nessuna pietà. Il Cavaliere per la telefonata ai poliziotti di Milano per liberare Ruby si è beccato in primo grado una condanna a 7 anni (sei per la telefonata e uno per la prostituzione minorile), ma a Torino hanno invece ritenuto l’intervento dell’ex ministro dell’Interno irrilevante dal punto di vista penale*. L'accidens qui sarebbe la minore età della "favoreggiata", ma, come ci insegna bene Friedrich Hegel, il grande filosofo tedesco, gli aspetti accidentali della realtà non possiedono in sommo grado l'attributo della reale esistenza.

Ma già anche per l'ordinario modo di pensare un'esistenza accidentale non meriterà l'enfatico nome di reale: l'accidentale che non ha altro maggior valore di un possibile, che può non essere allo stesso modo che è... (Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche).

Sono sicuro che anche Santanchè pensava ad Hegel. (Dio, quant'è difficile istruire la plebe e vivere in un mondo in cui anche le leggi della polis sono sorde agli insegnamenti della grande filosofia!).

giovedì 31 ottobre 2013

Al contrario, ci vuole più avalutatività nel considerare le questioni politiche, per non cadere nel solito teatrino, per non lasciarsi trasportare da quel caratteristico eccesso di pathos così intrinseco ai popoli meridionali (da quando sono più avalutativo ho smesso di mangiarmi le unghie). C'è ancora qualche nostalgico del marxismo che si domanda: perché gli italiani non fanno la rivoluzione? Buon Dio, e per cosa? Il declino dell'Italia è irreversibile, come lo è in generale quello dell'occidente. Ma guardiamoci, siamo una squadra che ha vinto tutto, è il turno degli altri di credere di poter essere felici, di credere di essere "occidente" (e lasciamoglielo credere!). Ma anche un'etica del katà métron, di un ritorno dell'occidente a un piacere più misurato, di una serena accettazione dei propri limiti, se mai sarà possibile lo sarà non già per via di volontà, ma per via di necessità (nel qual caso, si farà di necessità virtù). Per abbandonarsi a un piacere smisurato, oltre alla disponibilità dei mezzi, occorrerebbe avere anche la disponibilità dei fini: ne disponiamo? 
Ho fatto un sogno angosciante: vivevo in una città  del nord, pioveva, mia madre si era ammalata, io ero solo ed ero costretto a fare un un lavoro che non mi piaceva per guadagnarmi da vivere. Meno male che alla fine mi sono svegliato. 

lunedì 28 ottobre 2013

Ricondurre qualche cosa di ignoto a a qualche cosa di conosciuto alleggerisce, acquieta, appaga, infonde inoltre un senso di potenza. Con l'ignoto è dato il pericolo, l'inquietudine, la preoccupazione - l'istinto primo mira a sopprimere questi penosi stati d'animo. Primo principio: una spiegazione qualsiasi è meglio di nessuna spiegazione. Poiché si tratta in realtà di liberarsi di rappresentazioni opprimenti, non si va molto per il sottile con i mezzi impiegati per liberarsene: la prima rappresentazione con cui l'ignoto si chiarifica come noto è di tale giovamento che la "prendiamo per vera". Prova del piacere ("della forza") come criterio della verità.  [...] Il fatto che qualcosa di già noto, vissuto, inscritto nel ricordo, venga stabilito come causa, è la conseguenza prima di questo bisogno. Il nuovo, il non vissuto, l'estraneo viene escluso come causa. - Non soltanto viene dunque cercata come causa una determinata specie di spiegazioni, ma anche una specie eletta e privilegiata di spiegazioni, quelle, cioè, con cui è stato eliminato nella maniera più rapida, nel maggior numero dei casi, il sentimento dell'estraneo, del nuovo, del non vissuto - le spiegazioni più abituali.

(Friedrich Nietzsche, Crepuscolo degli idoli)

Commentava Sini: a motivo della nostra avversione per tutto ciò che ci inquieta, quando ci troviamo di fronte all'ignoto cerchiamo di trovare una spiegazione che lo riferisca a un segno già noto. Qui si apre un baratro, un enigma per eleatici, roba per seguaci della reductio ad absurdum: come potrà mai l'ignoto essere giustificato da qualcosa che ci è già noto, non è forse questa una contraddizione, un'impossibilità tecnica? Il pragmatismo ha giustamente risolto con un laconico "basta che funzioni", ma resta difficile comprendere come si possa pretendere di snidare l'ignoto dalla sua tana di totale alterità rispetto a ciò che ci è noto senza farci venire un gran mal di testa. In sostanza, per spiegare l'ignoto occorre alterarlo, ricondurlo a forza entro un paradigma già noto che con l'ignoto fino a pochi istanti prima non aveva nulla da spartire. L'ignoto ci sfugge, nel momento stesso in cui si svela si riveste di una veste non sua: sull'impossibilità di conoscere realmente le cose per come stanno (Kant aveva ragione?).

