mercoledì 28 novembre 2018

Essere e stronzo

Si diceva: la riflessione filosofica conduce in luoghi luminosi, se vi ritrovate al buio significa che avete sbagliato strada. Succede quando ti fai portare per mano da Heidegger: entri nella foresta numinosa dei neologismi, oltrepassi la radura, comincia a prenderti una certa Gelassenheit alle gambe, ti ritrovi in una palude brumosa e buia senza più nozione dei punti cardinali ed è a quel punto che il maestro ti lascia la manina e ti dice: ecco, io ti ho portato fin qui, adesso solo un dio ti può salvare. Ma baffanculo.

lunedì 26 novembre 2018

Hegel Tubinga

Se volete capirci qualcosa di Hegel una cosa da evitare assolutamente è andare a leggere “Il pensiero di Hegel” su Wikipedia, io non ho mica capito che cosa abbia capito di Hegel quello che l’ha scritto, una pioggia di nozioni affastellate alla rinfusa, una grande circonvoluzione di Assoluti, Spiriti e Soggetti, di Aufhebung gettati nella mischia a capocchia, un gran via vai di tesi e antitesi. Io per esempio Schopenhauer lo capisco, anche nella sua parte teoretica, Hegel e gli spiegoni su Hegel francamente no. Aveva ragione l’Arturo.

domenica 25 novembre 2018

Piranhas

Alla fine la bontà di una azione politica la si dovrebbe giudicare solo dagli effetti, che dalle intenzioni son buoni tutti, e cioè verificare se produce effettivi miglioramenti e benefici, senonché l'eventuale beneficio verrebbe giudicato come tale sempre e solo attraverso il giudizio di una categoria politica, c'è una precomprensione, direbbe l'ermeneutica, e siamo da capo. Lascio queste due righe a mo' di testamento politico: trovare il modo migliore per far convivere le persone è come trarre il bene da un branco di piranha, ognuno ha per scopo il suo proprio, e anche se da questo groviglio di azioni egoistiche si riuscisse intenzionalmente a far scaturire il bene comune, be', altro che mano invisibile, qui ci troveremmo al cospetto di ben altra parte del corpo, la più apotropaica di tutte, vale a dire il culo.

venerdì 23 novembre 2018

La cugina di Varese

La cugina di Varese si chiamava invece Loredana, che a noi ci sembrava un nome da sirena, ci portò in visione una minigonna e fra quelle cosce ci intravvedemmo un avvenire. Mise in subbuglio tutto il vicinato, che robe del genere passavano solo in televisione, vederle così tradotte sul piano pratico ci produsse uno choc antropologico, sul genere del ‘Ntoni dei Malavoglia quando si avvide che a Napoli le donne scopavano la strada con le gonnelle di seta, era la nostra incantevole Creamy. Le comari si produssero in tutta una serie di considerazioni etico-morali sul fatto che in città i costumi erano più rilassati e per quello che c’era tanta gente che rubava le catenine, nel frattempo noi a ronzarle attorno con posa da bulli sulle nostre saltafoss come mosche sopra il miele. Eravamo stupidi di una stupidità fessa e bambagiona, lei ci guardava con tenerezza, come fosse lì a vendere le perline agli indigeni. Romanzo di formazione.

giovedì 22 novembre 2018

Il cugino di Varese

C'era poi questo cugino di Varese che veniva giù per fare ricerche sul suo albero genealogico e a noi ci pareva che ci studiasse come i gorilla nel loro habitat, passava i pomeriggi a interrogare mia bisnonna che gli rispondeva con santa pazienza facendosi largo fra le brume della sua memoria, venivano giù da Varese con le Opel Ascona, araldi della modernità cittadina, a interrogare noi semplici abitatori dell'arcadia, fu il mio primo incontro con i cerchi in lega. Del cugino scienziato poi si persero le tracce.

mercoledì 14 novembre 2018

Guardo per curiosità la laurea triennale in scienze politiche alla Statale, c’è il numero chiuso, massimo 500 l’anno, si vede che hanno paura di intasare la società. Ma io dico, con tutti questi scienziati politici che si aggirano per l’Italia allo stato brado dovremmo essere la nazione più politicamente accorta dell’emisfero boreale, e invece Salvini, e invece Di Maio.

