In verità io non credo nemmeno nel libero arbitrio, quindi dirmi liberale non sarebbe propriamente corretto, senonché trattasi di precisazioni risibili che non interessano perlopiù a nessuno se non ai filosofi che fanno questioni di lana caprina. Cercare continuamente conferma della propria identità ideologica (oltreché ontologica) è poi un lavoraccio, oltre a un certo limite denota pure qualcosa di patologico, in aggiunta la civiltà è a rischio, dicono, per cui bando alle ciance e confidiamo nei milites a cui va tutto il nostro appoggio. C'è da dire che non credo nella civiltà dei buoni sentimenti, nell'accoglienza ai profughi per volontà della misericordia, tendo a credere di più ai reciproci interessi che olisticamente si intrecciano e vanno a formare un superiore interesse generale (se questo non è liberale!). Ma al diavolo le definizioni. La verità è che non smetterò mai di sentirmi un vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro e che continua a riecheggiarmi nella mente quel passo delle "Storia d'Italia" citato solo qualche giorno fa: «Un popolo reso conservatore dal benessere, e cittadino e sedentario
dalla civiltà, comincia ad accarezzare il sogno della sicurezza, e per
realizzarlo, non potendosi più affidare alle proprie virtù militari, si
affida alla Tecnica». Speriamo che basti.
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