Riprendere a deprimersi è un lusso che si possono concedere gli scampati al pericolo, e se possibile io sono ancora più depresso di prima, tanto che ogni discorso sull'attualità, al momento, non riveste per me alcuna importanza. I paranoici tutt'al più si concentrano su un solo aspetto della realtà, nella fattispecie un'angoscia senza fine (si scampa al pericolo e si pensa: «salvati per cosa?»). C'è una specie di funzione che mostra bene come all'aumentare dell'angoscia (o meglio, al suo perdurare), diminuisca la paura della morte per anestesia dei centri nervosi o per logoramento della volontà di vivere. Al momento mi sento ancora abbastanza lontano dalla soglia critica per cui mi consolo con la visione di queste sconfinate distese di sofferenza precedenti la morte... in fondo provo sollievo a spingermi sempre di più a fondo, credo nella speranza di intravederne la fine.
giovedì 23 gennaio 2014
lunedì 20 gennaio 2014
Tutto questo trambusto ha allontanato pure la depressione, ora mi voglio suicidare solo nei fine settimana. Se poi trovassi anche una donna magari solo a fine mese.
venerdì 17 gennaio 2014
sabato 11 gennaio 2014
Mi scuserete, ma visto i guai che sto passando non ho più la forza di seguire la cronaca, ne di farci sopra delle battute, ne di psicanalizzare il leaderino di turno, mi va piuttosto di astrarmi dalla realtà e dedicarmi alle materie che più mi piacciono, almeno finché ne avrò il tempo. Per di più mi rendo conto solo ora che sono dieci anni che tengo un blog ed è già un miracolo che sia ancora qui a scrivere qualcosa ogni tanto. Ultimamente la mia passione per l'ontologia sconfina nella curiosità scientifica, del resto, fatta la tara alla velenosa gelosia dei filosofi nei confronti degli scienziati, mi pare che vi sia una continuità naturale fra le due dimensioni del sapere. Per contro i fisici tendono a considerare la filosofia ne più e ne meno come una sorta di favola, una letteratura d'evasione, concentrati come sono sulla necessità di certezze empiriche che fatalmente stentano sempre più ad acquisire visto la radicale decostruzione del senso materia alla quale si sono destinati. Insomma, fra scienza e filosofia sussiste il rapporto che si instaura fra il figlio giovane e saccente e il vecchio genitore inacidito, bisticciano, ma sono consanguinei (come nelle migliori famiglie). Ma più che passione per l'ontologia direi proprio una drammatica necessità, la necessità di chi si trova con l'acqua alla gola e non ha ancora dato un senso alla vita, per cui nemmeno alla morte. Dato il quadro, il futuro del paese mi appare inessenziale, un destino come tanti altri, e a chi ancora ci crede auguro senz'altro la fatica di pensare di poterlo mutare.
mercoledì 8 gennaio 2014
Breve storia delle teorie atomiche: gli orbitali
Dato per scontato che la materia dovesse essere per forza di cose "materiale", Dalton, Thomson e Rutherford modellarono l'atomo secondo categorie classiche (potremmo azzardare "platoniche", con riferimento ai solidi platonici). L'atomo di Dalton era un puntino indistruttibile di materia, quello di Thomson una sorta di plastilina elettromagnetica, quello di Rutherford un modello su scala microscopica del sistema solare, quasi che anche gli atomi dovessero rendere conto alla forza di gravità. Con Bohr si cominciò invece ad intuire che per tenere assieme gli atomi occorreva appellarsi alle leggi di una nuova e stupefacente teoria scientifica, la meccanica quantistica. Dalla scoperta fondamentale che l'emissione di energia non è una grandezza continua ma discreta (esiste una costante fondamentale, la costante di Plank, che mette in relazione il valore dell'energia con la sua frequenza), si arrivò a postulare che non è possibile conoscere contemporaneamente posizione, velocità o quantità di moto di una particella, più si tenterà di definire con certezza una delle due grandezze, tanto più aumenterà l'incertezza riguardo all'altra secondo una principio di proporzionalità inversa. Questo comporta che non possiamo conoscere le orbite esatte dell'elettrone attorno al nucleo atomico, quello che ci è dato di conoscere è tutt'al più la ragione di spazio entro la quale è più probabile trovarlo. Questa regione viene chiamata orbitale, è quella funzione d'onda (e cioè quell'ampiezza di probabilità) che esprime la porzione di spazio in cui si può trovare l'elettrone quando non viene misurato e sollecitato da un fotone o da qualsiasi altra particella. L'orbitale si può definire come quella nebbiolina quantica che non esprime tanto il moto del singolo elettrone quanto tutte le sue possibili orbite entro un intervallo di probabilità.
