sabato 29 dicembre 2018

Poi magari ti ritrovi la lady Macbeth che continuamente ti tormenta perché te ne stai sempre in casa e non hai ambizioni, ma piuttosto anch'io mi prendo un gatto come Daniele Capezzone, è la soluzione migliore, noi liberali classici abbiamo bisogno dei nostri spazi. 

venerdì 28 dicembre 2018

Hanno riscoperto il razzismo negli stadi, succede periodicamente, per lunghi tratti marginale come cosa risolta o di poco conto e poi al riaccadere del fatto di cronaca riesplodente come emergenza nazionale, e allora “fuori i razzisti dallo stadio!”, che sarebbe un po’ come dire via la pornografia da internet. Che poi non si capisce perché i buuu partivano solo in direzione dell'ottimo Koulibaly, in veste di senegalese e napoletano, come se nell'Inter non fossero in campo Asamoah e pure Joao Mario, che pure lui tanto bianco non è. Io uno come Koulibaly lo vedrei bene all'Inter, in coppia con Skriniar, una saracinesca. Anzi, allo Steven Zhang bisognerà farlo presente, che ce lo compri l'anno prossimo per dare un segnale alla curva e anche ai nostri sogni di gloria.
Non è cattivo Salvini, siamo molto amici, quando mi vede mi prende sempre in giro, "tel chi el filosofo!" e poi mi offre un bianchino. Parliamo un po' di tutto e a ruota libera come quando non ci sono le mogli nei paraggi, delle nigeriane, dei negri e di quando è stato a Cuba, che le cubane sono fighe ma che hanno un odore strano, non è colpa loro, è la pelle. I professori di sinistra di queste cose non ne parlano perché fanno finta di essere buoni ma poi sotto sotto gli danno fastidio anche a loro. Ecco, al mio amico Salvini gli dà fastidio l'ipocrisia dei comunisti, che per fare i buoni non dicono le cose come stanno. Salvini è l'adesione più coerente alla realtà delle cose, Salvini è verità dove il comunista è falsità, Salvini è la luce, e chi ci dà la luce? 

(Quella delle cubane con un odore strano l'ho sentita veramente sul lavoro che ancora me la ricordo).
Ormai da filosofo mi sono abituato a pensare alla vita come un vasto campo esperienziale fatto di pure sensazioni, non mi crea problemi mettere in dubbio perfino l'esistenza della materia atomica, chiamalo dubbio cartesiano, ma tendo a considerarla come un'ipotesi al momento la più in voga. Per far funzionare la fisica non c'è bisogno di pensare la materia, alla fisica basta che tornino i conti dell'esperienza, qualunque cosa essa sia. Così come per la fisica non c'è più bisogno nemmeno di porre una meta-fisica. La metafisica, la legge immutabile che pretende di dominare il mondo sensibile da un "al di là" (Dio, la Natura, il Nous, quel che vuoi). Non si trovano in un altrove le leggi della fisica, si trovano anche loro sullo stesso piano dell'esperienza, e dove sennò, dove l'esperimento, il calcolo, la verifica? Dunque perché dopo aver eliminato Dio affidarsi a un altro dio, cioè la Materia? Non ce n'è bisogno. (noi filosofi siamo gente puntigliosa).
E allora rispetto a cosa potremmo dirci migliori di Salvini? Voi direte: perché almeno non siamo razzisti! Ma Salvini non è razzista, ha pure il nero in squadra. Voi direte: è una foglia di fico. D'accordo, ma è razzista per circostanza, la circostanza del nero ciabattante, dell'immigrato richiedente, non è razzista con l'uomo di curva e di coltello, sempre a patto che non vada in giro in ciabatte. Salvini è pure amico dell'uomo del Similaun tant'è vero che lo voleva Ministro della Montagna e in più apprezza la Nutella, ma vi pare possibile che un razzista, pure un poco fascio, si metta a mangiare la Nutella come un Nanni Moretti qualsiasi? Non quadra, ci deve essere sotto qualcos'altro.

