martedì 26 gennaio 2021

Il giorno che salii al Quirinale

Ci fu quella volta che salii anch'io al Quirinale, ci arrivai, se non sbaglio, da Via della Dataria dopo essere passato assieme alle quinte superiori dalla Fontana di Trevi, dove Piero, un compagno di classe poi rimasto ucciso in un incidente alcuni giorni dopo la maturità, prese una sbornia molesta curata a schiaffoni e a caffé forti, sicché giunti al Quirinale era ridivenuto sobrio pur reggendosi a stento sulle gambe, tanto da doversi richiedere l'assistenza, uno per lato, di due centurioni, Daniele, che poi si chiamava Giuseppe, e Pierpaolo, che erano i più svegli della classe (seppure non i più studiosi). Il Presidente della Repubblica, che se non sbaglio era Francesco Cossiga, non mi ricevette solo perché l'Andreotti VII, seppur moribondo, non era ancora caduto sotto i colpi del pool di Mani Pulite, per cui quella volta non mi fu concesso l'onore di servire il Paese. Il colle del Quirinale, abitato in epoca romana dai Quiriti, cioè dai sabini, era popolato fin dall'Età del Ferro, l'attuale Palazzo del Quirinale, già sede del Re d'Italia, fu inizialmente preceduto in loco dalla villa del Cardinale Ippolito d'Este, poi successivamente ampliata da Papa Gregorio XIII, il quale, gradita l'arietta più salubre, decise di farne la sua residenza estiva, e poi quella di tutti i papi. Gli antichi romani vi eressero un santuario dedicato alla triade capitolina, Giove, Giunone e Minerva, quella delle bustine, più svariati altri luoghi di culto, in epoca più tarda Costantino I vi costruì le sue terme ora andate completamente perdute. Quel giorno del 1992 faceva un caldo già più che primaverile, io mi scioglievo dentro una giacca a vento di colore azzurro acceso, però abbastanza comoda di spalle. Sullo spiazzo del Quirinale era in atto il cambio della guardia, non una cosa memorabile mancando i corazzieri dei caratteristici pompon degli euzoni greci o dei copricapi di pelle d'orso delle guardie di Sua Maestà, noi, in compenso, sembravamo dei profughi vestiti con quel che capitava, senza riguardo per gli abbinamenti di colore o le taglie dei vestiti. Passò una Thema dai vetri oscurati e si infilò nel cortile, forse era Andreotti o forse Claudio Martelli, suo vice, era tutto così solenne da sembrare addirittura serio. Di quel giorno ricordo anche il Pantheon e piazza Navona, con la bandiera del Brasile che sventolava dal balcone dell'ambasciata, e forse Trinità dei Monti. Tornati in albergo, un Hotel Agip sulla circonvallazione, ci tennero svegli per tutta la notte, la notte della Prima Repubblica poi diventata Seconda, l'identica solfa ma con due nomi diversi. Qualcuna rimase incinta.

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