giovedì 30 aprile 2015

Forma e sostanza

Ne discutevo oggi con Luigi: stiamo scivolando verso una dittatura mascherata, finiremo come la Bielorussia? Questo non credo. Che ci sia in questo momento una posizione dominante di Renzi è evidente, ma questo principalmente per la pochezza degli avversari, una situazione che paragonerei a quella dell'Inter nella stagione della retrocessione della Juventus in serie B, Juventus che pure oggi è ritornata a stravincere e Inter che per contro è ritornata a straperdere (il paragone calza a pennello). Quella di Renzi non la vedo cioè come un'egemonia tale da impedire la riorganizzazione e la futura affermazione dell'avversario, Renzi sta semplicemente sfruttando il momento, ha sottratto certe prerogative al berlusconismo e gli ha tolto il terreno da sotto i piedi, Salvini per contro è ancora troppo debole, Grillo non ancora abbastanza forte, ma non ce la vedo una fine della storia, tutto sta a trovare la chiave giusta. Se la democrazia è garantire una possibile alternanza, allora ci siamo, ma a questa alternativa si dovrà pur dare il tempo di riorganizzarsi. Poi io penso che la democrazia oggi si trovi svuotata non tanto da Renzi quanto dalle stringenti necessità del sistema economico e finanziario con le quali si trova a fare i conti, il nostro è un caudillo da strapazzo al cospetto dell'enorme forza di dissuasione della tecnocrazia. A questo punto però mi piacerebbe capire cos'è democrazia per Luigi, quando possiamo sostanzialmente esserne certi, quando da forma ridiventa sostanza.

Abusus non tollit usum

Con questa legge si fa il sindaco d'Italia, se ne sta in carica per cinque anni (nelle intenzioni), che è il tempo minimo richiesto dalle necessità della moderna pianificazione economica e per il decorso medio di una gastrite cronica (a chi tocca nun se 'ngrugna). Un CEO, insomma, un amministratore delegato, il quale, qualora mandasse in vacca la società, potrà sempre essere sfiduciato dal consiglio di amministrazione e dai preposti organi di controllo. Regge il paragone aziendale? Se non regge fa lo stesso. Se dovessimo cambiare governo ad ogni uzzolo del popolo sovrano capirai il casino, il caos continuato e permanente esporrebbe la nazione agli attacchi speculativi oltre ad allontanare gli investitori stranieri, tipo Mr. Bee. Non è più il tempo dei governi balneari, e questo mica perché lo dice Renzi, ma perché è lo stesso assetto planetario ad esigere una certa stabilità degli esecutivi. Oggi come oggi non è certo la politica a guidare gli stati, è l'apparato economico-finanziario a dettare l'agenda e le tempistiche, ha bisogno insomma di trovarsi di fronte degli interlocutori certi, e la politica si deve adeguare. Non vi sta bene? Datevi all'antagonismo ma per favore lasciate in pace l'Expo, lasciate almeno che lo finiscano.

martedì 28 aprile 2015

Appendice alla pietra tombale

Il fatto è che Renzi non mi ispira, che ci posso fare? E' un problema mio, lo so, ora come ora nemmeno il Berlusconi di qualche anno fa mi ispirerebbe più. Elevarli a minacce per la democrazia è fargli un favore (la democrazia è minacciata da ben altre forze). Nell'economia del grande disordine mondiale non sono nulla, tutt'al più delle macchiette, dotate però di quella certa astuzia che qui da noi vale più di una medaglia al valore e che per molti è fonte di inesauribile fastidio (Berlusconi per la verità ormai appannato, per quiescenza, perché gli hanno rubato il personaggio e la cosa nemmeno gli dispiace). L'Italicum, ovvero l'oggetto del contendere. In Germania la Merkel governa da due lustri eppure nessuno mette in dubbio che non sia un paese democratico. Certo, direte voi, in Germania hanno tutto un altro senso dello stato. E allora, da capo, il problema è il carattere nazionale: qui da noi non c'è maggioritario, proporzionale, mattarellum, consultellum o porcellum che tengano, non c'è e non esiste un assetto istituzionale che possa liberarci dai nostri mali. Prendi per esempio questa sindrome della palude: temendo sopra ogni cosa il logorio della sua immagine, si fa prendere dalla frenesia del fare. Non importa se la legge è abborracciata, l'importante è fare qualcosa, dimostrare che eppur si muove, con il premio di maggioranza al 40,81%, siamo pur sempre italiani, no? (se poi ritenete che sia più onorevole confidare nella cosiddetta minoranza, e cioè su quella parte del PD che da vent'anni a questa parte si è dimostrata più paludosa del Mar dei Sargassi, accomodatevi pure: contenti voi, contenti tutti, siamo in democrazia).

