martedì 30 settembre 2014

Libertà

Devo prepararmi a lasciare qualcosa di scritto, qualcosa che rimanga ad imperitura memoria e che tiri le somme di quanto imparato fin qui così che qualcuno possa dire un giorno: "com'era in gamba!" (magra consolazione). 

Come prima cosa, mai affidarsi troppo alle grandi narrazioni che predicano la libertà. A ben vedere tutti predicano libertà, è la merce più venduta, dalle democrazie più avanzate all'estremismo, ovunque vi è ideologia, ritenuta la più giusta o la più sbagliata, debole o meno debole che sia, vi è incastonato al suo interno un discorso di liberazione, che sia dal nemico o dall'errore. E invece vedo chiaramente come la libertà sia un fantasma alla pari del dio, qualcosa di cui tutti parlano ma che più la si ossequia e più si allontana, non a caso alla libertà sono dedicati gli inni e consacrate le vite, meglio se posta a grande distanza, come il grande amore per cui ci si trugge. Se vogliamo fare un discorso più profondo, direi che nel concreto della vita vissuta vi sarebbero davvero pochi argomenti a favore dell'esistenza della libertà come capacità di determinarsi a prescindere da condizionamenti interni ed esterni, che siamo più spesso in balia degli eventi e determinati da questo o da quel fattore, che la libertà acquista un valore così alto forse proprio perché è così rara (personalmente io dico inesistente). La libertà è uno splendido unicorno, creatura mitologica, e il fatto che oggi la si voglia produrre in serie la riduce a cosa talmente misera che risulta priva di qualsiasi valore tanto vi si è fatta l'assuefazione, non ci basta più, non basta mai, perché non ci si può spogliare della propria carne, la quale è il primo argomento a suo sfavore. Qualcuno scriveva che "non siamo liberi di cessare di essere liberi" ma perché poi non ammettere che quella libertà che si rileva pesante come un macigno sottende la più palese dell'evidenze, e cioè che siamo inevitabilmente costretti soprattutto nel momento della massima libertà? Evidentemente la libertà è un volere, una forma della consolazione che concerne l'affezione, o se volete l'afflizione.

lunedì 29 settembre 2014

Eterogenesi delle cause

Posto che le nostre intuizioni sono il prodotto di un carattere di base, vera e propria struttura a priori, il quale incontra e si scontra con i condizionamenti di carattere ambientale (contesto storico, culturale, familiare, ecc.), sono del parare che sia in qualche modo salutare attraversare un periodo di attenta autonalisi prima di darsi a qualsivoglia verità definitiva. Le avversioni alle quali sovente ci aggrappiamo come fossero chiavi di volta della realtà, apparentemente fondate su argomenti razionali, spesso non sono che il frutto di irritazioni personali, le quali, fatalmente, finiscono per forzare gli argomenti nella direzione voluta rendendo l'intero costrutto pericolante. Per contro, molte delle nostre certezze non sono che assunzioni di comodo volte ad evitarci lunghe e fastidiose discussioni. A questo punto resterebbe da capire se quanto detto sia a sua volta il frutto di un qualche condizionamento o di un'irritazione personale: vado ad analizzare (Morfeo saprà indicarmi la via).

domenica 28 settembre 2014

Insetti senza portiere

Ci dev'essere un motoraduno da qualche parte. Dall'alto paiono degli insetti, bacarozzi scorreggianti con le zampine attaccate ai manubri. Scendono a gruppi, massimo due per moto, tutti col casco. Ecco, proprio in questo momento un'altra scarica, come la diarrea molesta. Sulle strisce, quattro candide suorine interrompono il corteo con incedere placido, come ad Abbey road. Grandine li cogliesse, s'imbibissero gli spinterogeni! Mi piacciono i motociclisti, la vita all'aria aperta, il vento sulle visiere, quest'idea di libertà... un mondo senza forcelle è possibile.

