mercoledì 7 ottobre 2020

Kamala Harris

Kamala Harris è dipinta dai media nostrani come una santa, praticamente impossibile parlarne male, ma noi faremo del nostro meglio.

Kamala Devi Harris nasce a Oakland, California, nella parte più hippie e fricchettona degli Stati Uniti d'America. Fin dalla nascita incarna il modello perfetto del melting pot: la madre, studentessa di medicina, è indiana del Chennai, il padre è uno studente giamaicano di economia. Entrambi studiano a Berkeley e si incontrano ai raduni dei movimenti studenteschi. Più che dell'America profonda, incarnano le aspirazioni del sogno americano. Il nome Kamala significa “loto” e rimanda alla dea Lakshmi, la divinità indù della bellezza, della prosperità e della buona sorte, “Devi”, “colei che risplende”, è invece il termine in cui generalmente vengono indicate le divinità femminili in lingua sanscrita: Kamala è una dea, praticamente predestinata al successo.

I genitori divorziano quando lei ha 7 anni. Lei e la sorella seguono la madre a Montreal, Quebec, dove frequentano le scuole primarie francofone e quindi la prestigiosa Westmount High School, che fra i suoi allievi ha annoverato Leonard Cohen, il poeta. Ritornati negli Stati Uniti, Kamala consegue il dottorato in giurisprudenza all'università di Berkeley.

Comincia la sua carriera come vice Procuratore Distrettuale nella contea di Alameda, presso Oakland. Frequenta Willie Brown, portavoce dell'Assemblea della California e futuro primo sindaco di colore di San Francisco. Di trent'anni più vecchio di lei, Kamala cerca in Brown la figura paterna, lui la nomina nel Consiglio di Stato per i ricorsi sull'assicurazione contro la disoccupazione e successivamente nella Commissione per l'assistenza medica. Brown è noto per aver messo in piedi durante gli anni della sua amministrazione un vasto sistema di clientele e favoritismi, interrogata in merito Kamala chiarisce: "Whether you agree or disagree with the system, I did the work". È il sistema, bellezza.

Nel 1998 diventa Assistente Procuratore Distrettuale di San Francisco e comincia a occuparsi di casi di omicidio, furto con scasso, rapina a mano armata, violenza sessuale, assalto con armi da fuoco e da taglio e possesso illegale di temperamatite. Sei anni dopo diventa Procuratore Distrettuale. Nel 2011 completa la scalata ai vertici del sistema giudiziario diventando Procuratrice Generale della California. È in questo periodo che si costruisce una fama da dura, fra i suoi sostenitori figurano Donald Trump e la figlia Ivanka che ne finanziano la campagna donandole complessivamente la misera somma di 8.000 dollari.

Nel 2017 decide di compiere il grande salto e darsi alla politica: viene trionfalmente eletta al Senato fra le file dei democratici. La sua azione si caratterizza per l'attenzione ai diritti delle minoranze e delle donne. Da ex “sceriffo” modello “law and order” addolcisce via via le sue posizioni fino ad armonizzarle con i temi più cari alla sinistra liberal. Le frange più radicali però non dimenticano, le ricordano di quando ricorse contro una sentenza di un tribunale federale che giudicava incostituzionale la pena di morte e di aver bocciato l'obbligo di body cam a garanzia dei fermati sulle uniformi della polizia; o di quando si oppose al cambio di sesso per i detenuti transgender; e la vicenda di Daniel Larsen, ingiustamente condannato a 27 anni per possesso di arma da taglio e contro la cui sentenza di scarcerazione Harris comunque si oppose adducendo vizi procedurali, e ancora di quando varò una legge che perseguiva penalmente i genitori degli alunni che saltavano troppi giorni di scuola. A mali estremi, estremi rimedi.

Nel 2020 partecipa alla corsa alle presidenziali ma si ritira ben presto per mancanza di fondi. Decide allora di sotterrare l'ascia di guerra con Biden che aveva accusato nei dibattiti di intrattenere rapporti cordiali con senatori che si erano opposti negli anni '70 al movimento di integrazione, lui la premia scegliendola come sua vice per intercettare i voti della comunità di colore.

Frequenta la chiesa battista, è sposata con un avvocato di origine ebraica, adora le patatine fritte. Studia da Michelle Obama anche se punta al ruolo che fu di suo marito. Veste elegante, in blazer con décolleté a punta o tailleur con collana di perle nere, all'occorrenza in sneakers per dimostrare vicinanza al popolo (“for the people” era lo slogan della sua campagna presidenziale). Tuttavia in America niente si improvvisa, nemmeno la vicinanza al popolo. I giornali italiani la dipingono come una pasionaria, in realtà è una lucida calcolatrice. Non possiede animali domestici ma dice di amare i cani: sono tutti bravi con i cani degli altri.

1 commento:

  1. secondo me è pericolossima. Se Biden vince, Trump non fa un colpo di stato, Biden non regge per 4 anni, allora il presidente Harris scatenerà una guerra nel giro di un paio di mesi dall'insediamento. Contro chi dipenderà dall'opportunità del momento, ma non sarà importante, le prudono le mani e un nemico qualsiasi al momento lo si troverà.

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