domenica 27 ottobre 2013

Sto progressivamente perdendo la fiducia nella capacità della politica di incidere sul destino civile di un paese. Non ritengo, allo stato attuale delle cose, che sia lo scontro fra questa o quella fazione che possa cambiare le sorti di una nazione. Prendete la Germania: che siano la CDU, l'SPD, l'FDP o i Grünen a governare, rimarrà sempre un paese serio. Prendete l'Italia: che siano il PD, Forza Italia, Il Grande Centro o chicchessia a comandare, rimarremmo sempre il solito paese del menga. Perché il destino di un paese, a mio parere, è iscritto principalmente nel suo carattere nazionale. Del resto questa non è una legge immutabile, di fronte al levarsi di un'Alba Dorata l'indifferenza fra questa o quella proposta politica verrebbe meno, ma l'argomento regge in caso di normale amministrazione. Questa mia indolenza sarà forse un riflesso del governo delle grandi intese? E' questo generale clima di confusione fra mozioni di destra e di sinistra a rendermi più scettico di prima? Bah. Sta di fatto che implicitamente ho sempre dato precedenza al carattere nazionale rispetto alle sue individuazioni politiche particolari, diciamo che il carattere nazionale è quell'albero da cui si diramano le singole proposte politiche, e nulla mi vieta di pensare che il pesce puzza dalla testa, o che l'albero stia ben piantato solo se ha buone radici. Il giorno che noterò un certo cambiamento nel carattere nazionale, vuoi perché suscitato ermeneuticamente o serendipicamente da un partito politico, vuoi per via di un miracolo, automaticamente riacquisterò fiducia nella politica, ma non c'è da sperarci.
La preghiera del mattino dell'uomo moderno è la lettura del giornale. Ci permette di situarci quotidianamente nel nostro mondo storico.

(Friedrich Hegel)

L'ho fatto, lo faccio quotidianamente, se non è il mattino è la sera, compatibilmente con gli impegni lavorativi. Il punto è che in questo periodo dovrei situarmi quotidianamente assieme ai vari Renzi, Leopolde, Alfani e Beppe Grilli, lo Spirito Assoluto deve avere il senso dell'umorismo.

Le leggi devono tener conto anche dei difetti e delle manchevolezze di un paese… Un sarto che deve tagliare un abito per un gobbo, deve fare la gobba anche all'abito.

(Giovanni Giolitti)

Attraverso un susseguirsi ininterrotto di superamenti dialettici, il pensiero di Giovanni Giolitti deve essere rimasto conservato nella memoria politica di questo paese, sedimentato in qualche parte del suo subconscio. Non è nemmeno così difficile riportarlo in superficie, sta proprio lì, a portata di mano, per un paese che guarda con nostalgia ai suoi happy days abbiamo tagliato su misura un giubbotto alla Fonzie.

In Renzi s'è incarnato lo Spirito dei Tempi, è quel famoso "eroe cosmico" che s'è lasciato penetrare dall'attuale necessità storica, cioè della sinistra che si appropria del linguaggio della destra in un clima di generale mercificazione di ogni cosa. E se ci fate caso, in questi giorni noterete una sottile aurea, una nebbiolina impercettibile trasferirsi come una sorta di jet stream da un capo all'altro, da una pelata incatramata a una cuffia più folta di capelli brizzolati, quello è il segnale che il vento sta cambiando. Vincere dunque l'avversario assumendo le sue sembianze, il momento della sintesi che segue il lungo inverno dell'antitesi. Intesi, i tempi sono questi, questo è quello che passa il convento, non guardate me.

Renzi e l'esempio della Coca-Cola: Sapete la Hoha Hola hos'ha fatto? Ha messo il nome sulle bottiglie. Voi verrete a dire: ma Renzi hosa dice, non ha niente di meglio da dirci? No, guardate che c'è qualhosa di molto di più dietro a questa hosa, qualhosa di molto più grande di una hampagna di marheting, è l'idea che in una società anonima come la nostra tu hai il bisogno di farti hiamare per nome, hai bisogno di hualhuno he si prende hura di te, sarà huesta la svolta epohale del piddì.

Ragazzi, la filosofia a cosa serve? Kant, Hegel, Nietzsche, Schopenhauer, ma chi sono questi, chi si credono di essere? Cioè, noi da oggi andremo a mettere su ogni sistema filosofico il tuo nome, da oggi ci sarà la filosofia di Marco, Antonio, Michele, Ilaria, Anna Maria, perché la filosofia non deve rimanere chiusa nelle università, ma scendere pe' strada e prendersi cura delle persone, oh biscari!

sabato 26 ottobre 2013

Occorre anche una certa perizia nel distinguere credente da credente e la difficoltà sta nel fatto che è lo stesso credente che spesso non ha ben chiare le ragioni del suo credere oppure non sa se sta credendo veramente. C'è il cristiano che si dice tale per via di un condizionamento culturale eterodiretto, cioè inculcato nel subconscio dall'esterno, ad esempio dall'ambiente familiare. Egli deve fare uno sforzo per non avvertire un senso di peccato mentre si scopa la moglie del capoufficio. Qui si vorrebbe dedurre la presenza di Dio dal senso del peccato, che coincide di fatto con il senso di colpa. Qui è come si dicesse: sento in me il peccato e questo è il sintomo di una coscienza, e se ho una coscienza questa sarà il sintomo della presenza di Dio, e se Dio è presente in me attraverso la coscienza allora io mi sento in dovere di credere. Ma il senso di colpa può essere benissimo presente anche in un ateo, anzi, spesso sono gli atei che consapevolmente aderiscono a una legge morale positiva, facente funzione di imperativo categorico. Anche gli atei possono avere una coscienza, fermo restando che è impossibile provare che essa sia una prova della presenza di Dio o sia necessariamente il frutto di un indottrinamento culturale eterodiretto, fermo restando che l'ateo potrebbe sviluppare un senso di colpa nei confronti del cornuto e non di Dio. In conclusione, è anche possibile credere di credere.