Wille zur Gewalt

Sarebbe facile cogliere nel wannabe english di Renzi la misura stessa della sua statura politica, l'aspirante riformatore, il cazzaro che si perde in un mare di chiacchiere, a metà fra la parodia di Sordi e di Totò. Ma qui occorrerebbe ricordare anche la sorte toccata al finissimo Mario Monti, il più anglosassone fra i nostri professori, il quale, a fronte di una smisurata competenza tecnica e una conoscenza più esatta dell'inglese, cincischiò miseramente varando qualche pasticciata riforma, peraltro a impatto zero. Venissero le decisioni, venissero pure le riforme tatcheriane a impattare sul paese, venisse qualcosa! E invece niente, solo questo spossante titic-titoc a centrocampo e l'attacco a corto di rifornimenti (le verticalizzazioni, cristo, le verticalizzazioni!). Il Renzi che predica violenza, dio che paura, le sculacciate alla Boschi con lo scopino della polvere (il massimo della perversione).

mercoledì 24 settembre 2014

Dileguare

C'è, fra i filosofi, chi è disposto ad aprirsi alle ragioni dell'islam pur di contrastare l'imperialismo americano, non contenti, cominciano pure a nutrire più di una simpatia per Putin nella veste di ultimo baluardo della resistenza alla diffusione sempre più capillare sul suolo mondiale delle basi americane e del loro braccio armato, il McChicken (persa oramai la battaglia della Coca-Cola). Questi filosofi, eventualmente omosessuali, sarebbero dunque disposti ad aprire una linea di credito proprio a Putin (il paladino dei diritti individuali e della libertà di espressione) in quanto minaccia minore rispetto a quella maggiore, se non assoluta, rappresentata dall'impero americano (comprensiva della falange sionista). Mi pare una faziosità fine a se stessa che spinta all'estremo finisce per partorire delle mostruosità se non delle ridicolaggini, ma inutile discuterne, teoricamente aperti a tutte le narrazioni finiscono per abitarne solamente una, gli antidogmatici par excellence che danno lo spettacolo di un dogmatismo sordo e cocciuto, indispettiti dal dileguare della propria visione del mondo, sulle ali di una gloria ormai sfiorita, sotto i colpi del destino cinico e baro (dilegua anche la stabilità della post-modernità). Forse, dice, non sappiamo se valga ancora la pena credere in questo dio giudaico e veterotestamentario che bombarda la striscia di Gaza, se è questo che vuole meglio sarebbe convertirsi all'Islam, il pacifico Islam... in quanto solo un dio ci può salvare (Heidegger docet), non ne possiamo fare a meno, l'uno vale l'altro, l'importante è che stramaledica gli inglesi... basta, basta così.

lunedì 22 settembre 2014

Der alte Bastard




Vi dirò, non pensavo di trovare ne Il mondo come volontà e rappresentazione un testo così immediato, gradevole e dotato per giunta di un certo respiro letterario, certo lo si poteva intuire ma scoprirlo sul campo rende la cosa ancor più gradita. Non si incorre in una banalità nel dire che certi testi, per apprezzarli, vanno letti al momento giusto, mentre trovo un po' sterili le critiche di scarsa coerenza etica mosse al suo autore, come se il filosofo dovesse vivere per forza di cose conformemente al suo pensiero, per dare il buon esempio, e dovesse letteralmente rintanarsi a meditare in religioso silenzio dentro una caverna, come lo Zarathustra di quel balengo di Nietzsche. A Schopenhauer, in genere, spetta lo stesso trattamento riservato al suo affine italiano, e cioè al Giacomo Leopardi, gente pessimista che si negava la voglia di vivere per un difetto del proprio carattere o per una malattia dello spirito (gobbi e bruttarelli che hanno avuto poca fortuna con le donne, poveri sfigati), come se la voglia di vivere fosse in sé la cosa più giusta e l'afflizione la più sbagliata. Schopenhauer prestava il suo binocolo alle guardie per sparare sul popolo in rivolta (la fatwā dei marxisti), Schopenhauer una volta ha spinto una vecchietta giù per le scale, Schopenhauer era un egoista, amava più il suo cane del resto dell'umanità, e per finire Schopenhauer era ferocemente invidioso, alla faccia della noluntas: e che non lo sai che ognuno ha da lottare con la voluntas? Il 14 novembre 1831 muore a Berlino Federico Hegel forse colpito da colera, la volontà di vivere suggerisce invece a Schopenhauer di scapparsene a gambe levate: quale migliore prova della sua esistenza!

domenica 21 settembre 2014

Carpe deum

Ecco qua, abbiamo anche il papa anticlericale* e poi non lamentatevi se faccio il relativista, mi pare il minimo, tempo un lustro e ce lo ritroveremo conferenziere all'UAAR. Abbiamo vinto, le pecorelle smarrite s'aggirano in ciabatte nell'ospedale da campo in cerca del primario, un gran simpaticone, per la salvezza dell'anima rivolgersi alla guardia medica (è sempre più salvezza terrena, di quella ultraterrena si son perse le tracce: chi vive tace e chi muore si dia pace).

