martedì 12 giugno 2018

Il corpo nero e la catastrofe ultravioletta

(seconda versione rivisitata)

L’avventura della teoria dei quanti comincia con un problema teorico di difficile soluzione e ancor più difficile spiegazione, il problema del cosiddetto spettro del corpo nero, che a dirla così già incute un certo timore. Il corpo nero è un oggetto teorico che è in grado di assorbire tutte le radiazioni senza rifletterne alcuna, un oggetto impossibile in natura.

Scordiamoci formule e complicazioni, ci basti sapere che per osservarne empiricamente gli effetti gli scienziati avevano aggirato il problema creando un oggetto che si comportava quasi come il corpo nero, ma solo quasi (il famoso corpo cavo). In questo oggetto le radiazioni entravano da un piccolo foro di ingresso e rimbalzavano sulle pareti cave fino a disperdersi, così da simulare con buona approssimazione la proprietà dell’oggetto teorico, quella dell’assorbimento assoluto.

Studiando l’oggetto teorico e applicando le regole della meccanica classica a questo corpo nero ideale qualcuno si accorse che si sarebbe andati incontro a un paradosso quando non addirittura a una vera catastrofe, la catastrofe ultravioletta: “un corpo nero ideale in equilibrio termico con l'ambiente emetterebbe radiazione elettromagnetica con potenza infinita, come risulta dall'applicazione delle equazioni di Maxwell.” Questo di fatto era impossibile, l’infinito è infatti un concetto che non va d’accordo con la legge della conservazione dell’energia, inoltre, en passant, i dati sperimentali misurati nel corpo cavo indicavano l’esatto contrario.

Come risolvere la questione?

Ci pensò Max Planck. In realtà pare che Planck non avesse nemmeno preso in considerazione il problema della catastrofe ultravioletta, tutto quello che gli premeva era di trovare un modo per calcolare l’emissione del corpo nero in modo che i dati teorici coincidessero con quelli sperimentali.

Plank cambiò la modalità di emissione delle radiazioni: per far quadrare i conti gli atomi dovevano emettere energia quantizzata, cioè a pacchetti discreti, invece che continua.

Planck non pensava che la sua scoperta descrivesse il modo in cui gli atomi si comportano veramente nella realtà, pensava più che altro di aver ideato un espediente matematico per fare tornare i conti, non rendendosi conto di avere di fatto dato inizio a una vera e propria rivoluzione.

E da questo si evince come da problemi apparentemente irrilevanti possano scaturire grandi stravolgimenti.