Poniamo il caso che un giorno Dio si manifesti nella sua evidenza, si squarcia il velo del cielo e una voce potente riecheggia per tutto il creato: fermi tutti, sono DIO! Presi alla sprovvista i non credenti potrebbero credere di essersi sbagliati e i credenti di essere sempre stati nel giusto. Passano i giorni, a tutto ci si abitua, anche al Giudizio Universale, e in qualcuno comincia a insorgere un terribile dubbio: siamo sicuri che costui è il vero Dio? Vista la portata dell'evento tutto è possibile. E' il dubbio del Dio ingannatore, se lo era posto anche Cartesio, risolvendo la questione confidando nella bontà di Dio, ma chi ritiene che Dio sia buono? Gli uomini. Quindi fiducia mal riposta, perché niente potrebbe smascherare l'inganno di un dio quando questi vuole intenzionalmente ingannarci. Come farei dunque a distinguere il Dio vero da quello falso? Mettendomi nella disposizione d'animo di credere, volendo credere che sia quello vero. Insomma, nemmeno al cospetto di un dio sarebbe possibile avere la prova dell'esistenza di Dio, del Dio che ci salva, del Dio misericordioso che ha scelto come suoi rappresentati temporali gli adepti di una certa confessione piuttosto che un'altra, il dubbio di essere solo dei babbei rimane, è qualcosa di irriducibile.

Il discorso del credo religioso è un discorso sulla disponibilità ad ingannarsi. Più un uomo sarà disponibile ad ingannarsi più sarà disposto a credere, meno sarà disposto e più la persistenza del dubbio lo allontanerà dalla volontà di credere.

Ich mußte also das Wissen aufheben, um zum Glauben Platz zu bekommen.

Siamo davvero sicuri che per opporci con i giusti argomenti all'antiquato oscurantismo religioso dobbiamo per forza di cose ridurci a un mucchietto di carne incidentalmente fresca finché ci è concesso dal caso o almeno finché regge la pompa (e per giunta andandone anche fieri)? Questo mi domandavo. Negare il fondamento temporale delle religioni è un gioco da ragazzi, più difficile pretendere di confutare una fede. Guardavo oggi un video della compianta Margherita Hack ospite di Bruno Vespa e la critica che con il solito piglio tentava di muovere ai credenti: la fede è un'illusione indotta dal cervello. Bene, ma chi ci può garantire che non sia un'illusione indotta dal cervello anche la fiducia nei progressi della tecnica o nel materialismo scientifico in generale? Che non ci siano gli angeli con le trombe ad attenderci dopo la morte e che Dio non vesta di una tunichetta bianca potrebbe risultare facile da comprendere anche al meno adulto fra i cattolici, il problema vero sorge quando si tenta di affidare le proprie certezze alla scienza caricandola di una equivalente aspettativa di verità. Guardo con sospetto all'UAAR, mi pare un tentativo di opporre a un ottuso dogmatismo un'altrettanto inflessibile rigidità di pensiero facendosi scudo della razionalità, la quale è per alcuni razionalisti come lo spirito santo per i credenti. La fede è essenzialmente volontà. Se uno, ad esempio, vuole farsi un tatuaggio, inutile metterlo in guardia sulla tossicità degli inchiostri o sulla possibilità di beccarsi l'epatite (la becchi anche dal dentista), la volontà vuole e la fede è volontà di credere. Una volontà non si può estinguere per delibera del tribunale della ragione, una volontà si estingue solo quando vengono meno i suoi presupposti. E se il presupposto della fede è la volontà che vi sia un Dio che ci accolga fra le sue braccia dopo la morte, un Dio che ci garantisca un senso sia qui, su questa terra, che nell'aldilà, capirete anche voi che la fiamma della fede non si potrà mai estinguere almeno finché siamo mortali. Il mio consiglio è allora di affrontare il problema continuando ad instillare quanti più dubbi possibili fra i credenti piuttosto che colpire il nemico frontalmente con l'arma della razionalità, la quale, per il credente, non potrà che sortire l'effetto di un piccola punturina d'insetto avvolto com'è nella sua nuvoletta di repellente spirituale, non trovate? L'agnosticismo è una maieutica che va condotta con finezza.

venerdì 25 ottobre 2013

E' indubbio che la cultura contemporanea (Marx compreso) tende a ricondurre la filosofia al filosofo, cioè a mostrare che il modo in cui il filosofo vive condiziona ciò che egli pensa. In questa prospettiva si è portati a ritenere che se un filosofo vive come complice del capitale, anche la sua filosofia è complice del capitale. Una ventina d'anni fa J. O. Wisdom ha scritto un libro per mostrare che il disgusto ossessivo per le feci da parte del piccolo Berkeley (il futuro grande filosofo e vescovo anglicano) sarebbe stato la condizione fondamentale della sua ostilità verso la materia, culminata poi nel suo immaterialismo filosofico. Ma come l'immaterialismo non è liquidato dall'osservazione psicoanalitica che le difficoltà della fase anale del piccolo Berkeley hanno favorito l'insorgere di un atteggiamento critico nei confronti del concetto di materia, così una filosofia non resta liquidata dal semplice rilievo sociologico (ripetuta fino alla monotonia dalla "mezza cultura" marxista) che essa è la filosofia di un borghese o di un piccolo borghese.

