lunedì 30 giugno 2014

Abitare la verità

Per spiegare quel tal assunto filosofico che recita "siamo da sempre nella verità", assunto che a più potrà sembrare una delle tante stramberie della filosofia o al limite un cascame di terz'ordine della poesia, m'è tornato utile fare l'esempio di Newton (quando vuoi darti un tono recuperando quel credito che non volevano concederti in veste di filosofo affidati all'esempio scientifico, ci cascheranno come babbei). Newton aveva formulato questa elegantissima legge della gravitazione universale e il colpo di teatro fu tale che per un po' tutti ne rimasero abbacinati, compreso Kant (i maligni diranno che ci voleva poco). Le leggi di Newton parevano le più universali del mondo, la Weltanschauung definitiva e inoltrepassabile, in altre parole, la Verità. Ma poi arrivò Einstein è stravolse tutto, tenne buoni i calcoli ma riplasmò lo spazio e il tempo sulla geometria gaussiana. Se qualcuno avesse detto a Newton che lo spazio s'incurva e il tempo rallenta quantomeno si sarebbe messo a ridere. Ma il tempo e lo spazio si incurvavano anche al tempo di Newton, pur non essendone a conoscenza, Newton abitava già la teoria della relatività generale. E un domani? Un domani forse anche la relatività generale cambierà forma per fondersi con la teoria dei quanti e dare vita a una nuova teoria che a conti fatti abitiamo già, non è stupefacente? Una sorta di cosa in sé che ci determina anche se non ne siamo ancora al corrente.

Né a Cesare, né a Dio

Cercate di capirmi: Dio no, il papa nemmeno, dovrei forse affidarmi alla scienza come fanno certi sacerdoti laici che si danno a Darwin per fare un dispetto ad Agostino, fiduciosi nel progresso che manco Comte con la sua chiesa positivista... non mi riesce nemmeno quello. Anzi, la scienza mi sconcerta, una natura cieca e sorda mi aspetta al varco, triste mietitrice inesorabile assassina dell'umanità. Ma quale consolazione? C'è solo questa vita, non c'è nient'altro: grazie tante per avermi liberato dalla superstizione (ma va a cagare, và).

Cupio dissolvi

Una storiella che la dice lunga sull'attuale consistenza della sinistra italiana: Pippo Civati è deluso, è rimasto deluso dal compagno Mujica, il presidente tupamaros. Che avrà mai detto Mujica di così grave, l'ultimo mito spendibile dopo Chavez e il subcomandante Marcos? Riferendosi alla lunga squalifica inflitta al Pistolero, eroe nazionale dell'Uruguay al pari di Artigas, Mujica si è rivolto alla FIFA apostrofandola come "una banda di vecchi figli di puttana". Nessuno avrebbe nulla da ridire, senonché Pippo è sicuro: quando c'è di mezzo il calcio anche i più insospettabili rincoglioniscono... Almeno un tempo lo strappo si giocava sulla Primavera di Praga, oggi pare che i comunisti si tolgano il saluto per molto meno (asfissia da massimalismo).

La spartizione

Questo papa è anche divertente: i comunisti ci hanno rubato la bandiera dei poveri, il tema della povertà è cristiano, prima di voi c'eravamo noi. Questo è vero, quindi datevi da fare e date il colpo di grazia all'asino morente. Questo rivendicare il copyright sui poveri e i derelitti, serbatoio infinito di dolorismo, rientra perfettamente nella critica mossa da Nietzsche al cristianesimo tanto da risultare quasi caricaturale. Del resto a mali estremi, estremi rimedi, anche a costo di passare un poco per ridicoli, tutto fa brodo pur di riguadagnar terreno. Dunque tutta questa lunga diatriba fra cattolici e comunisti si riduceva alla fin fine a una questione di appropriazione indebita, di invasione di campo, e noi fessi che scomodavamo la teologia! A volte ci si perde proprio in un bicchier d'acqua.

domenica 29 giugno 2014

La sequenza di Fibonacci

Sapersi mantenere all'altezza della spiegazione scientifica del mondo e cioè che siamo come conigli che escono dal cilindro, si affacciano per un poco sulla ribalta e poi vengono ricacciati giù a forza dall'inesorabile lunga mano della Natura, per sempre e senza possibilità di replica. Un'enorme quantità di conigli preme dietro le quinte in attesa del suo quarto d'ora di celebrità, tutti i conigli in scena non possono darsi, lo spazio è quello che è, per cui ringraziamo la Natura per averci dato la possibilità di questo passaggio e chi protesta è un ingrato. I morti faranno spazio ai viventi, i morenti ai viventi, nell'intervallo si copula per ammazzare il tempo o per rimpolpare la conigliata. Di questa insensatezza Leopardi si era fatto carico e come lui Schopenhauer, le anime belle li tacciarono di malinconia, che non intralciassero la liturgia del carpe diem (in tutto questo Nietzsche vero filosofo del Viagra, turgido ma per autosuggestione e psicosi, il volere che tutto ritorni: bastasse la volontà!).
Oggi vorrei ricordare il compleanno di Giacomo Leopardi, un uomo per cui provo un affetto e una tenerezza più che parentale e cioè proprio un trasporto umano fuori dal comune. E' da un po' di tempo a questa parte che il 29 giugno alzo metaforicamente un calice al cielo illudendomi che sia proprio lì la sede del residuo permanente dei mortali, in una sorta di rudimentale mappatura dell'ignoto ("piuttosto che nessuna spiegazione meglio una qualsiasi spiegazione"). Per cui non preoccuparti, Giacomo, qui sulla terra c'è ancora qualcuno che ti vuol bene.