(Di più seri non ne riesco a scrivere).

giovedì 27 dicembre 2018

La potenza impotente

Per esempio sono attualmente impegnato su questo passaggio severiniano: la filosofia occidentale ha tenuto ferma fin da principio l'evidenza originaria del divenire come creazione e distruzione dell'ente, sicché l'ente è ma solo fintanto che è, e per porre rimedio a questa minaccia totalmente imprevedibile della caduta dell'ente nel niente evoca gli immutabili, cioè una dimensione in cui quell'essere corruttibile e mondano è fatto salvo da un principio incorruttibile ultramondano che impone al divenire la sua legge. Senonché questo progetto, seppur millenario, è destinato fin da principio al fallimento proprio perché evocando l'immutabile riconosce l'incontrovertibilità del divenire, mentre quegli eventi imprevedibili ai quali si voleva imporre una legge continuano a lacerare continuamente "la rete degli immutabili e irrompono nell'esistenza come imprevedibilità e novità radicali" e si presentano come "minaccia estrema e mantenuta", ecco che gli immutabili della metafisica si presentano dunque come "potenza impotente", rimedi sognati.

La scienza moderna è allora il rimedio più coerente, e l'ultimo in ordine di tempo, rispetto a quel senso del divenire evocato dalla filosofia occidentale: "La scienza riesce a dominare 'realmente' il divenire, al di fuori del sortilegio in cui l'immutabile dissolve il divenire. Questo dominio effettivo è reso possibile dal carattere sperimentale della scienza. Qui il valore della previsione non è determinato dal senso immutabile della totalità, con la quale l'epistéme anticipa tutto ciò che può sopraggiungere: è l'esperienza a decidere in ultima istanza il valore di ogni previsione, e l'esperienza non consente che la previsione acquisti un valore definitivo e incontrovertibile". Non perché le leggi della fisica siano opinabili ma perché vincolate all'accadere dell'esperienza imprevedibile e quindi sempre in divenire, esposte alla possibilità di essere spiegate diversamente e inglobate in ulteriori teorie.

Nota: Epistéme è in filosofia la conoscenza certa che è in grado di mantenersi stabile contro ogni obiezione, ciò a cui aspira la filosofia fin dal principio, l'epistéme è la caratteristica principale delle metafisiche, cioè delle leggi immutabili che pretendono di dominare il divenire dal "di fuori".

(tutti i virgolettati da Legge e Caso di Severino, Adelphi).
Dicevo a un'amica: la passione per il commento politico per me era più lo sfogo di una nevrosi, con il passare degli anni la mia volontà si è però fatta più soffice e l'animo sempre meno sensibile all'indignazione, sono più portato a scusare quelle umane debolezze che in fin dei conti sono anche le mie, uno come Salvini per esempio potrebbe anche darmi fastidio ma non ho più le energie nervose per dedicarmici e nemmeno voglio averle. Allora è deciso: vi ammorberò con le mie questioni filosofiche sulla materia che non si mostra (e la libertà che non si mostra) così che poi implorerete pietà.
Ho perso interesse per la politica e la cosa non è dettata dal momento storico, non trovo più interessante la questione in sé. Non aspettatevi nuovi post con il nuovo anno, questo è un addio senza rimpianti perché so di non aver più nulla da dire da queste pagine. State bene.

sabato 22 dicembre 2018

Emerge from nothing (?)

Allora, mi sono messo a leggere Legge e Caso di Severino, come sempre illuminante. Il problema trattato, che interesserà a pochi, è di quelli che solleticano il mio interesse: se le cose emergono dal nulla, come del resto sostiene la fisica (creare materia e antimateria dal nulla, Le Scienze; fluttuazione quantistica), allora si pone il problema di come una Legge, in questo caso della fisica, possa prevedere e dominare il comportamento di un qualcosa che, provenendo dal nulla, è completamente slegato da ogni principio e da ogni ipotesi di legislazione deterministica o anche solo probabilistica (il Caso, appunto).

Ciò che esce dal niente incomincia in modo assoluto, non ha tendenze, vocazioni, inclinazioni, propensioni, non ha scopi, non è sottoposto a regole, leggi, principi. Dietro di sé non ha nulla, il suo affacciarsi all’esistenza non è affidato a nulla, non ha scopi, non ha ragioni. Il niente è niente e non può esserci una ragione che spinga il niente in una direzione piuttosto che in un’altra. Proprio perché è stato niente tutto ciò che nel divenire incomincia a essere è puro caso”. (Legge e Caso)

In altre parole se le cose emergessero veramente dal niente non si spiegherebbe quella certa regolarità del loro accadere che sono le leggi della natura: ma esisterà davvero, poi, questo niente, questa minaccia assoluta del divenire niente, questo nostro essere precari abitatori del tempo che nascono e poi svaniscono per sempre nel nulla da dove erano usciti? 

