A mio cugino non piacciono gli scrittori russi dell’ottocento perché per la descrizione di un mobile si prendevano sei pagine, dalla forma, al colore, alla prospettiva, alla qualità del legno, al numero di tarli, alla loro posizione rispetto al mobile e alla stanza, quella rispetto all’azimut e allo zenit, quella rispetto al nadir, la storia del falegname che lo costruì e di sua figlia tisica sposata con quel tale che si rovesciava a faccia in giù nella neve e della cognata che aveva un piccolo laboratorio di sartoria in cui lavorava quell’orfanella malaticcia dagli orli delle maniche unti e dalla vestaglietta sfrangiata e dello zio porcaccione che commerciava in slitte e aveva certe mire su di lei di cui non possiamo dire ma lasciamo abbondantemente intendere, insomma, un quadro di Gerolamo Induno, non gli do tutti i torti.
venerdì 25 agosto 2017
Pasolineide
Stavamo dalla parte dei poliziotti perché i poliziotti sono i figli dei poveri, avrebbe detto Pasolini. Mentre gli immigrati, che passano per i poveri in tutta questa faccenda, hanno prerogative piccolo-borghesi. Desiderano un posto di lavoro, un'istruzione che possa inserire i figli nel sistema di produzione capitalista, magari l'automobile sotto casa e la televisione in salotto, sopra il centrino. Questo diceva in buona sostanza Pasolini nei versi sugli scontri di Valle Giulia. Spetta ai figli degli operai, nel caso specifico ai poliziotti, guidare la rivoluzione proletaria, perché ne hanno più diritto, perché la loro storia di povertà fa da garanzia alla verace riuscita del piano. In realtà l'aspirazione intima di ogni proletario non è tanto la poetica rivoluzione quanto il miglioramento concreto delle proprie condizioni in chiave piccolo-medio o alto-borghese, e in questo non c'è nulla di strano (di Pasolini in tutti questi anni se n'è fatto un santino: cala, cala).
giovedì 24 agosto 2017
Il pacchetto terremoto
Il “pacchetto terremoto” prevede le solite 4-5 fasi:
Fase 1. Evento e descrizione della catastrofe (inserire eventualmente polemichetta di riscaldamento sulla correzione della magnitudo: cui prodest? ecc.);
Fase 2. Intervista all’esperto dell’INGV: “Questo sisma è collegato al terremoto di Valparaiso del 1730? No, sono due eventi distinti”;
Fase 3. Dubbi sul ritardo dei soccorsi, buttarsi sull’eroismo dei vigili del fuoco che “scavano ininterrottamente alla luce delle fotoelettriche”, “non è il momento delle polemiche”;
Fase 4. Via con le polemiche: chiamare Mario Tozzi, servizi sull’adeguamento antisismico, scarsa prevenzione, “questa Italia fatta di borghi antichi”, l’abusivismo, i condoni, il cemento impoverito, “eppure i giapponesi…”, “accelerare su Casa Italia”, ecc.;
Fase 5. La procura valuta inchiesta per disastro colposo.
Ripetere ad libitum.
mercoledì 23 agosto 2017
A proposito di Rousseau
Ho sempre diffidato di Rousseau, non la piattaforma, intendo l’originale, il grande filosofo della politica (guardatevi dai filosofi della politica, anche se portano doni), in special modo per il Discorso sulle scienze e le arti, dove vagheggia quel suo risibile ritorno al selvaggio dal cuore grande e buono (”lo stato naturale, di assoluta felicità, dell’uomo”, ma quando mai! Una fisima tutta sua) e la civiltà viene rabbiosamente rappresentata come il primo agente di corruzione:
«L'astronomia è nata dalla superstizione; l'eloquenza dall'ambizione, dall'odio, dall'adulazione, dalla menzogna; la geometria dall'avarizia; la fisica da una vana curiosità; tutte, persino la morale, dall'umana superbia.»
La fisica da una vana curiosità. Certo, più tardi pare abbia aggiustato il tiro rassegnandosi all’incivilimento, ma non è un caso se certi neo-giacobini e invasati supporters della purezza perduta si rifanno a lui per giustificare le loro fegatose campagne di salute pubblica. Poi, per carità, ha pure i suoi meriti.