sabato 28 giugno 2014

(Internet, 1870)

Se è vero che il vero è l'intero (e penso che sia vero) all'attualità della politica andrebbe tolta molta della sua risonanza. Guardare i fatti sempre da una certa distanza altrimenti si rischia di fare la fine di Achille Occhetto, che nel '68, in pieno fermento studentesco, era sicuro che di lì a poco la rivoluzione comunista, equiparata tout court alla rivolta giovanile, avrebbe travolto come un fiume in piena l'intero pianeta, dagli Appennini alle Ande, dagli Stati Uniti al Giappone (certo Occhetto non verrà ricordato per la lungimiranza, anzi, l'oblio lo colse come la più giusta delle punizioni divine). Così oggi mi pare eccessivamente entusiastica e perciò fin troppo ideologica questa apologetica di internet come strumento di democrazia diretta e quindi soluzione di tutti i mali, fra qualche decennio ci apparirà per quello che è, parimenti al televideo e allo stock ticker di Thomas Alva Edison.

Se si vuole poi essere impietosi, interessante andare a scovare negli archivi digitali (Youtube, 2014), frammenti e testimonianze di un passato prossimo che pur essendo così vicino ci appare fin troppo lontano, non senza qualche sorpresa, come questa proposta di Rifondazione Comunista del 1992 (al minuto 1:38), del tutto in linea con l'attualità più attuale (anzi, forse ancora più oltre).

"Ci battiamo per la proporzionale, per una sola camera con metà parlamentari".

giovedì 26 giugno 2014

Di nuovo ho avuto una discussione. A proposito della decrescita felice e di tutte le etiche della parsimonia, come si può costringere l'uomo a mollare la sua presa sulle cose? Ci ha messo una vita a diventare quello che è, è come dire a Prometeo di spegnere il fuoco. Un conto se tutti i fuochi del mondo non si potessero più accendere, un altro se il fuoco fosse ancora nelle sue disponibilità. Spogliarsi di comode calzature per ritrovare la gioia di camminare a piedi nudi, e chi non è del parere? Occorre creare un'egemonia culturale, dicono, ritornare a Diogene. Certo, ma finché non gli si gelano i piedi! (a Diogene daremo un paio di scarpe, ma non troppo imbottite che poi mi diventa un capitalista).

mercoledì 25 giugno 2014

 "Sarebbe un guaio se io volessi andare a parare da qualche parte, perché proprio in questione è la volontà. Loro credono appunto che la volontà riesca a risolvere i problemi del mondo, che dandosi un po' da fare questi problemi si risolvono..."

Si sta creando un certo hype ("to promote intensively, often exaggerating the importance or benefits") attorno alle riforme, sono l'hot topic del momento se escludiamo Balotelli. La scena è tutta per loro, le riforme non sono state mai così cool, merito di Renzi. Renzi ha questa capacità innata di resuscitare i morti e creare entusiasmo anche là dove prima c'erano solo macerie, Renzi trasforma case di riposo in lanciatissime factories e lo fa con il suo stile diretto e informale che piace tanto alla gente. Potremmo anzi approfittare dell'eliminazione mondiale per far cadere l'ultimo alibi, quello dell'Italia pallonara, una vittoria avrebbe avuto l'effetto dell'anestetico e invece no, ora siamo di fronte ai problemi reali, è la partita delle riforme che dobbiamo vincere. Senonché io non credo in niente, perché vedo queste soluzioni essere figlie del proprio tempo e vedo quanto il tempo si lasci fuggire e quello che oggi è ammantato dell'aurea dell'essenzialità domani sarà un nulla e gli uomini del futuro stenteranno a comprendere le ragioni di tale urgenza imbalsamata come sarà dentro il sarcofago della storia (non sto qui a ripassarvi la lezione del nulla che in realtà siamo, viventi un'irrisorietà e di quanta vana importanza diamo all'essere vivi e quanta poca ne avremo quando saremo morti, non sto qui a ripassarvela perché dopo un poco stufa). Si viene al mondo e una volta venuti al mondo occorre pure credersi significativi, noi e il paesaggio che abitiamo, in realtà è solo fiato sprecato (esaurirci è la nostra mission).

martedì 24 giugno 2014

Povera patria, la situazione è talmente grave che dopo le dimissioni di Abete e Prandelli ci si aspetterebbero anche quelle di Renzi e invece pensa al semestre europeo, quello, e dell'arbitraggio se ne fotte.

lunedì 23 giugno 2014

E' il tempo dell'ammorbidimento per il movimento cinque stelle, non più cagnacci incazzati con il mondo, non più ariani e difensori della purezza della razza politica ma seri uomini delle istituzioni più inclini al negoziato, gente sulla quale si potrebbe anche contare (più rassicuranti, meno naïf). Una finta, una strategia del momento? Poco importa, guariti dalla loro isteria sono anche più presentabili. Protestano, ora, perché non li hanno aspettati, hanno deciso le riforme senza di loro. Fessi sono stati a pensare di sbancare il banco, persi in un massimalismo che nemmeno ai tempi della rivoluzione d'ottobre, colpa delle guapperie di Grillo. Meno ingenuità, meno frenesia ideologica e potrei anche farmene una diversa opinione (è interessante notare questa reciproca contaminazione fra un PD che tenta di svecchiarsi e un M5S che cerca invece di giungere a maturazione).

