Dissertazione spinozian-severiniana (perché non si può vivere di solo Renzi o contra Renzi): Poniamo il caso che le cose accadano secondo necessità, e cioè che non possono accadere diversamente da come accadono. Qui è utile ricordare il concetto aristotelico di atto e di potenza: l'atto è ciò che si manifesta effettivamente nel concreto, la potenza è la possibilità che qualcosa si manifesti o meno. Ma quando qualcosa accade ciò che si manifesta è sempre un atto, la potenza, per sua stessa natura, rimane sospesa in astratto, tanto che qualcuno potrebbe pensare che essa sia un sovrappiù, qualcosa in più del necessario. Ecco, io sono fra coloro che pensano (pochi, per la verità) che il concetto di potenza sia effettivamente un qualcosa in più del necessario, che ciò che vediamo sia sempre e solo un accadere in atto, e che l'idea che quell'accadere possa essere sospeso in uno stato indefinito in cui è allo stesso tempo potenzialmente esistente e inesistente sia in realtà una fantasia o qualcosa di cui non ha senso parlare (si pensi alla fisica e alle discussioni intorno all'interpretazione di Copenaghen). Ma se dunque tutto fosse necessario, che fine farebbe la nostra libertà? Esisterebbe pur sempre in quanto necessità, nel modo esatto in cui essa ci appare: fede nella possibilità che esista una dimensione in cui le cose possano potenzialmente esistere e non esistere prima che esse appaiano. (questo stesso testo, che non avevo programmato, non poteva che essere scritto in questo modo, non esiste, non è mai esistito né mai esisterà un tempo in cui esso poteva essere scritto diversamente: vi ho convinti?).
(scritto alle 23:03 del 21/4 e programmato per la pubblicazione alle 7:30 del giorno dopo, mentre mi sto facendo la barba).
si.
RispondiEliminal'unico dissenso - e veemente, anche - riguarda il "qualcosa di cui non ha senso parlare".
giù le zampe dal cazzeggio!!!
Sempre cazzeggio, ci mancherebbe, siamo mica Wittgenstein
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