Resa incondizionata

Nemmeno con i *liberisti* al governo l'Italia crescerebbe economicamente, questione di attitudine, nemmeno al nord oramai si campa più in scioltezza, troppo mercato globale per la piccola Italia locale, l'assistenzialismo e la moda comunitarista stanno lì a rispecchiare questa resa, questo rilassamento finale e definitivo: non c'è più niente da fare, non ce la si fa. Più.

domenica 11 novembre 2018

Release

C’è quell’età in cui le nostre aspettative riguardo al mondo sono in realtà le aspettative che pensiamo che si debbono avere o che pensiamo che “gli altri” abbiano su di noi, un modo di pensare che comporta grandi pressioni e grandi depressioni. Successivamente è auspicabile un tempo in cui, se abbiamo delle aspettative, quelle saranno solo le nostre e saranno parecchio indulgenti, quello sarà il tempo della distensione e della serenità: ma chi sono, poi, questi “altri”? Gente di poco conto.

Come può l'acqua, associata ai lipidi e alle proteine, pensare?

"[...] La nostra conoscenza di queste è stata molto oscurata e confusa, e siamo stati indotti a errori molto pericolosi con il supporre una duplice esistenza per gli oggetti dei sensi: l'una intellegibile o nella mente, l'altra reale al di fuori della mente; per la quale si ritiene che gli oggetti non pensanti abbiamo una sussistenza naturale in sé stessi, distinta dall'essere percepiti […]. Questa, che, se non sbaglio, è stata mostrata essere una nozione assurda e assolutamente infondata, è la vera radice dello scetticismo; poiché, finché gli uomini riterranno che le cose reali sussistano al di fuori della mente, e che la loro conoscenza sia reale soltanto nella misura in cui è conforme alle cose reali, seguirà che non potranno essere certi di avere una qualsiasi conoscenza in genere. Infatti come si potrà sapere che le cose che sono percepite sono conformi a quelle che non sono percepite, ossia le cose che esistono senza la mente [exist without the mind]?". 

(Trattato sui principi della conoscenza, G. Berkeley)

La filosofia moderna, con Berkeley ma anche con Cartesio, Hume e Kant, avverte la necessità di indagare il rapporto che sussiste fra la mente che rispecchia la realtà e la realtà che costituisce l'oggetto di quel rispecchiamento.

A tal proposito interverrà Kant con la sua soluzione elegante: ad essere universale è il modo in cui percepiamo le cose non percepite, la certezza del modo in cui ci rappresentiamo la realtà costituisce la verità (qui per "cose non percepite" si intende il mondo esistente di per sé, senza una mente che lo rispecchia, la "cosa in sé" kantiana). 

Perché nel profondo dell'inconscio di noi tutti c'è ormai la convinzione che esista una realtà materiale oggettiva che esiste indipendentemente da noi e che viene rispecchiata dall'attività pensante della mente, la quale non è che una sorta di allucinazione ben organizzata prodotta dalla chimica del cervello, il quale, di per sé, non è che un semplice ammasso di materia: 77-78% di acqua, 10-12% di lipidi, 8% di proteine, 1% di carboidrati, 2% di sostanze organiche solubili, ecc. Come può, dunque l'acqua, associata ai lipidi e alle proteine, pensare? 

Berkeley offre la soluzione più estrema, più estrema di quella kantiana che pur teneva ferma l'esistenza di una realtà in sé: non esiste alcun rispecchiamento di un mondo isolato dalla mente, la realtà è solo ed effettivamente quell'idea che si mostra nella mente, fascio di percezioni immateriali che vanno a costituire l'idea stessa della "materialità".

