giovedì 12 novembre 2020

Il mio Dio è più potente del tuo

Capitolo VI del Trattato teologico-politico, quello dedicato ai miracoli. Il volgo, dice Spinoza, chiama miracoli e opere di Dio gli eventi straordinari della natura, e per zelo o «per smania di osteggiare coloro che coltivano la scienza della natura, desidera di ignorare le cause naturali delle cose e si mostra voglioso di ascoltare soltanto ciò che gli è del tutto oscuro e che di conseguenza suscita la sua massima ammirazione». Viene a crearsi dunque un contrasto fra le leggi della natura, colpevoli di ogni sciagura materiale, e la potenza infinita di Dio che agendo da monarca assoluto interrompe l’ordine naturale delle cose contrastandone l’iniquità e ristabilendo la giustizia. 
 
Ma da dove proviene questo modo di pensare? Spinoza non ha dubbi: «siffatta credenza ha avuto origine dagli antichi Ebrei». Essi, allo scopo di persuadere i Gentili delle loro epoche che credevano nelle divinità naturali quali il Sole, la Luna, la Terra e il Cielo, vollero dimostrare loro che quegli dèi erano impotenti rispetto alla potenza del loro Dio invisibile che era in grado di soggiogarli, e che i miracoli di cui era capace erano il segno evidente della predilezione che Dio nutriva nei loro confronti: il mio Dio è più potente del tuo. 
 
Riecheggia qui la critica nietzschiana al pensiero giudaico-cristiano, colpevole di astio e gelosa malevolenza nei confronti della sana e robusta costituzione degli antichi greci e romani, ed è forse per questo che Nietzsche si stupì di aver trovato in Spinoza un precursore che gli avrebbe tenuto compagnia tra quelle alte vette del pensiero in cui si era cacciato disgustato dalla pochezza dei suoi simili. Il mangiapreti e il mangiarabbini, Nietzsche e Spinoza compari in arguzie nello smascheramento degli altarini della fede.

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