Il vecchio repertorio

La casistica, ovvero quella branca della teologia morale che si occupa di districare i casi di coscienza (prendo da Wikipedia) e cioè le situazioni in cui si viene a creare un conflitto fra la coscienza e la legge morale universale. Più precisamente, durante il medioevo si venne a creare tutta una casistica di casi particolari che andavano per così dire a depotenziare una particolare colpa e un particolare peccato in relazione ai singoli atti commessi dal peccatore, finendo per far pendere sul capo di chi si mise a codificare la disciplina l'accusa di lassismo morale. E secondo voi chi potevano essere, in seno alla chiesa, i più lassisti di tutti? Ma i gesuiti, ça va sans dire (devo ringraziare Pascal). Per cui ancora oggi nelle accuse che muovono a quel rivoluzionario del Bergoglio (sia detto con ironia) gli ambienti più tradizionalisti del mondo cattolico (polemica fasulla) giunge l'eco di quell'antica diatriba e questo dimostra che se è sempre più difficile trovare la strada nuova a maggior ragione e ancor più difficile abbandonare la strada vecchia, il repertorio è sempre lo stesso (l'hanno capito pure i Rolling Stones).
Son diventate chic anche le favelas, organizzano tour guidati per occidentali in cerca del brivido antropologico e se per caso percorrendo il dedalo di stradine giungessero all'orecchio urla strazianti, niente panico, la consegna è quella di non intervenire, la natura deve fare il suo corso (leopardo uccide gazzella, sicario accoltella informatore). Siccome la gente si è abituata a vivere nelle favelas chi siamo noi per costringerli alla cattività magari prelevandoli da Rio de Janeiro per deportarli in qualche sperduto agglomerato urbano del Mato Grosso? Anche in via Gluck rimpiangevano l'erba (chiuderli dentro, bruciare tutto e spianarli con una bomba atomica, questa l'ho sentita sul bus).

domenica 22 giugno 2014

 

A vederle così, le due vestali, parrebbe un'eresia se non proprio scortesia muovere dei rilievi, più facile sarebbe stato prendersela con delle vecchie carampane, ma con Maria Elena e Marianna, la quale, sciolta la rinascimental chioma, parrebbe proprio Lorelei dal canto soave che nasconde alla vista gli scogli, proprio non si può (un quadretto pre-raffaellita o un promo della L'Oréal, passerebbe inosservata la restaurazione della monarchia).
Qualcuno dice: presto non avremo più parlamentari eletti dal popolo, calcando la mano sull'assenza del voto di preferenza nella neonata bozza di riforma elettorale. Giustissimo, soprattutto per chi vuole intendere che la democrazia sia davvero questa tecnica di governo per cui l'elettore sceglie i suoi candidati, per così dire, ad personam e in cui la volontà individuale si eleva per via direttissima ad interesse generale come trasportata da una corrente a getto. Ma, come saprete, io penso che sia comunque un bene capire che cos'è la democrazia anche a costo di rendersi conto che è molto meno di quanto si pensi. La democrazia è un umore, un sentimento generale, un costrutto culturale a cui un certo bisogno di sentirsi liberi fa appello per confermare il proprio orizzonte di senso, è una traslazione psicologica di un bisogno individuale sul piano politico-sociale, non voglio dire che sia una nevrosi, diciamo una suggestione. Per cui benissimo lottare per l'introduzione delle preferenze, lo farei anch'io qualora decidessi di vestire i panni del paladino della democrazia, sarebbe la cosa più coerente da fare. E intanto penso, altro vecchio cavallo di battaglia, a quel cinese che vede oggi crescere il suo benessere anche in assenza di democrazia e al quale il governo cinese, forte del suo millenario pragmatismo, potrebbe anche finire per concedergliela qualora ne sentisse un giorno il bisogno impellente dandogli l'illusione di contare qualcosa, tanto per scimmiottare l'occidente (del resto copiano le Aston Martin, perché non la democrazia? La Russia lo ha già fatto).

sabato 21 giugno 2014

La bonifica delle paludi pontine, ironicamente è questo a cui si riduce la ricetta di sempre della sinistra che più si vuole dire di sinistra per uscire dalla crisi, grandi opere pubbliche di interesse generale con redistribuzione automatica della ricchezza e conseguente connotazione etica del lavoro (credo si riferissero a questo quando scrissero "l'Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro"). Per cui si ha questo grande affresco: il quarto stato tutto impegnato a spostare pietruzze e a spianare strade nell'arsura e nel polverone generale per il bene e per la sempiterna gloria dell'umanità. Senonché le grandi opere oggi comportano capacità tecniche talmente specifiche che il sogno umanista e comunitario del kibbutz globale si riduce per forza di cose alla perizia d'esecuzione del mansionario tecnico. E qui ritorna il tema dell'apparato tecnico sfuggito al controllo e cioè questo potente esoscheletro che nato per potenziarci ci ha oramai irrimediabilmente infiacchiti tanto da prevalere sulla dimensione umana. Risulta quindi evidente quanto difficile sia per l'uomo rinunciare alla sua conquistata potenza per ritornare a un fantomatico stato di natura in cui sia ristabilito l'equilibrio fra se e il resto del creato, anzi, l'uomo è per sua stessa natura lo stesso squilibrio ed è per questo che risulta sempre più vano ogni tentativo di addomesticarlo.