La mano

L'equivoco fondamentale rimane sempre lo stesso e cioè considerare il lavoro come un diritto, ma, intendiamoci, non è che il lavoro si crea dal nulla e soprattutto a comando (se non ci sono pesci nel mare puoi sgolarti finché vuoi per far valere i tuoi diritti di pescatore, resta il dato empirico dell'indisponibilità di pesci). Burocratizzare ogni aspetto della vita pubblica, assumere addette alle fotocopiatrici, edilizia popolare a Casal Palocco, questo sarebbe il piano del sindacato per creare occupazione? Fosse così avrebbe tutto l'interesse ad alimentare al massimo quelle spinte capitalistiche che nella sua logica sarebbero la cagione stessa della rovina di tutte le cose: può Marx insegnare a Smith come far fruttare al meglio la ricchezza delle nazioni per il bene dei lavoratori? E' tutta una contraddizione, nato per difendere i lavoratori dalle storture del capitalismo si trova oggi costretto a suggerirgli come creare posti di lavoro in nome del 'sacrosanto' diritto, la mano invisibile conduce le danze.

sabato 20 settembre 2014

Tutte le vacche sono nere

In tutto questo bailamme sull'art. 18, sul diritto alla reintegra ecc. ecc., manca fatalmente l'ingrediente principale, l'oggetto del contendere, e cioè il lavoro, questo trapassato che danno ancora per vivo, pare di assistere a una dotta disquisizione fra cerusici che fingono di non avvedersi del cadavere per non allarmare oltremodo i familiari (i quali, però, già da un pezzo si sono accorti del puzzo). Non si cada poi nell'errore di considerare quella del sindacato la sola posizione astratta che discute di una realtà che non esiste, perché anche la sua controparte thatcheriana, opportunamente declinata all'italiana, non ha più presa sulla realtà di una discussione sul sesso degli angeli. E' tutto il dibattito politico nostrano che soffre strutturalmente di un eccesso di astrazione, tant'è che risulta negli effetti astratta anche la ricorrente pretesa renzian-berlusconiana di farsi paladini della concretezza.

giovedì 18 settembre 2014

Domanda retorica

Perché, mi domando, l'abbozzo di un mondo nuovo deve sempre passare da una lettura marxista o paramarxista della realtà, vedasi la paccottiglia sinistroide spacciata per avanguardia dai cosiddetti 'giovani' del movimento cinque stelle? Un marxismo talmente frusto e mal digerito che dilegua oramai nel complottismo pluto-massonico e nei sogni bucolici della decrescita felice o della vita comunitaria, a metà strada fra il kibbutz e il falansterio. C'è in molti una sorta di pigrizia, di indolente neghittosità mentale per cui chi accoglie entro di sé il richiamo della rivolta sociale nella speranza di un personale ribaltamento esistenziale si ferma volentieri sulla soglia del marxismo, vere colonne d'Ercole, come abbacinato da tanta possibilità di riscatto e spende solitamente il resto della sua vita a rigirarci intorno come risucchiato dal maelström (metteteci pure lo spettacolo indecoroso dei disillusi che si danno invece alle letture alternative di Nietzsche tirandolo per la giacchetta in funzione postmoderna e sessantottina). C'è dell'altro.