Qui c’è in ballo anche la nevrosi fondamentale di noi moderni che ci sentiamo in dovere di vivere tutto e subito e senza possibilità di appello perché destinati a una morte accidentale e definitiva. Ne riparleremo.

(qui non c’entra Dio, il quale non è che una forma di dominio sognato sopra il caso che irrompe minaccioso dal nulla).

mercoledì 19 dicembre 2018

Sempre meno cose da dire su questo blog, lo tengo come ruota di scorta. Buone feste.

giovedì 13 dicembre 2018

Il ritorno degli immutabili

Tutta la filosofia del ‘900 ha ribadito che non esistevano immutabili e che tutto era nelle possibilità dell’uomo che si poteva creare a piacimento il suo destino, che gli immutabili erano una gabbia arbitrariamente costruita attorno agli uomini per tenerli al giogo di questa o quella autorità politica o religiosa, senonché, dai e dai, la cosa ci è sfuggita un po’ di mano e ci ritroviamo oggi a sentirci ingabbiati proprio da quell’estrema precarietà in cui ci siamo ficcati a forza di negare gli immutabili (gli immutabili, dal canto loro, assistono impassibili a tutto il nostro ciarlare). Colpa dell'uomo, che è un entusiasta un po' fesso e credulone e ciclicamente si fa prendere dallo Zeitgeist del momento per sentirsi rincuorato dai riferimenti culturali del suo tempo.

mercoledì 12 dicembre 2018

“Visto che non possiamo cambiare patria, cambiamo argomento”.

domenica 9 dicembre 2018

Tradurre Macbeth/2

Continua la mia personale battaglia con il soliloquio di Macbeth dell'atto V, questo è più preciso e filante, nell’altra avevo commesso troppe leggerezze. Practice makes perfect.

“recorded time”. Il tempo che è stato registrato, il tempo che ci è stato concesso.

“poor player”. Nel senso dell’attore da poco, povero di talento.

***

SEITON: La regina, mio signore, è morta.

MACBETH: Avrebbe dovuto morire poi; sarebbe venuto il momento per quella tal parola. Domani, e domani, e domani, s'insinua a piccoli passi di giorno in giorno fino all'ultima sillaba del tempo concesso; e tutti i nostri ieri hanno illuminato agli sciocchi la via che conduce alla polverosa morte. Spegniti, spegniti, corta candela!

La vita non è che un ombra che cammina, un attorucolo che si pavoneggia e s'agita per la sua ora sul palcoscenico, e poi non se ne ode più nulla. E’ una storiella raccontata da un idiota, piena di rumore e di furore che non significa nulla.


Machbeth: She should have died hereafter; 
There would have been a time for such a word. 
Tomorrow, and tomorrow, and tomorrow, 
Creeps in this petty pace from day to day, 
To the last syllable of recorded time; 
And all our yesterdays have lighted fools 
The way to dusty death. 
Out, out, brief candle!

Life’s but a walking shadow, a poor player 
That struts and frets his hour upon the stage 
And then is heard no more. It is a tale 
Told by an idiot, full of sound and fury 
Signifying nothing.

sabato 8 dicembre 2018

Tichismo

Secondo il grande filosofo americano Charles Sanders Peirce nel mondo non esiste alcuna necessità e tutto è frutto del caso, una condizione che definisce con il termine “tichismo”.

La dea Tyche era la dea delle fortune terrene, degli uomini come delle città, quella con la cornucopia (Fortuna per i romani). Grosso modo l’altra faccia di Ananke, che era la dea della necessità. E però il caso, una volta accaduto (ci informano i linguisti che tyche ha nella sua radice il verbo “accadere”) risulta comunque un destino, il destino non prestabilito in precedenza ma somministrato arbitrariamente sul momento.

Inutile dire che a ben pensare questo caso, di cui noi contemporanei siamo più o meno tutti convinti, di fatto non si può dimostrare come evidente dalla semplice osservazione delle cose che accadono, quando una cosa accade lo fa per come accade, che sarebbe potuta accadere diversamente è un’ipotesi che nel concreto non è mai verificabile.