venerdì 20 giugno 2014

Renzi è un vero centro di gravità, attrae qualsiasi cosa attorno a se con un'intensità direttamente proporzionale al prodotto delle masse e inversamente proporzionale al quadrato delle distanze. Ad esempio c'era questo Migliore, un piccolo asteroide, un detrito alla deriva... preso! Ma si sa, qualcosa scappa anche ai buchi neri, se non altro per effetto della fluttuazione dei campi quantistici in prossimità dell'orizzonte degli eventi (radiazione di Bekenstein-Hawking). Per cui per un Migliore che arriva un Mineo che se ne va, questo per l'effetto della legge di conservazione dell'energia (fra l'altro non solo i buchi neri ma anche i 40.8% sono destinati col tempo ad evaporare).

mercoledì 18 giugno 2014

A pensare troppo si finisce per non agire più, o si fa filosofia o si fa la legge elettorale. Piuttosto in tutto questo parlare e prodigarsi di proposte finirà come al solito che la sostanza del provvedimento verrà celata dal bailamme che tutto confonde e tutto scompiglia, per cui ne uscirà la solita inservibile ciofeca. Ribadisco, non è tanto la cornice del teatrino quanto la qualità degli attori che rende pessimo lo spettacolo. Noi qui dobbiamo trovare le leggi che più si adattano allo spirito italiano, come se fosse compito del legislatore trovare il modo di fare fesse le cattive abitudini del popolo, sciatto per sua inemendabile costituzione. Trovare il modo di cavare il giusto dal guasto, come il sangue dalle rape: non bisogna essere troppo schizzinosi.

martedì 17 giugno 2014

Delle fiammelle, che come nascono presto si spengono. Ho avuto questa visione, sempre nell'ambito della più generale crisi depressiva, quest'opera in più volumi che sto portando avanti da una vita (infinite jest): consideravo il tempo come un'unità arbitraria e quindi l'intera vita di un individuo, dalla nascita alla morte, racchiusa in poco più di mezzo secondo. Così mi apparivano le vite degli uomini: un brulichio di fiammelle che apparivano e scomparivano con la frenesia delle gocce di pioggia sul selciato. Cos'è dunque che ci lascia credere di essere speciali? La dilatazione temporale, nulla di eccezionale.
Questo affannarsi a trovare la forma ideale di legge elettorale che più conviene alla nazione mi pare un inutile dispendio di energie, come cercare il pettine più adatto per chi non tiene capelli. Cerchiamo il sistema elettorale che più garantisce la stabilità politica? Nemmeno ad adottare il sistema tedesco l'Italia potrebbe acquisire per transitività la stabilità tedesca, non è questione formale (per dire che la stabilità avrà pure bisogno di contenuti, serve a poco se fine a stessa).

lunedì 16 giugno 2014

Al progressivo sviluppo della tecnica corrisponde il diametrale aumento dell'inquietudine per le sorti dell'umanità, è la grande vicenda dell'umanesimo morente che lotta per la sopravvivenza. Ovunque l'umanesimo cede alla tecnica, come un braccio meccanico inizialmente progettato per potenziare il muscolo ma che ne diventa alla fine il padrone riducendolo di fatto all'atrofia. Per esempio l'economista e banchiere Jacques Attali vorrebbe un'economia dal volto umano in grado di garantire un futuro alle nuove generazioni, Letizia Moratti si spende in grandi elogi: «un’economia che si basa su valori come altruismo, fiducia, solidarietà, partecipazione, amore per la natura» (pare di sentire Vendola a San Patrignano). «Con l’economia positiva cerchiamo di guardare a lungo termine e lasciare invece un mondo migliore - ha concluso Attali - dall’economia positiva si passerà alla società positiva» (qualsiasi cosa voglia dire). Pare dunque che anche il capitalismo stia sviluppando una sua coscienza, il capitalismo sostenibile dal volto umano, quello che non naviga a vista consumando ciecamente il consumabile ma progetta a lungo termine per il bene dell'umanità. Non so se essere scettico o meno, mi limito a prenderne atto. E come si spendeva l'Attali per perorare la causa della democrazia, ultimo baluardo dell'umanesimo, ancora di salvezza (dopo la democrazia il diluvio). E' la democrazia a servirsi della tecnica (nel caso specifico dell'economia) o viceversa è la tecnica a determinare le vicende della democrazia? Ma la cosa interessante ascoltando Attali era questa distinzione fra la dimensione globale dell'economia e quella locale della democrazia, da questa sproporzione, secondo l'economista francese, scaturirebbero tutti i mali del mondo (da cui l'auspicio di una democrazia globale). Dominare l'economia e renderla docile, addomesticata e servile. Grandi speranze.

domenica 15 giugno 2014

E' così difficile dire di no alla Spinelli?

Sarà che non so quasi nulla di Barbara Spinelli e quindi mi sento immune da qualsiasi timore reverenziale che dovrei avere nei suoi confronti (del resto non mi sentirei di averne anche nei confronti di Ovadia, pur conoscendolo meglio), ma non ho capito perché si dovrebbe rispettare la sua scelta di essersi rimangiata la parola. Le si dice gentilmente ma fermamente che in politica la parola data è tutto (qualora si creda che sia così e mi pare che l'area politica a cui fa riferimento ci creda) e finita lì. Spinelli, Furfaro o Tafazzi è la stessa cosa o forse dovremmo rimpiangere anche la scelta di Ovadia di privarci del suo imprescindibile contributo? Aldilà di una giustissima lotta all'antisemitismo cosa avremmo potuto aspettarci da Ovadia, lo stanziamento di fondi europei per la sopravvivenza del teatro kasher? Ovadia almeno è stato coerente e questo gli fa onore all'interno di un'etica per cui l'onore è tutto e qualifica automaticamente anche il valore di una persona, punto.