Certo, Berkeley attribuirà a Dio la prerogativa della mente suprema che raccoglie tutte le idee entro di sé, ma noi contemporanei non abbiamo più bisogno di pensare a un Dio per giustificare certe conclusioni. Speriamo di esserci capiti.

mercoledì 7 novembre 2018

Animali sociali

Davvero l'uomo è un animale sociale, come dicono gli hegeliani rifacendosi ad Aristotele pensando di cavarsela a buon mercato? Facciamo il test che mi insegnarono a sociologia. Prendi un uomo solo, il classico uomo sull'isola deserta, che sia naturalmente sociale o meno poco importa, se la deve ugualmente cavare da solo. Allora prendiamone due. Ecco, già con due la cosa si complica, se vogliono sopravvivere in un ambiente ostile devono per forza cooperare, ma che ne siano naturalmente portati dipende dal carattere di ciascuno, diciamo che sono più obbligati dalle circostanze. Prendiamone infine tre, tre è già un embrione di società: se uno non coopera gli altri due possono coalizzarsi contro di lui, nascono le fazioni, le maggioranze, le minoranze, e così via.

A mostrarsi dunque non è una fantomatica natura sociale preesistente agli uomini (e qualcosa che non si mostra può tutt'al più originare una fede) ma una necessità che si presenta a posteriori: dalla necessità di cooperare in gruppo per la sopravvivenza scaturiscono le prerogative sociali. Fine della questione.

lunedì 5 novembre 2018

Nietzsche che dice?

Nietzsche dice in sostanza che l’atteggiamento fondamentale dell’uomo nei confronti della vita è stato quello di trovare un rimedio al grande spavento del divenire (inteso come l’ignoto, il terreno insicuro, l’impossibilità di previsione), così ha messo in piedi tutta una serie di grandi accorgimenti quali la teologia, la religione, la morale, la metafisica, ecc., per porre un rimedio a quella insicurezza che non lo lasciava vivere. Tuttavia col passare del tempo l’uomo si accorge che quel rimedio è stato fatalmente peggiore del male, e cioè che gli accorgimenti posti in essere per superare il grande spavento del divenire hanno finito per non lasciarlo più vivere costringendolo dentro una gabbia. Quando la vita si fa più sicura allora nasce un piacere dell’insicurezza, la quale però è prerogativa dei soli uomini “forti”, individui eccezionali e temerari che sfidano impavidamente l’ignoto, nati per trarne forza e gioia di vivere.

Nietzsche teorizzatore del precariato e dell’esistenza interinale. 

(non ce la si fa più, bisognerà trovare un rimedio anche a Nietzsche).

domenica 4 novembre 2018

Sciocchezzaio

Leggi un poco Repubblica e La Stampa e ci vedi le truppe cammellate al lavoro: che ci possiamo fare con il maltempo? Scrivi che l’Italia è in ginocchio, delle montagne abbandonate, del dissesto idrogeologico, infilaci la politica anche nel diluvio universale. Montano le polemiche sul web: "L'emergenza maltempo e quella foto di Salvini sorridente che scatena polemiche sui social". Salvini uomo finito. Immancabile trafiletto in calce sulla casa reale: "Perfetta a 36 anni dopo 3 gravidanze, i segreti della linea di Kate Middleton". Fa yoga. Articoli di rinforzo sulla litigiosità del governo: M5S sfida la Lega. Paura. Giorgetti (Lega): “I sondaggi rischiano di farci cadere. Banche, è allarme vero". Ci portano al disastro. Gatti brizzolati su La Stampa: "Il curioso caso del gatto Benjemin Button che da brizzolato torna nero". Sale e pepe. Riattacca coi grillini: "Fronda M5S, la sfida di De Falco: "Mi cacciano per il decreto sicurezza? Anche Di Maio è a termine". Si sta cagando in mano. Emozioni dall'Iran: "La punizione del bimbo emoziona Dybala: Aiutatemi a trovarlo". Cuore di milionario, ecc. ecc.

