Quando cominciano a farmi discorsi complicati sulla necessità di dover essere o di dover agire in questo o quel modo per salvare il mondo, mi verrebbe da ricordare cosa in realtà siamo, quanti prima di noi sono vissuti e quanti ne verranno, in tutto e per tutto simili a noi relativamente agli scopi e a tutti gli uomini vissuti sulla terra per perpetuare la nobile schiatta, credutisi importanti per via degli affetti, degli amori e degli onori, e morti ugualmente e per sempre senza possibilità di ritorno, per nulla dissimili fra loro una volta consumati dai vermi, utili nel breve quanto inutili nel lungo, non già unici e speciali, baciati dalla gloria del Signore, ma identici e i medesimi di fronte al destino mortale... Senonché il mio interlocutore se ne va a un aperitivo e alla prima che gli fa gli occhi dolci si sente al centro dell'universo. E che gli devo dire? Nulla, mica gli voglio rovinare l'idillio, non sarà il primo nell'ultimo dei fessi che è vissuto una manciata d'anni credendosi di essere nato per godersi la sua piccola vita (vivi, scopa, muori; vivi, scopa, muori... avanti il prossimo).
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