mercoledì 9 gennaio 2013

Io non voterò niente, perché ho avuto altro a cui pensare e perché in definitiva mi sono impigrito, non ho più l'energia. Appena appercepisce con la coda dell'occhio un candidato qualsiasi la mia mente automaticamente si chiude a riccio e si contorce come un prigioniero sotto tortura: basta, vi prego, non ne posso più! Niente. Se penso alle elezioni quello che mi appare innanzi è solo un grande vuoto, non ho più opinioni e non voglio fare la fatica di averne. Mi sono rifugiato nel fantastico e chissà quando tornerò alla realtà (se mai vi farò ritorno).

Quello che mi manca di più ora è la porta della mia stanza che si apre piano piano mentre sono disteso sul letto a leggere un libro e in basso appare la mia nipotina che mi viene a cercare per giocare coi peluches (lo zio oramai ha aperto il suo cuore e quando lo fa non lo tiene più nessuno).

Ho sempre vissuto lo scetticismo come una sconfitta, troppo facile negare ogni speranza, soprattutto se la negazione è accompagnata da un certo cinismo o da un ostinato spirito di contraddizione fine a se stesso. Ma qui siamo in presenza - come dire? - di una spossatezza personale e congiunturale che risolve tutto da sé, come si trattasse di una necessità, come un'indigestione. L'Italia cambia se sono gli italiani a volerlo, ma abbiamo le nostre abitudini e ci vorranno anni, e sono proprio questi anni che mi fanno passare il sentimento. Comincio a sentirmi vecchio, l'ho data per persa.

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