martedì 4 giugno 2019

La Bassa, la rana, il pescegatto

Quando ero piccolo io la Bassa era ancora bella ruspante, ancora non si era spenta l'eco della fame atavica che avevano patito durante la guerra e si mangiavano tutto quello che si muoveva, rane, lumache, animali fantastici, io no perché mi ero già evoluto, al massimo i passerotti che prendeva mio nonno e qualche fagiano che non mi pareva poi 'sta gran bontà, e invece c'era la vicina di casa di mia nonna che quando le portavano le rane nel cesto le si illuminavano gli occhi, le avrebbe mangiate vive con un po' di limone, non era un paese per principesse (e per principi ranocchi). Le donne lavavano con fatica, gli uomini lavoravano con calma, tutto era al posto assegnatogli dal buon Dio, c'erano ancora gli uomini bestia in canottiera che sapevano far andare i trattori e pure le donne avevano conservato una loro sana rozzezza, sempre la vicina, per dire, con la bella stagione se ne andava per campi a spiccare le ciliegie dagli alberi e se le infilava in bocca masticandole a piene ganasce sputando i noccioli nei fossi, con una avidità da naufraga su di un'isola deserta, adesso, figurati, tutte maestre di bon ton, se non le trovano già incellofanate all'ipermercato manco si degnano di guardarle. E quando qualcuno pescava portava pure ai suoi amici, i pescegatti, carne finissima e sopraffina, fritti nello strutto con le pinne caudali croccanti come patatine fritte, a Cannavacciuolo coi suoi quadri astratti gli facevano le pippe.

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