sabato 14 giugno 2014

Lo stereotipo dell'italianità ce l'ho proprio qui sopra la testa, napoletani più tipici, roba da macchietta, non ne potevo trovare. Pare si siano organizzati in centurie per seguire la partita dell'Italia, le donne cantano pure a squarciagola, robaccia neomelodica propedeutica al trionfo, e i figli le seguono a ruota. Dovrò tenere a bada la mia settentrionalità stanotte altrimenti rischio di fare la fine di Mineo (la mia regione preferita del sud è la contea svedese di Norrbotten).
Va bene riprendersi il brand, rinserrare le fila dei nostalgici e ridarsi un'identità di genere, ma sia chiaro che rivogliamo il risotto con le salamelle e lo stracotto d'asina. Negli anni '80, giù in pianura, la festa dell'Unità la facevamo davanti alla chiesa, si era all'inizio della fase declinante delle ideologie ma ancora non ce ne rendevamo conto (otto anni avevo), c'era il lambrusco di Sorbara con la sua spuma rosa e lunghe tavolate di comunisti, tutti carnivori senza un'ombra di senso di colpa, dopo mangiato coppiette di anziani si mettevano a ballare il liscio. Si era comunisti essenzialmente per contrastare la prepotenza, quella era la dimensione ideologica, negri non ce n'erano ma quei pochi alloggiavano presso le strutture della parrocchia (con il tacito consenso dei rossi), i meridionali votavano Dc. Il sogno di mio nonno era che suonassi la fisarmonica, Pink Floyd e Castellina-Pasi suonavano le Fender.

Il miglior sistema di welfare universale nonché suo principale presupposto è un'economia in salute, questo ancora la sinistra pare non l'abbia capito. Per uscire dalle paludi e dall'intristimento infinito in cui s'è cacciata bisognerebbe che capisse una volta per tutte che la ricchezza conviene a tutti e che l'impresa non è il luogo delle disuguaglianze ma il luogo dell'opportunità. Voler fare la guerra al capitale non porta da nessuna parte, meglio vivere in un'economia sana in cui ci siano più possibilità di scelte lavorative, meno disoccupazione e così anche più possibilità di attingere eventualmente ai sussidi (è infatti noto che è meglio dividere in pochi piuttosto che in molti). Da dove deve scaturire il lavoro? Il sindacato, e con lui molta parte dell'inconscio collettivo di sinistra, ha una visione tutta sua del buon imprenditore e cioè una specie di impiegato statale che distribuisce il lavoro come rispondendo a una sorta di obbligo morale che contrae nei confronti della società. L'imprenditore invece non è che ha il dovere morale di produrre ricchezza magari per ridistribuirla equamente fra i tutti suoi dipendenti, dal dirigente all'uomo delle pulizie, l'imprenditore produce ricchezza perché quella è la condizione stessa della sua esistenza. Più la sinistra si libererà dal timore della ricchezza (e d'altronde, quale miglior occasione di diseguaglianza se non nella crisi economica permanente?) più raccoglierà consensi (è un problema di impostazione).

venerdì 13 giugno 2014

Ovviamente a Mineo preferisco Renzi, anzi, in tal senso Renzi è pure troppo poco.

L'essere politico

E' l'uomo per natura un essere sociale, come riteneva Aristotele (da non confondere con “socievole”, mi raccomando)? Io penso che per natura, e qui si intende “prima di tutto”, l'uomo nasca individuo e poi sia costretto dalle circostanze a farsi sociale (e casomai socievole). Questo perché talvolta, nei discorsi che si vogliono dare un tono, si pensa di poter giustificare la necessità dell'impegno politico facendo leva su quel concetto aristotelico il quale, nel discorso corrente, non sembra indicare alcuna verità definitiva e originaria ma piuttosto un'opinione come tante. Per cui, smitizzando alquanto la questione, la politica riguarderebbe più la necessità che la virtù, perché da individui ci troviamo calati dentro una dimensione che ci costringe, nel bene o nel male, ad essere politici e cioè a darci un senso relativamente alla dimensione sociale, che talvolta ci abbraccia, talvolta ci stritola. Essenzialmente la mia passione politica è una forma di difesa dalla politica, il bene comune eventualmente viene dopo, prima viene il personale istinto di sopravvivenza.

Le fatiche della felicità

Pensieri dell'insonnia, prima del temporale: poniamo il caso che la felicità non sia tanto qualcosa da raggiungere quanto piuttosto qualcosa da cui si viene raggiunti. Quante volte disponiamo tutto l'occorrente per essere felici, imbandiamo la tavola, e quasi ci sentiamo defraudati se la felicità non si presenta all'appuntamento, per non parlare degli impiegati della felicità o dei professionisti dello sballo, gente che della felicità ha fatto uno standard e per riconoscerla ha bisogno di consustanziarla nel possesso di una cosa o in un mojito o in qualche altra diavoleria psicotropa. Certamente una certa serenità d'animo è propedeutica alla felicità, l'inquietudine non giova, ma insomma questa ossessione per la felicità, molto tipica della contemporaneità, la quale propone questo tipo di uomo liberato da tutti gli ostacoli che un tempo non la rendevano possibile, finisce inevitabilmente per tramutarsi in nevrosi qualora ci si ritrovi, nonostante tutto, infelici (condizione fra le più comuni). Come già detto, senso di colpa e sentimento di inadeguatezza rispetto a un senso del mondo oramai dominante, il non sentirsi all'altezza del compito, il non sentirsi all'altezza della modernità. La ricerca della felicità da liberazione a coercizione. Vedrei invece la felicità come un epifenomeno della serenità (assenza di inquietudine), la quale predisporrebbe quel terreno fertile sopra il quale, del tutto imprevedibilmente, la felicità sboccerebbe e si farebbe largo senza alcuna fatica (e d'altronde, s'è visto mai un filosofo andare dallo psicanalista?).

