venerdì 10 aprile 2020

Vita prima del covid, memorie (II)

La gente, a me, mi ha sempre dato fastidio, sì da costringermi a praticare una specie di distanziamento sociale anche quando non era palesemente prescritto dalla legge. Ero giusto riuscito, con gran fatica, a farmi quel tanto più socievole da apparire quantomeno normale che la grande pestilenza distrusse in un sol colpo tutto il lavoro di una vita. Intrattenersi con se stessi quando si ha una ricca vita interiore, diceva lo Schopenhauer, è un gran vantaggio, un piacere che non necessita d'altro che la compagnia dei propri pensieri, i quali, finché regge la capa, si portano sempre con sé senza richiedere l’ausilio di bagagli o di astucci particolari. Alleggerito così della zavorra dei beni esteriori me ne andavo in giro per il mondo ad annotare facce e comportamenti dei miei simili con l’occhio dell’entomologo che osserva i moscerini svolazzare attorno alla frutta, l’isolamento, insomma, non mi pesava affatto, non più.

Gli uomini, a quel tempo, erano tutti uguali di fronte alla legge, vestivano più o meno tutti uguale, mangiavano più o meno tutti uguale, si arrabattavano più o meno tutti uguale. La democrazia mitigata dall’economia di mercato aveva prodotto una specie di aura mediocritas dove la stragrande maggioranza delle persone vivacchiava comodamente coccolata dal cicaleccio degli apparecchi elettronici. Esistevano, è vero, delle eccezioni, gente ricchissima che nessuno aveva mai visto di persona e per contro gente poverissima che nessuno avrebbe mai voluto incontrare di persona, ma tutto sommato l’esperimento funzionava, in linea di principio. 

Il vero guaio è che abituati a non patire nulla di più grave di un giradito, gli uomini, la maggior parte, si annoiava superiormente, tanto che alcuni di loro, i casi più gravi, si erano ingegnati di tuffarsi dagli aerei coi paracaduti o di buttarsi dai ponti con gli elastici, per provare il brivido dell'assoluto, pagando pure di tasca propria per sfracellarsi eventualmente al suolo. Disagevole condizione quella del mortale, che se non muore un po' gli manca ed è disposto a provare, altri si drogavano, per dimenticare.

Prima della pestilenza la noia di vivere aveva raggiunto livelli tali che la gente aveva incominciato a seguire con interesse personaggi improbabili giusto perché li intrattenevano con teoremi scaccianoia, annoiati com'erano e privi di veri pericoli che li minacciassero nell'immediato, i placidi abitatori dell'occidente si erano inventati di essere sotto l'attacco del regno di Aksum e dell'impero del Ghana, roba di venti secoli prima ma attualizzata alle necessità dell'oggi, un'invasione silenziosa travestita da esodo biblico, un cavallo di troia. Raggiunta comodamente la noia del vivere, insomma, gli uomini si erano messi in testa di difenderla a costo della vita, se necessario, perché era roba loro e per loro aveva acquisito un valore affettivo. Vim vi repellere licet.

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