Truppe cammellate: l’espressione, in senso figurato, è stata recepita dal linguaggio giornalistico e politico per indicare i ‘sostenitori, raccolti in corrente, gruppo di pressione, associazione, di un leader politico o di una linea politica’. Treccani.it 

Insettini

Io, capirete, mi sono già involato sopra territori altissimi, nemmeno mi fido più dell'esistenza della materia come dimensione ontologica in sé (mica sono Cartesio, mica sono Kant), per cui la fatica che faccio a dover imbastire un discorso sopra i minimi sistemi della politica, questi piccoli insettini che si agitano per niente. Sono al pre-categoriale, mi rifaccio alla visione originariamente offerente, cioè il mondo è quel che è, nudo e crudo: mica mi fido più del riduzionismo, il cervello come materia inanimata che pensa, favoletta della buonanotte della modernità scientifica. Dice: "eh ma ci sono delle corrispondenze, se ci infili un coltellaccio nel cervello vedi come pensi bene!". E dov'è che apparirebbe la materia in tutto questo discorso? Io ci vedo più un'allucinazione ben organizzata, le leggi della "natura" come corrispondenze ricorrenti fra un'impressione e l'altra del mondo.

sabato 3 novembre 2018

Scrive @iceageiscoming sull'altro blog: “Sono anni che vado dicendo che siamo in un nuovo Medioevo (il Medioevo Postmoderno: l'Età Moderna si è conclusa alla fine degli anni ‘80, primi ‘90 al massimo) e non posso non notare una certa ironia nel fatto che la prima cosa di cui questa nuova contemporaneità si è liberata è quella che ha tratto la nostra civiltà dall'ultimo Medioevo: l'Umanesimo.”

L’11 Settembre il turning point, dopo che il 2000 lo si era dipinto come il secolo del progresso e della fine della storia (1992), e invece la “società debole”, aperta e multiculturale, quella postulata dai postmoderni, si ritrovò ad essere troppo fragile come rimedio e si iniziò a pensare di poter imporre la democrazia a ceffoni (i neocon), poi l’Isis, gli attentati e così via, a grandi minacce grandi paure e conseguentemente grandi chiusure.

Auspici

E' entrato in crisi l'umanesimo, quello un po' ingenuo che aspirava a fare della ragione la guida dell'umanità, il progetto di una società aperta fatalmente ridotta a mera questione di buon tono: non importunare il prossimo, non fare il bulletto coi più deboli, accogli i fratelli africani, sii gentile con le donne e con i gay. Dicevano gli analitici: di quello che non si può dire si deve tacere, ora di quello che non si può dire non si deve tacere più, anzi, il becero populista ne mena vanto e ci fonda sopra il suo progetto politico. Il popolo è soddisfatto: finalmente uno che ha il coraggio di dire le cose come stanno, che i neri puzzano e che i froci fanno schifo! D'altronde non c'è nemmeno una ragione che ci imponga di essere aperti, l'umanesimo è un èthos, un abito mentale, non è una legge della natura (che un èthos sia stabilmente acquisito è un auspicio più che una conquista culturale).

venerdì 2 novembre 2018

Shock

Ogni tanto mi domando: che fine ha fatto Capezzone? Attualmente lo troviamo a scrivere appelli per uno shock fiscale su La Verità (un eufemismo) di Maurizio Belpietro, ha abbracciato da tempo il cliché atlantista reaganian-thatcheriano e si trova bene ("Atlantista, pro mercato, liberale classico. Membro del board", ecc.). Ma non doveva essere già la Flat Tax lo shock fiscale? Già, che fine ha fatto la Flat Tax? Persa nei meandri della manovra fra redditi di cittadinanza che non sono di cittadinanza, quote cento per andare in pensione prima e poderi al popolo del terzo figlio in arrivo. Sì, direte, la Flat Tax c'è ma non per tutti, perché in campagna elettorale ci si rivolge sempre alla totalità degli enti (redditi universali, abbattimenti delle tasse universali) per poi ridursi una volta al governo al tinello di casa (le partite IVA?), è lì che si spegne l'afflato universalista.