martedì 29 novembre 2022

La libertà di parola

Io i microfoni aperti di Radio Radicale, quelli del '86 (poi ne vennero degli altri), non ho fatto in tempo a conoscerli, nel 1986 ascoltavo i Duran e guardavo i robottoni alla tv, non mi interessavo di nulla ed ero puro come un agnellino. Solo più tardi ho recuperato questo pezzo di storia patria e col senno del poi posso dire che quella è stata l'unica vera esperienza di free speech di cui ho ricordo, checché ne dica Elon Musk col suo troiaio ambulante (il troiaio in questione è Twitter). Eh, direte voi, ma i microfoni aperti hanno dato voce all'odio, al razzismo e alle battute sulla figa. Sì, proprio così: o è free speech o è safe speech, tertium non datur, e se fa danni pazienza, altrimenti non vai a millantare in giro cose che non sono. Una grande entità regolatrice vigila sul mantenimento della civiltà: gli inserzionisti, mano invisibile che premia e punisce i social virtuosi e corrotti, decide il mercato, che anticipa nel consumatore la nozione di quel che gli è consentito volere. La libertà di parola non è tutta elegante e pulita, se è troppo pulita è una contraffazione.

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