(troppo cattivo? Perché nel caso riscrivo tutto rivedendone l’agiografia, ci metto un attimo).
lunedì 21 agosto 2017
La via di dentro
La paura diffusa innesca tutta una serie di meccanismi di difesa che finiscono per cambiare la società, quasi sempre in peggio. Poco male, mi dico, volgerò lo sguardo al mondo interiore, ai palpiti del cuore, agli svolazzi dello spirito. Vediamo un po’ che c’è: ecco qui una mentina. E poi una molletta, un tappo di plastica, numero due fazzolettini di carta (usati). E una tessera del Carrefour. Il guaio è che non ci credo più al mondo di dentro, sono guarito dalla sindrome dell’introspezione, e ora che faccio? Costretto a tenere gli occhi spalancati davanti alle brutture del mondo, la cura Ludovico. No, è che ho abbattuto le barriere fra il dentro e il fuori. Ecco, sì, mi piace la formula: ho abbattuto le barriere fra il dentro e il fuori, con questa ci tiro avanti un altro paio di mesi. (leggerezza, mai prendersi troppo sul serio, si fa la fine del Fusaro altrimenti).
La filosofia ammaestrata
Da quando la filosofia è diventata sistema d’istruzione, scriveva Sgalambro ne La morte del sole, è come se avesse tradito il suo mandato, la ricerca della Verità, e la Verità, si sa, non guarda in faccia a nessuno, può condurre eventualmente anche alla rovina. E invece alla filosofia le tocca, da maestrina paziente, di formare avvocati, insegnanti e altra genìa di professionisti, perché così vuole il mondo. Così capitò alla filosofia, aggiungo io, di diventare un fatto “borghese”, di essere piegata agli interessi meschini della moderna divisione del lavoro, mentre prima in suo nome, e cioè nel nome della Verità, si poteva anche pretendere di tagliare delle belle teste o di togliere i figli ai rispettivi genitori (mi riferisco alla Repubblica di Platone). Diffidare di tutto, anche della nostalgia dei fasti perduti (ma Sgalambro certo non intendeva darne un giudizio morale).
domenica 20 agosto 2017
Lo stato dell'arte
A questo punto i giochi sono fatti, ad ogni colpo dei terroristi cresce fra la gente una rabbia cieca e sorda che non trova altro sfogo che non sia incolpare i "negri" (africani, islamici e stranieri in ordine sparso, forse anche gli indiani che ci uccidono col cumino) e quel governo e le istituzioni "che li hanno fatti entrare", è la paura che comanda e la rabbia che la segue. Non ci sono argomenti che tengano, non l'antifascismo e men che meno la ragione ammantata di lumi, piaccia o non piaccia la paura risolve il nodo gordiano tagliandolo di netto. Per cui la paura ha vinto, ogni "negro" è un cospiratore, l'Occidente reagisce a modo suo riprendendo i fili di quei discorsi interrotti a metà del secolo scorso e che ora tornano utili perché messi da parte ai tempi non già per convinzione quanto per convenienza, venuta meno questa non trovano più veri ostacoli alla loro riemersione ed eccoti servita la congiuntura attuale, non c'è da stupirsi né da farsi illusioni.
sabato 19 agosto 2017
Sindrome di Cassandra
Ho un vantaggio, che i discorsi fallaciani li ho già assimilati sedici anni fa ed ora non mi fanno più effetto, mentre l'illuminato dell'ultima ora rimane come abbacinato dalle facoltà divinatorie della profetessa nazionale (aveva previsto tutto, anche Despacito), e per la gioia di sentirsi improvvisamente partecipe della verità rivelata si fa zelante al punto da ridurre il messaggio all'essenziale: ammazziamoli tutti prima che ci ammazzino a noi. Pure i bambini? Pure i bambini, si era detto di ammazzarli tutti. Non per nulla sulla sua lapide è scritto: “Oriana Fallaci, scrittore”, alla faccia della Boldrini e dei suoi amici pacifinti.
Sindrome di Cassandra: è la rivelazione stessa che, mentre annuncia la catastrofe, la rende ineluttabile.
Diseducazione siberiana
D'accordo, nemmeno a me piace particolarmente la Boldrini con quella sua cantilena da mater dolorosa e le sue risibili crociate grammatical-femministe ("muratora", "fabbra", "pompiera", e specularmente "gruisto", "autisto", "sindacalisto"), ma vomitarle addosso montagne di insulti più o meno anonimi è da poveri mentecatti. Se non fosse che, ultimo della lista, si muove contro di lei anche il grande scrittore russo, quel siberiano che non sa nemmeno parlare bene l'italiano, quello stimato da Saviano: "terroristi amici suoi!", dice, cioè della Boldrini. I russi si devono far sempre riconoscere, non ce la fanno, è come l'italiano che non sa resistere al richiamo del mandolino.
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