Si diventa strabici a seguire le vicende della politica nostrana, da un lato volgi lo sguardo a Renzi e alla sua abituale quanto operosissima insipienza, coi suoi referendum, le sue patacche e i suoi pataccari, dall'altro alla Raggi e alle sue tragicomiche peripezie, 'sto uccellino bagnato della consistenza di una spuma di Adrià, fra l'incudine dei direttori e il martello dei poteri forti, evocatrice di trasparenze (sia detto senza malizia, che ne è congenitamente priva). Il fatto è che non c'è più alcun diaframma ideologico o culturale che separa l'insipienza del popolo sovrano da quella dei suoi rappresentanti eletti, i quali finiscono per assomigliarsi fra loro come si assomigliano fra loro i profili di Facebook: che differenza passa, per esempio, fra una Raggi e una Maria Elena Boschi o fra un Di Maio e un Orfini? Nessuna, figurine intercambiabili che potrebbero benissimo apparire credibili, opportunamente riprogrammate, nell'uno come nell'altro schieramento. L'avete voluta la morte delle ideologie? E adesso tenetevi questo deserto.
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