mercoledì 17 settembre 2014

Sic transit

Vedo affannarsi alcune delle menti più brillanti del nostro secolo attorno al problema del capitalismo, del capitalismo come male assoluto e invece il guaio è che tutt'al più trattasi di male relativo. Vero male assoluto sarebbe piuttosto la morte e non vedo perché dovrei impegnarmi a spendere quel poco che resta della mia vita nella demonizzazione di un sistema economico che certamente risulta cattivissimo per chi ne trae svantaggio ma più che passabile per chi invece ci sguazza confortevolmente dentro. Capisco che l'Europa, l'intellettualissima Europa che vede oggi la sua creaturina scivolarle dalle mani, si sia un po' risentita, ma di nuovo, il superamento del capitalismo non toglierebbe nulla al problema tutt'altro che secondario del mio destino mortale. Non riesco più ad appassionarmi alle fantasmagoriche vicende dell'avvenire, giusto che i più giovani se ne interessino, l'avvenire riguarda più loro che me... forse un giorno, se e quando arriveranno al punto di considerare la vita dal mio stesso punto di vista comprenderanno quanto inutile sia tutto questa fatica, che la gloria del mondo è passeggera e che da morti certamente non ce ne faremo niente. Forse, un giorno. Ma è più probabile che continueranno a volere e ad affannarsi per trasformare il mondo fino all'ultimo respiro, per conquistarlo e piantarci sopra la bandiera, finché un'altra generazione li guarderà sfiorire con occhio da triglia e dall'alto della loro beata gioventù si domanderanno cosa mai volessero intendere con tutto quel loro sbracciarsi (c'è chi progetta la propria vita per dare da morto il suo nome a un istituto magistrale).

lunedì 15 settembre 2014

Polemos è il padre di tutte le cose

Dopotutto anche il pensiero laico fa acqua da tutte le parti, eppure bisogna aiutarlo a tenersi in piedi se non si vuole vederlo capitolare di fronte agli odiosi argomenti dei suoi avversari. Diritto alla libertà individuale: e chi ce lo garantisce, Dio? Quale argomento saldissimo è in grado di mostrare incontrovertibilmente la veridicità assoluta di tale principio? Il diritto è un mutaforma, volubile quanto il divenire del mondo, quello che a noi oggi sembra un valore, forse l'ultimo difendibile, domani può rivelarsi un disvalore o alla peggio perdere di significato. Soprattutto l'aspirazione alla libertà individuale pare essere diventata d'obbligo e quando si è obbligati ad essere liberi tutta questa libertà viene quasi a noia fino a trovare sfogo, talvolta, nelle parafilie più bislacche (le pulsioni profonde che ci determinano hanno questo strano andamento a pendolo, per cui giunte a un limite estremo esauriscono la loro spinta rinculando all'estremità opposta). La realtà è dialettica, polemos è il padre di tutte le cose, io affermo dunque che per avere un laicismo il più gagliardo possibile, per renderci veramente conto di quanto il laicismo sia bello e indispensabile alla nostra felicità (cosa in cui non credo), egli debba avere sempre davanti a sé la possibilità della sua rovina, il suo nemico più acerrimo in cui specchiarsi e che gli faccia da pungolo e da sparring partner in modo da mantenerne alto il tono muscolare, pura Wille zur Macht. Tale è il destino di tutte le cose, che isolate dal loro contesto si dissolvono nel nulla.

domenica 14 settembre 2014

Deus lo volt?

Da uno che si laurea in filosofia ci si aspetterebbe un concetto un po' elaborato, non troppo perché poi va in fumo il cervello, per carità, giusto un minimo. Se poi questo laureato è il papa, voi capirete, raddoppia l'aspettativa. Il concetto partorito dal papa sarebbe il seguente: la guerra è follia perché distrugge ciò che Dio ha creato di più bello: l'essere umano (pensavo l'ulcera duodenale). Be', qui siamo al minimo indispensabile, "guerra cacca!", un po' come si dice ai bambini. Essere ostaggio di una teologia da Facebook con i concetti ridotti all'osso per essere recepiti anche dai più sprovveduti non fa onore alla millenaria tradizione della chiesa cattolica (che pur non ha esitato in ogni epoca ad adattare il suo messaggio al fine che via via si prefiggeva), ma il punto è che da un po' s'è deciso di incanalarsi nel correntone del pacifismo politicamente corretto e progressista, tanto che non si distingue più un papa da uno Scalfari. Se penso al povero Giuliano Ferrara che continuamente tenta di gettare benzina sul fuoco mentre quello prontamente glielo spegne come fosse un Canadair... ci vorrebbe un Goffredo di Buglione, un Pietro l'Eremita (Deus lo volt!), una lega di cattolici, ortodossi e protestanti col sangue agli occhi sotto la guida illuminata dello Zar Putin e invece qui giocano a fare i Gandhi, manco fosse l'ultima incarnazione di Gesù Cristo (farsi prestare i santi dalle altre confessioni, è tutto sottosopra).

