La verità, una volta che ce la impongono, non ci interessa, questo ho letto di sguincio su un libro di Flaiano ed è quello che in sostanza penso anch'io, che la verità la accettiamo solo se ci piace, in barba ad ogni argomentazione razionale che pure abbia la forza di imporsi come evidente. Mettiamo il caso che la verità sia che tutto è destino, che tutto accada in modo predeterminato, ci interesserebbe una verità del genere? Molto poco, perché la consolazione di noi moderni sta nel pensare di poter decidere della nostra vita, di poterci riscattare con le nostre forze. E dunque si viene a formare un inevitabile conflitto tra questa idea, che ci vorrebbe tutti impegnati a decidere del nostro destino e l'accadere del mondo che invece si fa beffe della nostra volontà, con conseguente grande effusione di rimpianti e quella sgradevole sensazione di essere vittime di un'ingiustizia in un mondo senza dei e governato da leggi indifferenti alle nostre suppliche. Qui l'uomo moderno ci sbatte le corna ma non si arrende e rilancia, nella speranza che un giorno possa vincere ogni resistenza e possa abbattere ogni barriera che si pone fra lui e la sua volontà. A noi questa idea di verità interessa perché è l'unica che lascia ampi spazi di manovra alla speranza irragionevole in un'illimitatezza, in un qualche forma di immortalità, speranza che non si è certo esaurita con la morte di Dio, ha solo cambiato indirizzo (se non per intercessione divina, per contributo della scienza che aspira all'onniscienza, scienza e Dio sono la stessa cosa e per proprietà transitiva anche l'uomo).
«La verità ti renderà libero. Ma solo quando avrà finito con te.» (David F. Wallace, Infinite Jest)
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