 (E. Severino, Téchne)

Questa della coprofobia di Berkeley come elemento fondante dell'immaterialismo è veramente eccezionale. Rivoltando la tesi e la diagnosi, forse potremmo affermare che un coprofilo è intimamente materialista? Io non sono del ramo, ma se esistesse una proprietà commutativa degli stati psicologici le implicazioni potrebbero essere davvero sconvolgenti.

giovedì 24 ottobre 2013

Alla NSA vorrei dire: se spiavate Letta potevate risparmiarvi i soldi dei contribuenti, ma se spiavate anche Berlusconi, be', allora vi prego, inviateci un memorandum che ci facciamo quattro risate. Ma pensa poi lo smacco se non ci avessero intercettati, trattati come gentucola di poco conto, che viene utile giusto per farsi prestare le basi. Sicuramente ci avranno intercettati come gesto di cortesia: grazie, grazie mille, sapevate che ci saremmo rimasti male. Voglio una puntata speciale di NCIS dove Gibbs intercetta Lavitola e De Gregorio e si domanda: who the fuck are them? Quelli sono alle prese con i terroristi e devono sorbirsi pure il polpettone indigesto dei nostri affarucci interni. A De Gregorio avevano promesso nell'ordine: un abbonamento a mediaset premium, una bottiglia di Limoncello, due milioni di euro in nero in banconote da dieci e una scheggia dell'unghia dell'alluce sinistro di Diego Armando Maradona raccolta direttamente nel suo piatto doccia: Dio che vergogna!

mercoledì 23 ottobre 2013

Il vescovo Franz-Peter Tebartz-van Elst è il classico capro espiatorio. Gli si contestano spese folli per la ristrutturazione della diocesi, e adesso che gli impresari del grande circo hanno deciso di raccontare la fiaba della chiesa povera a farne le spese è lui. E' una bella diocesi quella di Franz-Peter Tebartz-van Elst, se vogliamo anche sobria, una lezione di stile, prenderei i voti per abitarci. Mi riporta al Puledro impennato in quel di Brea, sul Verdecammino, e ad una certa pizzeria italiana gestita da tedeschi in quel di Halle, Westfalia, praticamente un sogno (la Westfalia è il mio luogo dell'anima). Forse quando si decise di costruire San Pietro si badò a spese? E Santa Maria del Fiore? E San Marco? Ma avete idea di quanto ci sono costate tutte quelle cupoline? Senza un poco di sano narcisismo il cristianesimo sarebbe oggi ridotto a una setta per straccioni e non ci venga a fare la morale questo furbacchione calato dal Maradagál.

martedì 22 ottobre 2013

Veramente un brutto gesto quello di Maradona, testimonial per Equitalia. Con quei 40 milioni o giù di lì, Maradona avrebbe potuto contribuire ad aprire migliaia di scuole calcio a Scampia, e case accoglienza per ragazze madri e corsi per parrucchiere professionali e studi di registrazione per neomelodici napoletani, insomma, Marado', mettiti una mano sul cuore, 40 milioni di euro sarebbero stati un punto di PIL per questo disgraziato paese che t'ha fatto santo ancor prima di papa Wojtyla.
La realtà non è contenuta nello spazio. Lo spazio è una cristallizzazione momentanea di un teatro per la realtà dove i movimenti e le interazioni delle entità macroscopiche materiali ed energetiche hanno luogo. Ma altre realtà - come ad esempio le realtà quantistiche - "hanno luogo" fuori dallo spazio, o - e questo sarebbe un altro modo per dire la stessa cosa - entro lo spazio che non è lo spazio euclideo tridimensionale. 

Il concetto classico di "entità fisica", sia essa particella, onda, campo o sistema, è diventato un concetto problematico con l'avvento della teoria della relatività e la meccanica quantistica. I recenti sviluppi della moderna fisica quantistica, con la realizzazione di delicati e precisi esperimenti che coinvolgono singole entità quantiche, i quali dimostrano espliciti comportamenti non-locali per queste entità, portano con sé novità essenziali riguardo la natura e il concetto di entità.

(Diederik Aerts)

Sarebbe un lavoro immane, degno di Platone o di Aristotele, ridefinire oggi il concetto di "ente materiale", magari facendosi aiutare dalla fisica, perché no? La quale, genealogicamente parlando, sarà pur sempre figlia della filosofia, fino a prova contraria. Quella di Democrito, tanto per citarne uno solo assai caro ad Onfray, non era forse una fisica? Per cui niente di scandaloso. La filosofia nutre da tempo una certa invidia nei confronti della fisica, propria della vegliarda che si è vista scippare onori e gioventù, e brontola, sbuffa, fa l'inacidita, ma bisognerà pur ricucire questo strappo. La fisica va solo capita, incoraggiata, i giovani sono così volubili... tu, alla fisica, concedile pure la preminenza e lascia che ci creda, quindi lavorala ai fianchi.