mercoledì 11 giugno 2014

In Iraq i ribelli jihadisti si stanno riprendendo il paese nella generale indifferenza della comunità internazionale. S'è provato ad esportare la democrazia, non ha attecchito ed ora i barbari irrompono dal limes e saccheggiano gli scaffali del supermercato abbandonato da tempo al suo destino. Se penso a tutta l'ideologia che è stata spesa a suo tempo per giustificare l'esportazione della democrazia, proprio da coloro i quali predicavano la fine della storia e di tutte le ideologie, mi verrebbe da dire che il tempo è galantuomo (ci sarebbero ancora le condizioni, oggi, per titillare l'immaginazione di neo-neocons folgorati sulla via della regime change? Forse nemmeno in Crimea, figuriamoci oltre).

domenica 8 giugno 2014

L'idea fondamentale che muove ancora un discreto numero di persone è che esista una proposta politica più vera delle altre perché conforme a un'idea della realtà più vera delle altre. Senza cadere in eccessi di relativismo (non è relativa infatti la dimensione politica e cioè l'arena all'interno della quale ci si scontra), appare evidente che la proposta politica non può che essere storicamente situata e cioè mutevole al mutare delle condizioni e che "idea vera della realtà" risulti oggi più che mai un concetto inconsistente. Ma questo indebolimento della verità è il frutto di una moda, di un capriccio passeggero, oppure è irreversibile? Quello che si può dire è che l'indebolimento della verità va di pari passo con l'idea che la verità più valida sia quella più utile ed è utile in questo momento darci una qualsiasi spiegazione della crisi economica e sociale (meglio una qualsiasi spiegazione che nessuna spiegazione). Poniamo come vera la cospirazione plutocratica, come se vi fosse una reale intenzione sadica nel banchiere, un piano ben congeniato di sfruttamento ai danni della popolazione civile allo scopo di godersi comodamente lo spettacolo, come se le banche trattenessero i soldi per semplice avarizia e non già in ossequio a certi meccanismi finanziari (l'epopea di Mr. Scrooge), l'epoca della ricchezza peccaminosa e della povertà virtuosa (il povero deve votare ipso facto per il partito della rivolta e se non lo fa è perché è stato subdolamente traviato dai suoi padroni). Per avere una visione d'insieme sarebbe quantomeno utile proporsi di cogliere le sfumature egotistiche dietro la facciata delle intenzioni altruistiche.
Caro Gesù, invece di far morire le persone e di farne di nuove, perché non tieni quelle che hai già?

Marcello
Dicevo, la nostra vita pare non valga più di quella del moscerino che campa un giorno e poi crepa, ma il pensiero è insostenibile, occorre distogliere lo sguardo, riempire la vita di fantasmagorie che ci restituiscano un senso e ci elevino, edificare un mausoleo ad imperitura memoria del nostro passaggio, che l'essere dimenticati - o peggio non lasciare alcuna traccia - equivale a non essere mai esistiti. L'umanesimo è appunto questo mausoleo, monumento alla gloria dell'umanità che si guarda allo specchio e vanitosamente, disperatamente, si mette a rimarcare la differenza fra sé e il resto del creato nella speranza di ottenere qualcosa di più della semplice morte.

sabato 7 giugno 2014

 «In Italia infatti la linea più breve tra due punti è l'arabesco»

Si avvicina il Mundial e già nell'aria si sente profumo di revanche, ai ragazzi di Prandelli chiediamo lo scatto d'orgoglio, l'ennesimo, per il popolo più geniale del pianeta costretto però a tirar a campare soffocato com'è dalla stretta mortale dei vincoli di bilancio. Di per se saremmo naturalmente portati alla dolce vita, l'austerità teutonica non ci s'addice ricchissimi come siamo di chiacchiera e di ghirigori, ci venga dunque in soccorso questa prosecuzione della guerra con altri mezzi, Bismarck in braghette contro l'Italia in mutande (compresa di retorica del connazionale all'estero costretto ad emigrare e a campare ma su suolo straniero, come se non fosse proprio quella patria alla quale si rivolge con gli occhi lucidi ad averlo costretto all'emarginazione, mamma son tanto felice perché ritorno da te).

venerdì 6 giugno 2014

Altro passo decisivo verso la serenità: liberarsi dall'obbligo della felicità. Costretto a vivere in case sgarrupate e a lavorare eternamente sospeso sopra un filo non sono quasi mai felice e allora giunto a un certo punto mi sono domandato: sono proprio obbligato ad esserlo? Nessuno me lo prescrive. Da non credere quanto la ricerca della felicità generi infelicità, e sensi di colpa, e soprattutto se siamo obbligati a rendere felici non solo noi stessi, ma pure gli altri. Per cui troppo spesso ci creiamo da soli le nostre gabbie e sempre da soli approntiamo i castighi e le ricompense (quante energie sprecate!).
La questione è fra quelle che mi appassionano: perchè tutto è instabile? Per fare spazio alla nostra libertà. All'aumento indefinito della nostra libertà deve corrispondere una diminuzione indefinita del concetto di limite invalicabile. Ci basterà rincorrere asintoticamente la libertà infinita o arriverà un momento in cui ci si renderà conto che anche questa rincorsa rischia di diventare essa stessa un limite e quindi possa nascere l'esigenza di liberarsi anche della libertà?