Nebbia in val padana

I nebbioni che c’erano a Moglia erano iperuranici, i nebbioni in concetto, sub specie aeternitatis, i nebbioni in sé, un occhio ceruleo che annullava la molteplicità del mondo. Ti assalivano appena usciti dalla porta, un passo ed eri già avvolto dal nulla, l’indistinto e lattiginoso nulla, che per accertare l’esistenza della casa alle tue spalle dovevi allungare la mano e appurarla sulla fiducia. Dovessi figurarmi il concetto di ápeiron sarebbe la nebbia di Moglia (ἄπειρον, ápeiron, composto da ἀ-, a-, «non», e πεῖραρ, peirar, «limite», l’illimitato, nel senso che non se ne intravede il limite, per cui l’indefinito). Se non fosse stato per i suoni che testimoniavano l’esistenza del mondo ci sarebbe stato da impazzire, catapultati in una dimensione ultraterrena, in una quarta dimensione. Guidare sulle strade incrociando i fendinebbia dei tir che ti sfioravano sbucando dal nulla a qualche metro dal proprio cofano già parzialmente sparito dalla vista, esperienze che ti formano.

venerdì 7 dicembre 2018

I gilet gialli

L'aumento della tassa sul carburante è un pretesto, in realtà i gilet gialli sono l'ennesima puntata di una serie che ha ormai svelato il suo copione: la protesta del mondo di sotto contro le elité del mondo di sopra, le quali non sono più capaci di rappresentarsi il mondo "vero" per eccesso di teorizzazione, per eccesso di "accademia". Saranno stati i social, non si sa, ma oggi c'è un bisogno di disintermediazione fra le parti, di comunanza del sentire, alle quali le elité non possono rispondere per loro stessa natura. A cosa ci porterà tutto questo? A un ulteriore avanzare della storia in senso populista, se nel bene o nel male si saprà dopo, alla fine del processo, hegelianamente parlando (senonché a mio avviso il processo non si ferma mai e allora diventa pure difficile scorgerne una fine, un intero).

mercoledì 5 dicembre 2018

Tradurre Macbeth

C'è ancora qualcosa che non mi suona ma è un primo tentativo, è un poco da sbozzare.

SEITON: La regina, mio signore, è morta.

MACBETH: Avrebbe dovuto morire poi; ci sarebbe stato tempo per una tal parola. Domani, e domani, e domani, s’insinua in questo vano incedere di giorno in giorno, fino all’ultima sillaba del tempo salvato; e tutti i nostri ieri hanno illuminato ai folli la via che conduce alla polverosa morte. Spegniti, spegniti, breve candela!

La vita non è che un ombra che cammina, un povero attore che si pavoneggia e consuma la sua ora sul palcoscenico, e poi non se ne sa più niente. E’ una storiella raccontata da un idiota, piena di fracasso e di furia che non significa nulla.

Originale:

Seiton: The queen, my lord, is dead.

Machbeth: She should have died hereafter; 
There would have been a time for such a word. 
Tomorrow, and tomorrow, and tomorrow, 
Creeps in this petty pace from day to day, 
To the last syllable of recorded time; 
And all our yesterdays have lighted fools 
The way to dusty death. 
Out, out, brief candle!

Life’s but a walking shadow, a poor player 
That struts and frets his hour upon the stage 
And then is heard no more. It is a tale 
Told by an idiot, full of sound and fury 
Signifying nothing.

lunedì 3 dicembre 2018

La scienza

Qualcuno pensa che da filosofo io disprezzi la scienza, ma figuriamoci, ben venga la tecnologia che ci allieta e ci cura come mai prima, senza la tecnologia non saremmo quello che siamo, il problema nemmeno si pone, solo che non le riconosco quel ruolo di guida gnoseologica che pretende di indicarci la realtà per come è veramente. La scienza è giusto che si mantenga in superficie perché è in superficie che appaiono i suoi miracoli, è in superficie che esaurisce il suo compito e la sua utilità.

domenica 2 dicembre 2018

Aufhebung

Da quello che abbiamo detto su Hegel si evince che un personaggio come Fusaro è un hegeliano di nome e di fatto, la perfetta sintesi fra il momento rivoluzionario e quello reazionario, superamento del capitalismo e ritorno alla sacra famiglia. E chissà che in effetti non si possa superare il capitalismo ritornando al medioevo, un medioevo aggiornato e connesso, sintesi di quello che fu con in più giga illimitati per tutti.