Mi pare che la persistenza del materialismo, inteso come tendenza a considerare gli oggetti dell'esperienza come "solidi in sé stessi", derivi, oltre che dalla persuasione del senso comune, dal timore di scivolare in una certa mistica delle apparenze funzionale a uno scivolamento ulteriore dentro il pensiero religioso. Questo è un pregiudizio, una paura infondata. Sono le equazioni della matematica che descrivono oggi la materia come spuma indistinta di energie raggomitolate su se stesse. Le particelle quantistiche vivono nel loro stato di sovrapposizione di tutti i loro stati possibili finché arriva qualcuno a misurarle e tutto quel caos indistinto - l'àpeiron, niente di meno -, si cristallizza in un ordine distinto.

Può davvero la materia, quando non è osservata, fare un po' come gli va, e poi, appena si accorge di essere osservata, bloccarsi, come a "un, due, tre, stella!"? La realtà materiale dei quanti, ammesso che questa definizione abbia un senso, pare si formi sotto gli occhi dell'osservatore nell'istante stesso in cui si accinge ad osservarla, l'osservatore è il Re Mida. Ma qui osservare non significa solo "guardare", significa misurare, essere in rapporto con un altro oggetto. Si capisce quindi come in una realtà macroscopica in cui tutti gli oggetti sono costantemente in rapporto fra loro, tutti gli enti ci appaiano distinti.

Memore del mio dito alluce finito improvvidamente contro il termosifone, posso allora dire con certezza che la materia esiste in quanto percezione certa e incontrovertibile di forze agenti sugli alluci, come certa e incontrovertibile è la percezione della mia unghia che se ne sta cadendo, quando la penso o quando giunge a me la percezione di una fitta. Ma fa una bella differenza comprendere che la materia non è per forza di cose un oggetto inerte che se ne sta buono buono in un angolo in attesa di un alluce da scorticare, ma è ricettacolo di forze vive che colpiscono i sensi, prima ancora degli alluci, forze attive, che si rapportano costantemente con l'osservatore: la percezione della materia è una fenomenologia.

Non riesco però ancora a convincermi che vi sia uno strappo ontologico, scientificamente provato, fra gli oggetti macroscopici e quelli microscopici: le particelle subatomiche non si comportano in modo deterministico, ma prese nel loro insieme, in grandi aggregazioni, sì. Come può l'ordine poggiare sul caos? (Arthur Schopenhauer). Buonanotte.

lunedì 21 ottobre 2013

Allo stato attuale delle cose, la fisica teorica è quanto di più vicino all'ontologia e alla filosofia teoretica senza però procurare eccessivi sensi di colpa in chi se ne lascia affascinare, in fin dei conti, pur essendo queste teorie intricatissime, esse hanno pur sempre l'alibi di una coerente struttura matematica che attende l'eventuale conferma sperimentale. Leggevo poco tempo fa di quella teoria delle brane, nata in seno alla teoria delle stringhe, che ipotizza l'esistenza di un altro universo, spalmato anch'esso su una brana adiacente, distante da noi milionesimi di millimetri, per cui parlavo di possibilità di oceani alieni compenetrati nella nostra stessa realtà, "qui" ed "ora", così vicini e così lontani, nello spazio che in questo universo è solitamente occupato dalla mia stanza. Affascinante. Da ragazzo divoravo libri di fantascienza, gli Urania, i classici degli anni '50 e il ciclo della Fondazione, e più recentemente l'Hyperion di Simmons, in cui si narrava di questa casa in cui ogni porta, praticamente un teletrasporto, conduceva ad una stanza collocata su un pianeta diverso, una casa spalmata su più sistemi planetari, ne rimasi molto colpito. E sono rimasto ancora più colpito da quest'ultima teoria della fisica che vuole spiegarsi, fra le altre cose, l'insolita debolezza della forza gravitazionale rispetto a forze di gran lunga più intense, quali, ad esempio, l'elettromagnetismo. Vi sono attualmente degli uomini di scienza, fra qui Edward Witten, L'Einstein del nostro tempo nonché fautore della M-teoria, i quali ipotizzano che le onde gravitazionali che si formano in un universo parallelo possano oltrepassare il tessuto delle brane e giungere fino al nostro più attenuate ma influendo lo stesso sulle sue leggi fisiche, per cui nulla vieta di pensare che un giorno potremo comunicare con i nostri vicini di pianerottolo, i dirimpettai della brana accanto, attraverso una specie di segnale radio fatto di gravitoni. Insomma, noi siamo qui che ci danniamo l'anima da millenni per spiegarci il funzionamento della natura all'interno del nostro cosmo e loro ci vengono a dire che gli effetti che osserviamo in questa nostra dimensione, che abbiamo perlopiù sempre pensato come unica, forse possono avere come cause primarie alcuni fenomeni autonomamente generatisi in altri universi, completamente arbitrari e per giunta a loro stessa insaputa. Che fregatura. Paradossalmente, proprio ora che avremmo a disposizione una tale salva di spunti e idee di partenza, la fantascienza pare si sia arresa alla fantasy, che intimamente ho sempre ritenuto un genere a lei inferiore. Aridatece gli Asimov, i Van Vogt, gli Arthur C. Clarke e i Philip Dick, e ancora gli Herbert, i Douglas Adams e i Brian Aldiss (il quale mi risulta ancora vivo), mi mancano tantissimo: Hugo non deve morire*.