Questi sono solo alcuni dei diversi aspetti che può assumere un atomo, non ricorda dunque nella forma quella del famoso ristorante di Bruxelles. E questi sono gli stessi atomi che compongono la materia di cui siamo fatti. Nel nostro piccolo siamo oggetti quantistici, gli atomi del nostro corpo, a guardarli bene da vicino, esprimono solo la probabilità di trovarsi in un certo luogo e non la certezza (volevo dunque comperare un microscopio a scansione, ma costa come una Golf). Questa progressiva perdita di determinismo della materia e il suo progressivo svaporare nelle nebbioline quantiche, aggiunto a quella questione fondamentale e molto suggestiva che è il problema della misura (la funzione d'onda decade nel momento stesso in cui la si osserva, per cui la vera forma dell'atomo ci è di fatto inaccessibile, una vera cosa in sé), porta molti a pensare che la meccanica quantistica sia la prova che il mondo della materia sia un'illusione, un mito tenuto in piedi dall'industria dei divani (e cioè delle comode sedute). Sarà vero, non sarà vero? I fisici non si danno risposte, com'è noto si assumono l'onere del come ma non quello del perché.
Detto questo, tenete presente che gli elettroni, secondo le ultime teorie in cerca di conferme sperimentali, sarebbero composti a loro volta da un gran numero di stringhe di energia vibrante che chiamare infinitesimali è ancora riduttivo. Per dare l'idea delle dimensioni di una stringa, essa dovrebbe essere grande quanto un alberello se si rapporta un atomo alla dimensione del sistema solare. A volte mi rigiro nel letto pensando che non sappiamo ancora bene di che cosa siamo fatti e che nella sua struttura più infinitesimale il mio stesso corpo è un mistero che la stessa scienza non è ancora riuscita completamente a spiegarsi.
Cantor, per via dei suoi studi sugli insiemi infiniti, finì per soffrire di depressione, per sentirmi male a me bastano invece le leggi della fisica: qui auget scientiam, auget et dolorem.
Fine.
Fine.
sabato 4 gennaio 2014
Presi Il Foglio, stamane, perché volevo godere dei contorcimenti della perpetua di fronte alla disinvoltura del papa relativista, che manca solo che ci mostri le mutande e giù a ridere («Cosa avete di così importante da fare?», e stavano pregando, mica facevano pompini!). «Non è per bontà d'animo, ma per dottrina, che Francesco rigetta il bastone dell'Inquisitore e predica il dialogo col mondo storico, contingente, così com'è e non come vorremmo che fosse. Il suo rifiuto del rigore dottrinale tanto inviso al mondo peccatore è un completamento essenziale, macchiavellico, del modo geseuitico di concepire l'imitazione di Cristo e l'evangelizzazione». Sarà pure «dottrina», ma finché non mi sfila al Gay Pride truccato da Amanda Lepore per me è tutta scena, semmai è dopo che diventa una cosa seria. Di fronte all'Unione dei superiori generali degli Istituti religiosi maschili (U.S.G.I.R.M) Papa Francesco, come al solito informale, s'è presentato in ciabatte pippando il suo mate (il grande Lebowski), insistendo su un punto in particolare: «Tutti siamo peccatori, ma non tutti siamo corrotti. [nei seminari] Si accettino i peccatori, ma non i corrotti». E coi corrotti in culo come la mettiamo, saranno peccatori o saranno corrotti? A uno magari gli viene lo sfizio, però una tantum, e allora è un peccatore (perché sa di aver peccato), mentre un altro organizza un giro di ragazzi squillo e vive senza rimpianti, e allora è un corrotto. Sì, ma a questi livelli siam buoni tutti, tanto vale un sagrestano.
venerdì 3 gennaio 2014
Tutti addosso all'assessore per una storia di mazzette e la solita gestione allegra della cosa pubblica.
Lui: «Mo stiamo al Caffè Torino, mo ho offerto io una bottiglia di
champagne; Lei: «come al solito tu»; Lui: «e che devo fare amore mio? Mo
vedo di pagarla con la cosa della Regione, viene 130 euro la
bottiglia»; Lei: «e bè pagala con quella della Regione»; Lui: «A me
piace fare così. Purtroppo chi nasce signore e dispendioso è così». Il Messaggero.
Andiamoci piano con le reazioni di pancia, non facciamo come i grillini. Primo: un assessore ha tutto il diritto di spendere per delle spese di rappresentanza, per farci bella figura con gli ospiti. Forse che a Obama in visita al Quirinale Re Giorgio non ci offre una bottiglia di champagna? Non possiamo farci sempre la figura degli straccioni. Certo, capisco che la preferenza possa andare al Prosecco per ragioni d'amor patrio, ma è il principio che conta. E poi l'ho assaggiato anch'io lo champagne, buono ma mi da acidità. Secondo: non sarete mica invidiosi? L'invidia porta cattiva digestione. Terzo: fare il signore con il culo degli altri. E allora? Posto che abbia tutto il diritto di spendere per farci bella figura con gli ospiti quel più di arroganza non costituisce reato. L'avvocato dovevo fare, altroché.
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