giovedì 26 gennaio 2017

Imbruttimento dell'anti-capitalismo

Ero ben avviato anch'io, tempo fa, lungo il sentiero della lamentazione anti-capitalista, che è legittima, per carità, e fra gli intellettuali è pure di gran moda, però poi qualcosa non mi quadrava, soprattutto il ricondurre tutti i mali del mondo alla rapacità di quell'individuo spregevole ed egoista che è il capitalista ridotto a macchietta, alla Ebenezer Scrooge. Dal fusto dell'anti-capitalismo cominciava poi a discendere tutta un'ampia ramificazione di argomenti moralistici, per cui ecco l'uomo ridotto a macchina desiderante in balia dei consigli per gli acquisti, finché a un certo punto nel discorso cominciava a rientrare anche la filosofia del gender, intesa come trionfo dell'individualismo nichilista (perché il capitalismo è nichilismo) che sovverte il corso delle leggi naturali e vuole l'impossibile, ovvero la famiglia omosessuale (questo preso a piè pari dalla riflessione del fu amico Diego Fusaro, col quale una volta pur collaboravo e di cui oggi non riesco proprio a capacitarmi). Una rivoluzione all'incontrario: il sessantotto come trionfo dell'individualismo, utile idiota della società di mercato, la liberazione sessuale come sovvertimento delle leggi di natura, la necessità reazionaria di liberarci dalla liberazione. Insomma, dalla padella alla brace, liberati dall'egemonia del capitalismo per ridiscendere negli inferi del paternalismo "hegeliano": no, grazie, preferisco vivere, quel tanto che posso.

5 commenti:

  1. capisco, ma secondo me fai riferimento a due forme di anticapitalismo diversi e che non hanno molto a che fare uno con l'altro. Il primo anticapitalismo è quello moraleggiante, proprio di tutti gli intellettuali che, pur volendosi ritenere puri e distanti dal mondo, non sono disposti a dichiararsi marxisti; il secondo è quello che fa capo a Costanzo Preve. Preve non può essere accostato al primo tipo di anticapitalismo se non altro perché ha sempre ben presente la definizione di capitalismo come "processo senza soggetto". D'altronde è difficile pensare ad Hegel come ad un moralista. Tra l'altro, se ci fai caso, l'anticapitalista moraleggiante è sempre in prima linea nella difesa delle diversità.

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    1. Io penso che in Preve ritornasse il moralismo là dove indicava il giusto limite degli antichi come regola civile, perché nessuno può impedire all'uomo di superare quel limite e darne una valenza positiva, come nel caso del progresso. Ne scrissi mesi fa.

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    2. Preve si rifà alla distinzione aristotelica tra economia e crematistica. Io non parlerei di moralismo ma di una legittima critica alla regola civile vigente.

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    3. Che sia legittima non è in discussione, ma siamo da capo: la critica scivola nel moralismo quando pretende di considerare esclusivamente negativa per l'uomo un cosa che invece non lo è necessariamente. L'arricchimento in sé non è un male assoluto, per questo i tentativi di limitare la libertà di avere più di ciò che si ha in nome di un sacro limite diventa alla fin fine un'ennesima forma di dispotismo, non trovi?

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    4. sì, su questo sono d'accordo, l'uomo deve essere lasciato libero di arricchirsi quanto vuole. Però, secondo me, non dovrebbe essere aiutato a farlo.

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