giovedì 11 settembre 2014

Vedo la gente morta

E di nuovo l'angoscia, questa tortura infinita che pare connaturata al mio essere come una categoria a priori dello spirito, la più subdola delle menomazioni che sembra ideata apposta per tormentarmi. Sarebbe troppo chiamarla depressione, sarebbe concederle un titolo onorifico, è più una malinconia a lento rilascio con picchi di sfolgorante sgomento. Vedo la gente morta. Cioè, io la vedo camminare dall'alto di questo incommensurabile balcone - non è stata una buona idea - tutta presa dalla propria vita e dai propri imprescindibili bisogni, proprio come fossero qualcosa, e invece sono niente, niente di più che piccole gambe e braccia e testoline che tra qualche anno non saranno più e il loro passaggio su questa terra assolutamente inutile, come fuochi accesi da imprevedibili lampi che continuamente si spengono sotto il nubifragio di un tempo senza fine (puro lirismo, intendevo dire la caducità della vita al cospetto dell'ineluttabilità della morte). E pensare che credevo di essere pronto per un casa al terzo piano.

mercoledì 10 settembre 2014

Oikeiosis

Un extrasistole che ti mozza il respiro e per un attimo pare proprio che sia giunta la tua ora, l'essere fin lì assopito si ridesta in una frazione di secondo e urla al mondo tutta la sua volontà di vivere. Non siamo nemmeno padroni dei nostri processi fisiologici, dal battito delle ciglia a quello del cuore, ma una volta fatta l'abitudine a simili automatismi pensiamo di fare cosa buona e giusta nel cogliere in quelli i segni di una naturale predestinazione alla vita e più in generale alla longevità. I sensi ci conducono, il sensorium ci domina come adolescenti in balia della foia chimica, è così forte l'abitudine a vivere che ci si dimentica volentieri di morire, una trappola quasi perfetta.

Rompicapo per realisti

«In modo analogo, quando urtiamo con l'alluce contro qualcosa, sentiamo dolore nell'alluce. Ma il dolore non è realmente nell'alluce. E' in effetti un processo neurofisiologico che avviene in qualche luogo del nostro cervello. Come può allora il cervello essere in grado di prendere la moltitudine di processi neurofisiologici che si manifestano a noi come esperienza, che sono tutti interni, e ingannarci facendoci credere che alcuni siano interni e altri si trovino al di là dei confini della nostra materia grigia?».

martedì 9 settembre 2014

E' una guerra di religione? L'impressione è che il nemico sia il cristiano come lo sciita, l'ebreo come lo yazida, dipende da chi si trovano sotto mano e che il vero bersaglio e la madre di tutte le battaglie sia quella da condurre contro la modernità, contro i laici e i senza dio dell'occidente corrotto, e allora non vedo perché chiamarla guerra di religione. Per loro sarà pure jihād ma l'ostacolo più grande che si troveranno ad occidente non sarà tanto una confessione religiosa per la verità oramai molto blanda e la cui autorità morale e politica va via via scemando, quanto la laicità, cioè l'uomo che si è fatto dio e che domina il mondo non già in forza della sua fede nel Signore ma in forza della sua fede nella razionalità scientifica, la quale, pur essendo occasionalmente oggetto di devozione, pensa di sottrarsi all'errore della fede tanto più nega che dietro alla natura si nasconda un demiurgo. Ed ecco spalancarsi il mondo all'orrore di una morte senza senso che non sia naturale, per di più per mano del fanatismo. Si spera che il terrore della morte vinca ancora una volta la devozione morbosa per il dio, ma appunto è solo una speranza (piscia fuori dal vaso Ferrara se pensa di sfruttare le legioni cristiane, sotto sotto le più scalmanate hanno più cose in comune col nemico che intendono combattere che con la modernità).

domenica 7 settembre 2014

Yo tengo la camisa blanca

Porque blanca tengo el alma. Non è solo il Renzi, pare che la camicia bianca sia un vezzo ormai diffuso fra chi vuole darsi una allure di rinnovatore il più candido e immacolato, rigorosamente sciancrata per nascondere la panzé, che non è la viola del penziero. Starebbe a dire "io ti sto davanti con semplicità, senza infingimenti", ma appunto perché il re è nudo ne traspare tutta la vacuità. Da quelle poi in cui traspare il rosa pallido della pelle un po' sudaticcia non può che scaturire il ricordo di certe canotte a rete di Fassbinder, che a mettersi una bella camicia bianca ne avrebbe guadagnato in celebrità e invece di Querelle de Brest avrebbe forse girato un più elegiaco Louveteaux de Christ. Misoneist of the world united.