giovedì 5 giugno 2014

Radix malorum est cupiditas

Talvolta, mosso da improvvisi sprazzi di lucidità, riesco ad abbracciare l'intera vicenda della mia vita dandole la forma di un lungo incubo persistente, in cui i fatti, gli affetti e i ricordi che in ultima analisi costituiscono la mia peculiare identità si dissolvono rapidi come sottilissime nuvole di fumo e mi ritrovo ad essere quel niente che in realtà sono, un luogo come tanti in cui si affastellano ricordi e nulla più. Diamo fin troppa importanza agli affetti in quanto marcatori della nostra identità, considerando come casi speciali l'abitudine a chiamare qualcuno "madre", "padre", "figlio" o "sorella" (quando non anche "moglie"!), ma tolto il caso speciale e le pressioni ambientali che ci impongono di riconoscerle come le uniche cose che contano veramente nella vita, di queste figure, dicevo, resta meno di quello che pensiamo. Allo smemorato colpito da amnesia, che ha smarrito la trama dei suoi ricordi e il filo delle sue abitudini, gli si potrà mettere davanti anche la figlia ma questi non saprà distinguerla da una qualsiasi altra infermiera del reparto di psichiatria. In certi lagrimosi film americani allo smemorato in questione la potenza primordiale dell'amore, scolpita nel suo essere come la più in sé delle cose in sé, dischiude le porte della ritrovata lucidità mentale (e vissero tutti felici e contenti). Voi direte: discorso eccessivamente cinico. Mah, diciamo che la mia anafettività galoppa e in fondo al rettilineo, laggiù, oltre l'ultima curva, comincio a intravedere il traguardo e la fioca luce di un nirvana, o qualcosa del genere (non ho più brama alcuna, per questa o altre vite).

martedì 3 giugno 2014



Visto che non voglio figli ero quasi tentato di predermi un gatto come quello di Capezzone, bello, fiero e indipendente, che non guarda ai soldi e in caso di dipartita se la sappia cavare. Eh no, sbagliato preferire ai figli i cani e i gatti, ce lo dice Francesco, Papa Francesco. Chi si sposa e non fa figli volutamente passerà la vecchiaia in solitudine, con l’amarezza della cattiva solitudine (conosco un arzillo vecchietto in casa di riposo dichiarato incapace d'intendere e di volere proprio dai figli al solo scopo di confiscargli la casa). «Ci sono cose che a Gesù non piacciono [non piacciono a Gesù o non piacciono alla ditta?], i matrimoni sterili per scelta, che non vogliono i figli, che vogliono rimanere senza fecondità». Francesco accusa «questa cultura del benessere di dieci anni fa, che ci ha convinto che è meglio non avere i figli, così tu puoi andare a conoscere il mondo, in vacanza, puoi avere una villa in campagna. Così tu stai tranquillo...». Stai sereno, Bergoglio, che la scelta attualmente non è tra i figli e la villa in campagna, attualmente la scelta è tra i figli e un monolocale in affitto (se questa non è frugalità cristiana!). 

I misteri eleusini

L'esilio come figura archetipica della purificazione, Gesù che digiuna nel deserto (neanche uno yogurtino). Dopo venticinque anni di allontanamento dal grande schermo, morto Craxi e resosi innocuo Martelli, in una notte di luna piena del mese di maggio, seduto sotto un albero di fico a gambe incrociate nella posizione del loto, Giuseppe Piero ricevette l'illuminazione: una vasta cospirazione di iniqui signoreggia sull'uomo, in ogni euro è nascosta una microspia, Gaya è un immenso organismo generato da una stampante 3D costruita dal gruppo Bilderberg. Ora, la mia saggezza mi ha saturato fino al disgusto; come l'ape che troppo miele ha raccolto, ho bisogno di mani che si protendano. Primo ostacolo: i pensionati che non vogliono cambiare (revocar loro il bonus sulle dentiere). Placido è il fondo del mio mare: chi potrebbe indovinare che esso nasconde mostri scherzosi! Incrollabile è la mia profondità: ma essa luccica di guizzanti enigmi e risate! (della realtà era stata fatta un'«apparenza»; un mondo completamente inventato, quello di internet, era stato fatto realtà). 

Riferimenti e attinenze: Così parlo Zarathustra, L'Anticristo (critica a Kant).

Meglio non essere

Tra un lavoro e l'altro, fra uno sfratto e l'altro, uno dovrebbe pure trovare la lucidità per tenere assieme i pezzi, per trovare il modo di persistere nella generale impersistenza delle cose (e non mi si venga a parlare di precarietà a 41 anni come un'opportunità). L'apoteosi quando ti chiedono: "e non hai un figlio?". E per trasmettergli cosa? Le mie tare e oltre alle tare anche la povertà? Gli voglio troppo bene per metterlo nei pasticci. (a sentire i socialisti è colpa dei liberisti, a sentire i liberisti dei socialisti: un branco di coglioni).
Che cos'è un esito ragionevole del voto? Per i grillini pare essere lo scenario in cui vincono i buoni. Stavo leggendo del trattamento riservato a Pizzarotti, appena eletto salutato come il sol dell'avvenire, oggi bistrattato da Grillo per non meglio precisate divergenze d'opinioni (pare che il leaderissimo sia permaloso assai, guai a metterlo in discussione, hai visto mai che voglia soffiargli il posto?... Stai sereno, Beppe, quello è troppo perbenino per aizzare le folle, senza l'alto patrocinio dei tuoi vaffanculo non va da nessuna parte). Sul finire dei settanta andava di moda Pippo Franco (Mazzabubù, Il Ribaltone, Scacco Matto): satira, lamentazioni moralistiche, indignazione nazional-popolare, pasquinate e velata nostalgia del ventennio, io credo che non siamo poi così distanti da quell'atmosfera se non fosse per un più marcato sbilanciamento a sinistra (ma la postura è quella). Ritornando a noi, c'è una certa logica puerile dietro le isterie di Grillo, il quale si comporta con Pizzarotti come il padre geloso dei figli, crescere sarebbe opportuno (lo Zarathustra di Nietzsche macinò per anni il suo risentimento chiuso dentro la caverna, la caverna di Grillo fu il suo esilio televisivo: veda di non farcelo scontare ora che è ritornato alla predicazione su vasta scala).