Hegel, l'essenziale

Qualcosa di Hegel lo avevo pur capito ma volevo più che altro capire perché costituisca ancora oggi un totem soprattutto per molti filosofi della storia e potenziali teorici della rivoluzione (e della reazione).

L’idealismo tedesco. Per l’idealismo tedesco, si sa (o si dovrebbe sapere), nulla rimane al di fuori della coscienza che pensa il mondo, l’Assoluto di cui parla l’idealismo è “concretamente” costituito da tutto il pensabile e da l’intero cosciente, posto che la realtà coincida con la coscienza della realtà. Per noi contemporanei questo concetto non è scontato: noi pensiamo kantianamente che esista una realtà in sé che sopravvive alla coscienza delle cose e che addirittura la produce: la “cosa in sé”. Senonché l’idealismo nota che ogni tentativo di pensare una “cosa in sé” rientra fatalmente nell’attività stessa della coscienza, l’idealismo dunque elimina quella che pensa come una contraddizione: il nous, la mente, la coscienza è la “sostanza” originaria di cui facciamo diretta esperienza nel nostro essere, nel nostro pensiero.

Nihil est in sensu, quod prius non fuerit in intellectu [non vi è niente nell’esperienza dei sensi che non sia già stato nell’intelletto], nel significato generale che il noús [mente], o, intendendolo piú profondamente, lo spirito, è la causa del mondo,” 

(F. W. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio)

Il vero è l’intero. Su questa base gnoseologica si inserisce il pensiero peculiare di Hegel: la verità non è un semplice indicare una corrispondenza con la realtà effettiva delle cose, la verità si disvela nella totalità del processo che conduce alla verità, cosi che l’Assoluto di Hegel non è che l’esito (”Resultat”) di tutto il processo che conduce alla verità.

“Il vero è l'intero. Ma l'intero è soltanto l'essenza che si completa mediante il suo sviluppo. Dell'Assoluto si deve dire che esso è essenzialmente Risultato, che solo alla fine è ciò che è in verità;”. 

(Fenomenologia dello Spirito, Prefazione)

La dialettica. Da questo consegue che la storia del mondo, che è poi la stessa storia dello Spirito, del nous, o della stessa coscienza che prende coscienza di sé, è un processo eternamente “in fieri”, cioè in costante divenire, in costante via di formazione e di attuazione. Hegel mostra qual è il processo che permette al mondo di divenire, movimento che corrisponde al progressivo “incarnarsi” dello Spirito Assoluto nella storia dell’uomo.

Primo movimento: Tesi, o momento intellettivo astratto. Il concetto viene isolato dal suo contesto (astratto), preso in sé e per sé come se non fosse invece connesso a tutte le altre determinazioni grazie alle quali riceve il senso che ha.

Secondo movimento. Antitesi, o del negativo razionale. La ragione avverte che per attribuire un senso a un concetto occorre appunto metterlo in relazione con la sua negazione.

Terzo movimento. Sintesi, o del positivo razionale. E’ il momento in cui la ragione comprende, si potrebbe dire in senso eracliteo, che ogni concetto è costituito dal nesso che si forma fra significati contrari necessariamente connessi, è il momento dell’Aufhebung, cioè del “togliere” (Auf), “conservando” (hebung). (”notte” e “giorno”, per esempio, trovano la loro sintesi nel concetto di “giornata”, la quale è ciò che è proprio in virtù della periodica alternanza fra il giorno e la notte). Ogni momento del concetto in formazione conduce a una sintesi in cui gli aspetti dei concetti precedenti vengono conservati e superati. Dalla sintesi poi si riparte per un nuovo processo dialettico, la sintesi diviene un’ulteriore tesi che troverà poi la sua antitesi che darà vita a un’ulteriore sintesi, e così via.

Conclusione. Sicché, cosa rende così affascinante Hegel agli occhi dei rivoluzionari e dei reazionari allo stesso tempo? L’idea che ogni momento storico sia animato da uno Spirito dotato di un’intrinseca razionalità che conduce necessariamente al ribaltamento delle condizioni esistenti, l’idea che la giustizia si compia secondo ragione.

La sinistra hegeliana vedrà infatti in Hegel lo scopritore del processo razionale che conduce al compimento definitivo della giustizia sociale, la destra hegeliana il giustificatore dello stato etico di ispirazione religiosa, visto come momento assoluto del compimento dello Spirito (santo).

C’è un Hegel per tutte le stagioni.