domenica 20 ottobre 2013

Credo in un solo Dio, la Natura, Madre onnipotente, generatrice del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.
Credo in un solo Signore, l'Uomo, plurigenito figlio della Natura, nato dalla Madre alla fine di tutti i secoli: natura da Natura, materia da Materia, natura vera da Natura vera, generato, non creato, della stessa sostanza della Madre.
Credo nello Spirito, che è Signore e dà coscienza della vita, e procede dalla Madre e dal Figlio, e con la Madre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti dell'Intelletto.
Aspetto la dissoluzione della morte, ma non un'altra vita in un mondo che non verrà.

(Piergiorgio Odifreddi, Il mio credo, da Il matematico impenitente)

E' in un certo senso rivelatorio che Odifreddi si dica più convinto dell'esistenza della "Natura Madre onnipotente" che delle camera a gas. Oddio, dai e dai, a forza di istillare dubbi, anch'io potrei cominciare a pensare che Primo Levi fosse un agente del mossad foraggiato dalla lobby sioniste. Ma siccome ho troppo rispetto per Levi personalmente penso che rimarrò della mia opinione. Fermo restando che sui poveri nazisti sono piovute nel corso degli anni forse critiche eccessive, è risaputo che in occasione della pasqua ebraica i kapò distribuivano doppia razione di gallette non lievitate su ordine diretto di Himmler, Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine dell'Aquila Tedesca. Ma passiamo oltre.

Aspetto la dissoluzione della morte, ma non un'altra vita in un mondo che non verrà.

Amen. Il materialista impenitente solitamente ci tiene a rimarcare questa impossibilità della vita oltre la morte, perché il suo nemico è la chiesa che promette l'aldilà e per farle uno sgarbo volentieri si tira la zappa sui piedi. Però vorrei far notare a Odifreddi una cosa: ma se Madre Natura è davvero così onnipotente, vuoi che nella sua infinità magnanimità non abbia un occhio di riguardo per il suo più affezionato profeta dell'Intelletto? Il quale le ha dedicato pure una lirica si deliziosa... Io credo che vi sia una qualche speranza di salvezza.

Per ribadire tutto il mio sdegno nei confronti di Odifreddi oggi mi accingerò a dare fuoco alla mia copia di Il diavolo in cattedra.




***


La mia copia di Il diavolo in cattedra è salva, posso testimoniarlo e lo farò. Leggo saltuariamente Grasso, ma è vero, mi ha ispirato lui, sono il suo pappagallo ma lui non lo sa. Il punto è che l'intendimento era ironico e se a qualcuno venisse in mente di bruciare davvero quel libro non potrà che testimoniare la sua propria idiozia. Tanto per chiarire: il testo cui si fa riferimento è questo, tratto da Ilfattoquotidiano, che pure solitamente non leggo ma ne fornisce una precisa testimonianza. In esso è incluso il passaggio incriminato:

Non entro nello specifico delle camere a gas, perché di esse so appunto soltanto ciò che mi è stato fornito dal ‘ministero della propaganda’ alleato nel dopoguerra, e non avendo mai fatto ricerche, e non essendo uno storico, non posso fare altro che ‘uniformarmi’ all’opinione comune; ma almeno sono cosciente del fatto che di opinione si tratti, e che le cose possano stare molto diversamente da come mi è stato insegnato.

Cosa significa esattamente essere coscienti "del fatto che di opinione si tratti e che le cose possano stare molto diversamente da come mi è stato insegnato"? E' esattamente quel "molto diversamente" che getta un'ombra di ambiguità sull'argomento. "Molto diversamente" significa forse che non solo le camere a gas sarebbero il frutto della propaganda alleata, ma anche i campi di sterminio e la caccia stessa agli ebrei? Sarebbe invece "poco diversamente" se solo quelle stesse camere a gas non fossero esistite? Non è un argomento condotto secondo regole chiare, è questo a stupirci, e il primo sono io, che su quel libro - ribadisco, ancora "vivo e vegeto" - ho approfondito i fondamenti della logica.

***

Ecco la prova. E mi scuso con il signor Odifreddi se l'ho fatto arrabbiare.