Rock the Casbah

Meglio gli sciiti dei sunniti, dunque, ma è un discorso di realpolitik, che il più sano ha comunque la rogna. Chiaro poi che per rafforzare l'identità culturale dell'occidentale in ambascia torna utile riesumare pure il cristianesimo, che se non fosse per l'islam e per i froci a quest'ora si sarebbe ridotto a puro dato folkloristico o a speranza di ultima istanza in punto di morte (perlopiù si vive da rudi materialisti ma poi si muore da pecorelle smarrite). Dunque, per chi non riesce a sublimare del tutto le proprie pulsioni agonistiche su un piano puramente sportivo si apre questo nuovo palcoscenico, un torneo fra confessioni ma a livello globale, meglio della Champions League, mi schiero con l'occidente ma su posizioni schopenhaueriane.

mercoledì 3 settembre 2014

In morte del postmoderno

Sembra suggerire che vi siano forze esterne che ci costringono alla vita, benché sia colui il quale ha trasmesso il suo ateismo nientemeno che a Federico Nietzsche in persona. Così, fra una rilettura e l'altra dei miei amati Maigret, ho riscoperto il piacere di Schopenhauer, che mi appare oggi come il più amichevole fra gli amici di penna assentatisi dal luminoso cerchio dell'apparire, quasi fosse Parerga e Paralipomena il più interessante dei blog che si possono ancora trovare su internet. Il tema del senso della morte rimane sempre centrale, a maggior ragione oggi che fra l'avanzata dei Califfati e le impreviste recrudescenze di una guerra fredda che sembrava ormai morta e sepolta, il mondo pare riallontanarsi da quella numinosa fiducia nel progresso che si intendeva acquisito e che aveva colto l'umanità in prossimità dell'anno duemila. E' tipico dei contemporanei di ogni epoca sentirsi all'apice del divenire storico, il top in fatto di avanguardia, si capisce dunque bene lo sconcerto che coglie i medesimi quando il mondo pare andare a scatafascio e il baratro imprevedibilmente s'affaccia all'orizzonte, quasi ci si senta defraudati della proprio diritto alla vita (diritto che invero non esiste o esiste solamente nella misura in cui si vuole che esista). Il postmoderno, con le sue utopie multiculturaliste e le sue interminabili disquisizioni sulla liberazione del desiderio può benissimo passare a miglior vita, abbiamo altro a cui pensare.

lunedì 1 settembre 2014

E in effetti stasera ho un gran conatus, ho mangiato pesante, c'è il vento che scuote le finestre, sottili come carta velina e trema tutta la casa, non si sa se più per il vento o per le corriere. Per strada strepitano viventi, se li portasse via il vento, un bacile di pece nera li sotterrasse fino al collo. Dormirò male, lo sento, ho giusto uno spiffero che mi gela la spalla, sarebbe più confortevole dormire in una stalla ma non si parla mai di classe energetica nella Bibbia e io ora non so se faccio bene o male a desiderare la classe d'altri.

Houdini

Ho visto la volontà di vivere, la Wille zum Leben, l'ho vista in quel tratto comune a tutti gli esseri viventi che è il conatus, lo sforzo di mantenersi nel proprio essere nonostante tutto, nel terrore di vederselo annientare. Perché la volontà è sempre uguale a se stessa, attraversa le generazioni e se ne serve, è quel fatto oscuro eppure originario, lo si intuisce ma non lo si afferra, lo si vede ma non lo si guarda, perché a guardarlo negli occhi il cuore si spaura. L'ho vista pure nella carta igienica in offerta al Carrefour perché al corpo non si sfugge fintanto che si è vivi.