La bonifica delle paludi pontine, ironicamente è questo a cui si riduce la ricetta di sempre della sinistra che più si vuole dire di sinistra per uscire dalla crisi, grandi opere pubbliche di interesse generale con redistribuzione automatica della ricchezza e conseguente connotazione etica del lavoro (credo si riferissero a questo quando scrissero "l'Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro"). Per cui si ha questo grande affresco: il quarto stato tutto impegnato a spostare pietruzze e a spianare strade nell'arsura e nel polverone generale per il bene e per la sempiterna gloria dell'umanità. Senonché le grandi opere oggi comportano capacità tecniche talmente specifiche che il sogno umanista e comunitario del kibbutz globale si riduce per forza di cose alla perizia d'esecuzione del mansionario tecnico. E qui ritorna il tema dell'apparato tecnico sfuggito al controllo e cioè questo potente esoscheletro che nato per potenziarci ci ha oramai irrimediabilmente infiacchiti tanto da prevalere sulla dimensione umana. Risulta quindi evidente quanto difficile sia per l'uomo rinunciare alla sua conquistata potenza per ritornare a un fantomatico stato di natura in cui sia ristabilito l'equilibrio fra se e il resto del creato, anzi, l'uomo è per sua stessa natura lo stesso squilibrio ed è per questo che risulta sempre più vano ogni tentativo di addomesticarlo.
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