lunedì 2 giugno 2014

Mi verrebbe da pensare che per garantirsi il successo elettorale, oggidì, occorra nascondere quanto più possibile l'ideologia, che c'è (perché c'è sempre), ma quanto più la si nasconde tanto più si risulta pratici e simpatici. Cosicché per vincere un'elezione basta un atteggiamento ben studiato, la forma della praticità e dell'uomo d'azione, un sorriso accattivante o la voce di Obama, per chi ce l'ha. Giusto o sbagliato che sia a questo ci conduce il tardo post-moderno, dove un'ideologia di fondo persiste ma si nasconde e si confonde lasciandosi rubare la scena dai suoi guitti, ma è una strategia ben studiata.

domenica 1 giugno 2014

Non ho più pace, da un po' di tempo a questa parte me ne succedono di tutti i colori. Non so se sono io ad essere troppo debole per affrontare questa infilata di problemi o sono questi problemi ad essere oggettivamente gravosi, fatto sta che trovo sempre più consolante pensare che quel che mi accade non poteva accadere diversamente, questo pensiero mi quieta e mi rende più affrontabili i problemi. Bisogna dire che è una posizione argomentata, non sono il tipo da facili e poco fondati utilitarismi. Ducunt volentem fata, nolentem trahunt. E questa massima mi sembra ancora troppo imbiancata di volontarismo. Se possibile, la penso in modo ancora più radicale (nel senso che nemmeno il decidere se farsi guidare o meno dal fato rientra nelle nostre possibilità).


Affinità e divergenze fra il comico Grillo e il Movimento dell'Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini. Non che sia qualcosa di inedito, il paragone saltava all'occhio. Ad esempio salta all'occhio l'affinità grafica fra quella "U" rossa e la "V" dei pentastellati. Entrambi si dicono "movimenti" per distinguersi dai partiti tradizionali, Giannini muoveva la sua proposta dal successo editoriale della sua testata, Grillo dal successo editoriale del suo blog (aggiungasi la successiva comunione d'intenti con Il fatto quotidiano, che del giornale di Giannini è un po' debitore). Nelle vignette di Giannini l'omino gridava "Abbasso tutti!" (comprese le "plutocrazie"), accomuna Grillo e Giannini lo stesso vezzo di affibbiare agli avversari nomignoli spregiativi satireggiandoli a buon mercato. Giannini si diceva liberale, come Travaglio, e come Travaglio e Grillo intendeva travalicare la tradizionale distinzione fra destra e sinistra. Senonché il movimento di Giannini predicava un liberismo quasi romantico, in cui il grande nemico era quella opprimente macchina statale simboleggiata dal torchio, mentre la proposta sociale di Grillo pare andare nella direzione di un comunitarismo etico di stampo post-comunista agganciato ai principi della decrescita felice, ma non ne siamo più così sicuri. Assolutamente convergente invece la critica mossa dall'Unità al movimento qualunquista di Giannini, il quale raccoglieva simpatie monarchiche più che socialiste, incarnando una proposta antisistemica più nel senso berlusconiano che nel senso no global (d'altronde anche ogni protesta è figlia del suo tempo).

«L'Uomo qualunque è un movimento che costituisce al tempo stesso una sopravvivenza e un'anticipazione del fascismo ... i suoi dirigenti ... sono tristi speculatori delle sventure d'Italia, torbidi giocolieri che tentano di riesumare il fascismo vestendolo da pagliaccio» (Velio Spano, L'Unità, 16 febbraio 1946).
Non si capisce niente, democristiani che lasciano passare il divorzio breve e movimentisti che si alleano con nazionalisti perlopiù indistinguibili dai leghisti. Perché Farage sì e Salvini no? Misteri, sofismi nascosti fra le pieghe dei Programmi. Le polemiche sull'abolizione del Senato, non ce ne siamo mai interessati e improvvisamente ne sentiamo la mancanza, come quel capo che abbiamo appeso da anni nell'armadio ma guai a buttare via. Sotto sotto è chiaro a tutti come siano le urgenze dell'apparato tecnico-economico a dettare legge, così come siano d'impiccio le lungaggini delle assemblee parlamentari, l'obsolescenza della democrazia si manifesta solo in parte in quell'aspirazione al presidenzialismo che metterebbe in comunicazione diretta l'istanza del popolo e il potere esecutivo, riducendo il legislativo a un mero disbrigo di pratiche burocratiche (come ad esempio l'editing del testo in PDF). E' tutto un gioco d'ombre, alimentato dalla luce di una volontà che per comodità pensiamo ci appartenga.