La realtà è una gabbia ben congegnata, voglio dire, ci sono oggetti dappertutto, e muri, e librerie di legno impossibili da penetrare, e forse un mare, un oceano alieno, presente proprio qui, dov'è ora la mia stanza, ma collocato su una brana adiacente alla mia. Qualcuno in passato aveva pure intuito che poteva trattarsi di una rappresentazione, uno straordinario palcoscenico vivente, complicato, sì, ma governato da leggi di regolarità, come le leggi della fisica con le loro computazioni matematiche. "L'idea che la natura quale risulta percepibile dai nostri cinque sensi abbia il carattere di un cruciverba ben congegnato è frutto di un atto di fede", Alberto Einstein. Per rendercelo più appetibile ci hanno pure aggiunto i sentimenti e i legami affettivi, e tutta una serie di illusioni e fascinazioni, di fedi, speranze e carità, e sotto di noi - o sopra, o dentro - l'enorme caldera dell'Es, "forze ignote e incontrollabili da cui noi veniamo vissuti", eros e thanatos, pulsioni di vita e terrore di morte, legati talmente stretti l'uno all'altro da essere, in particolari condizioni di spirito, praticamente indistinguibili ("la petite mort", dicono i francesi). E calati dentro questo grande affresco, noi, che siamo divorati dalla curiosità di sapere a cosa andiamo incontro e che siamo destinati a non saperlo fintanto che l'essere è, quando è. C'è da sperare che ci diano almeno una medaglia.
Vi fu un tempo in cui il pacifico Benjamin Constant si oppose con sdegno al seguente argomento kantiano: vista la natura vincolante dell'imperativo categorico che ci impone di non mentire, e si intende di non mentire mai, in nessun caso, se per ipotesi bussasse alla mia porta un amico inseguito da un assassino e io mi impegnassi a nasconderlo in casa per evitargli il danno, qualora quell'assassino mi chiedesse il suo nascondiglio io sarei tenuto ugualmente a mostrarglielo dicendo la verità per non venire meno al vincolo del precetto morale. Caso personale, se io mi trovassi in quella stessa situazione probabilmente mentirei sapendo di mentire, sentendo dentro di me di essere comunque colpevole di fronte al mio dovere ma scagionato di fronte al mio amico, quindi, non temete, potete star tranquilli. Ma non è questo che mi premeva dire. Poniamo il caso che si presenti a casa vostra Pier Ferdinando Casini inseguito da Mario Monti, il quale, perso il suo tradizionale aplomb, si è messo in testa di strozzalo a mani nude, voi, che siete di buon cuore, offrite a Casini un nascondiglio sicuro ma nel frattempo Monti vi raggiunge e bussa alla vostra porta: contravvenire all'imperativo categorico o tenere ben salda la barra del timone?

giovedì 17 ottobre 2013

Ho abbandonato in questo periodo la cura per le cose del mondo, vivo una sorta di esperienza mistica, nel senso di esperienza dei misteri che avvolgono la vita. Da questa torre eburnea in cui ho trovato dimora di tanto in tanto mi giungono però gli echi di questioni più terrene, quali, ad esempio, l'intervista di Scalfari a Bergoglio. Vi ho mai raccontato di quando andavo in chiesa? Ero piccolo, mi ci portava una vicina di casa, la Signora Giovanna. E c'era un bambino che ogni volta sfuggiva alla madre e scorrazzava in lungo e in largo per l'altare urlando in modo inopportuno, come solo i bimbi sanno fare quando non sono edotti sulle questioni liturgiche, mettendo mano alle candele e disturbando i chierichetti, insomma, combinando un sacco di guai. Il prete non diceva niente e io mi vergognavo come un cane per lui, per quel bambino che di certo non si vergognava. Ecco, io sono nella condizione oggi di vergognarmi per Scalfari e Bergoglio, anche se di certo loro non si vergognano. 

Dice Francesco rivolto a Mazzini, cioè a Scalfari: "Si domanderà certo, come tutti, chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo. Se le pone anche un bambino queste domande. E lei?". Io, da bambino, queste domande non me le ponevo e qui potrebbe insorgere una nevrosi se non fosse che a parlare è Bergoglio, vale a dire niente.

Risposta di Scalfari: "Le sono grato di questa domanda. La risposta è questa: io credo nell’Essere, cioè nel tessuto dal quale sorgono le forme, gli Enti." [...] "L’Essere è un tessuto di energia. Energia caotica ma indistruttibile e in eterna caoticità. Da quell’energia emergono le forme quando l’energia arriva al punto di esplodere. Le forme hanno le loro leggi, i loro campi magnetici, i loro elementi chimici, che si combinano casualmente, evolvono, infine si spengono ma la loro energia non si distrugge. L’uomo è probabilmente il solo animale dotato di pensiero, almeno in questo nostro pianeta e sistema solare. Ho detto è animato da istinti e desideri ma aggiungo che contiene anche dentro di sé una risonanza, un’eco, una vocazione di caos."

Sopra una base di Schopenhauer stendete un velo di Nietzsche stemperato in soluzione heideggeriana, guarnite a piacere con abbondanti dosi di pensiero scientifico più una spruzzatina di Maxwell e Mendeleev e scagliettine di pensiero vagamente greco, et voilà, eccovi servito il vostro materialista. Le riflessioni filosofiche di Scalfari devono essersi fermate alla quarta liceo e ad approfondite letture delle dispense di Focus seduto sulla tazza del water. Ora, la domanda è questa: possiamo noi immedesimarci e palpitare per interlocutori si mediocri? La risposta è ovviamente no.

("Da quell’energia emergono le forme quando l’energia arriva al punto di esplodere". Cos'è, un riferimento al Big Bang o forse alla fluttuazione quantistica dei campi elettromagnetici, oppure alla radiazione di Hawking o allo scoppio del Grande Raudo da cui tutti noi proveniamo? Non si sa, non ci è dato sapere).

mercoledì 16 ottobre 2013

Per chi volesse leggere qualcosa di interessante attorno al problema della cosiddetta "realtà esterna alla mente", da un punto di vista scientifico e quindi implicitamente filosofico, consiglio vivamente un libro del sempre ottimo e compianto prof. Enrico Bellone*, storico della scienza e già titolare della cattedra galileiana all'Università di Padova: Qualcosa, là fuori. Come il cervello crea la realtà.

"Quando dico "Piove" o "Il Sole sorge" non sto usando il libero arbitrio: sto descrivendo fasci di sensazioni, e queste ultime non dipendono dalla mia volontà o dalle mie intenzioni. Ecco perché, se sono accanto a una persona e le dico "Piove" o "Sorge il Sole", è probabilissimo che quella persona sia d'accordo con me: i suoi organi di senso e il suo cervello assomigliano ai miei, e sentono come i miei. Ecco perché il consenso è grandioso attorno alle descrizioni regolate dal senso comune.
In secondo luogo, però, le norme basilari del senso comune sono continuamente contraddette da ciò che la scienza esprime con le leggi della natura. Come è possibile che ciò accada?"

martedì 15 ottobre 2013

La filosofia sarebbe capace di dare all'animo quel torpore e quella possibile noncuranza che ho detto essere piacevole. Ma come questa benché assopisca la speranza, nondimeno in fondo la contiene, anzi talvolta l'accresce, mediante lo stesso non curarsi di nulla, e la stessa disperazione, così la filosofia che per se stessa spegne del tutto la speranza, non può cagionare all'animo uno stato piacevole, se non essendo una mezza filosofia, ed imperfetta (qual ella è ordinariamente), o quando anche sia perfetta nell'intelletto, non avendo influenza sull'ultimo fondo dell'animo, o rinunziandoci avvedutamente essa stessa (26 settembre 1821).

Giacomo Leopardi.


Supponi che la natura ti dica: "Questi mali di cui ti lamenti sono uguali per tutti; non posso darne a nessuno di più intollerabili, ma chiunque vorrà se li renderà più tollerabili."
In che modo?
Con l'Imperturbabilità.
E bisognerà che tu soffra e patisca la sete e fame e invecchi (se ti toccherà di rimanere a lungo fra gli uomini) e ti ammali e ti consumi e muoia. Tuttavia, non c'è ragione di credere a quelli che gridano intorno a te: nessuna di queste cose è un male, nessuna è insopportabile o penosa.
Fanno paura perché tutti dicono che fanno paura.

Seneca. Lettera a Lucilio, 91, 18-19

domenica 13 ottobre 2013

Impossibile agire diversamente da come si agisce, vale a dire che è impossibile vivere diversamente da come si vive, o ancora, impossibile prendere decisioni diverse da quelle che si prendono. Tautologia? No, rigoroso realismo. Non si è mai visto su questa terra accadere qualcosa diversamente da come accade, che alle spalle di un fatto che accade vi sia una legge naturale che ne garantisce l'assoluta arbitrarietà ("poteva accadere o non poteva accadere"), è una forzatura, o un assunto che non può essere provato sperimentalmente né falsificato, quindi privo di valore scientifico. Per questo non mi devo sentire in colpa nel pensare che tutto accade secondo destino, mi sento più sollevato, la fortezza stoica è inespugnabile.
La chiesa positivista di Comte concepiva l'aldilà come sopravvivenza nella celebrazione e nel ricordo, bella consolazione. Quanto erano patetici i protoumanisti quando tentavano di salvare il salvabile e analogamente tutti coloro che tentarono di divinizzare l'Umanità per compensare la cosiddetta "morte di Dio". Che poi non si è mai capito bene chi è morto, se il dio cattolico e delle religioni in generale e con essa la morale, oppure l'idea indistinta di un qualche principio supremo che crea il mondo e che lo salva o lo distrugge a suo piacimento, oppure ancora l'idea di un dio che attende al funzionamento del cosmo e delle leggi della fisica senza metter becco sopra le altre questioni. Oppure il bisogno stesso di Dio. Chi è morto? Può morire un mito, cioè una finzione, per dirla alla Michel Onfray? Il quale trovo altresì semplicione con quelle sue idee molto francesi a proposito di materialismo gaudente e liberazione del corpo, passami un panetto di burro che mi taglio le vene (Ultimo tango a Parigi docet). No. I materialisti ci lasciano con il culo per terra, soli ad affrontare una fine orribile e poi, vista la mal parata, tentano di addolcirci la pillola con i loro zuccherini a scadenza: sii felice fintanto che sei vivo. Ma vuoi mettere la gioia eterna con il piacere corporale accidentale e temporaneo, quando ti va bene e se ti regge la pompa? Ma non c'è proprio paragone. Sfido io che Dio non muore se l'alternativa è questa! Dio non morirà finché non sarà possibile alla scienza di renderci immortali, tutti immortali, qui ed ora, in questa dimensione materiale, e di prolungare all'infinito quel piacere edonistico che il materialismo ci ha suggerito come soluzione ma che per forza di cose ci potrebbe essere definitivamente negato da un momento all'altro. Il materialismo è ancora troppo poco (in ultima analisi quello fra la Scienza è Dio è uno scontro fra tecniche di salvataggio, chi la spunterà sarà il nuovo padrone).