lunedì 27 aprile 2015

Primo stratagemma

Per esempio io penso, in accordo con un signore molto più in gamba di me, che l'atteggiamento tecno-scientifico abbia a lungo andare la forza di rendere obsoleto anche il capitalismo, la ricerca illimitata del profitto, che da fine ultimo si tramuterà in mezzo asservito agli illimitati scopi della tecnica. E non è detto che in parte non sia già così. Questo ci dice, in ultima analisi, che a questo mondo non c'è posto per due pistoleri. Di nuovo questa situazione non piacerà ai nemici della modernità, ma qui sta il punto: glielo vai a dire tu al Prometeo liberato che non è bene accendere il fuoco e si dimentichi pure come ha fatto per il bene dell'umanità? Non regge. Comincia a limitare moralisticamente una qualsiasi capacità che accresca la potenza dell'uomo e quella si inabisserà e saturerà il terreno a tal punto da riemergere in superficie più dirompente di prima. Hai di fronte le cose e per sentirti più sicuro hai bisogno di comprenderle, dalla comprensione alla volontà di piegarle ai tuoi scopi il passo è breve: vuoi forse limitare la comprensione del mondo? Viene da sorridere di fronte a quegli umanisti che pretendono di farle la morale: questo si può comprendere, questo no, fino a lì ti puoi spingere e non oltre, non giocare con i cromosomi che diventi cieco. A maggior ragione ora che la condivisione della conoscenza s'è diffusa a livello planetario. La tecnica è quel virus altamente contagioso che si spaccia, a torto o a ragione, per la più efficace delle cure, e non c'è limite che possa ostacolarla perché il disagio che suscita l'ignoto, il timore di non riuscire a comprendere qualcosa, è l'antidoto più sicuro ad ogni obiezione che le si può muovere: «l'arte della guerra consiste nello sconfiggere il nemico senza doverlo affrontare».

Gelassenheit

Va bene, mi arrendo. Pare che radice di molti malesseri sia ormai questo attrito che si è venuto a creare fra l'uomo e la tecnica. La macchina originariamente pensata per mettersi al servizio dell'uomo si è talmente sovradimensionata che minaccia di schiacciarlo e di prenderne bellamente il posto. E' un tema classico, quello della creatura che si ribella al suo creatore. Per cui voglio da oggi mettere da parte lo scetticismo riguardo la possibilità di un ripensamento del nostro rapporto con la tecnica e mettermi anch'io a pensare a una seria alternativa. Escluso il marxismo, la lamentela heideggeriana e vattimian-galimbertiana, esclusa la nostalgia del passato. Vi indicherò un'altra via, anche se ancora non so bene quale (oggidì se non dici anche tu la tua sulla tecnica non sei praticamente nessuno). La tecnica ha molti nomi: modernità, secolarizzazione, individualismo, globalizzazione, progressismo, capitalismo. Cattolici e marxisti sono oramai uniti nella comune lotta contro il moloch della modernità che tutto pretende e tutto divora. Ci si mettano anche le destre sociali, l'ecologismo, il veganismo, l'animalismo, i no-global e i no-tav. Detto questo, qui il problema fondamentale rimane uno solo: riuscirà a ritagliarsi un suo posticino nella modernità un ultraquarantenne che si avvia mestamente alla cinquantina e che fra non molto non riuscirà nemmeno più a trovare un lavoro? Dalla soluzione al quesito dipenderà la qualità della risposta: se sì, allora tutto bene, nella modernità si troverà benissimo e lunga vita al capitalismo; se no, allora sotto con l'anticapitalismo e dagli al progresso e alla modernità cattiva matrigna che ci usa finché siamo buoni e poi ci getta via quando non le serviamo più (probabile che mi troverete sotto un ponte con il libretto rosso in una mano e nell'altra i buoni della Caritas, Gelassenheit un bel cazzo).

domenica 26 aprile 2015

Aguzza la vista

Era venuto Husserl a dirci che occorreva ritornare al fenomeno, che troppo avevamo congetturato sopra enti metafisici col rischio di parlare del nulla. Poi venne l'allievo a tentare di fare dell'ontologia senza metafisica, di cercare l'essere entro i limiti di ciò che si mostra. Ma ecco che per salvaguardare l'evidente fragilità dell'ente e posto che l'essere è tale, così dicono, solo se immutabile e incorruttibile, di nuovo ricade nel vizio della metafisica e fa dell'essere "ciò che permette agli enti di mostrarsi e di illuminarsi", torcia elettrica che mai si consuma, convitato di pietra, entità incombente che mai si mostra. Sto parlando di Heidegger. Che a un certo punto si rese pure conto che si stava incaponendo in un disperato tentativo di afferrare l'aria, ma che per non farci brutta figura decise di scaricare tutta la responsabilità sul linguaggio, a suo avviso insufficiente a descrivere quel che aveva in mente. Il ventesimo secolo ci andò a nozze, che "l'essere si nasconde nel non detto del testo, ovvero nei vuoti tra le righe" (Derrida). Voi dunque pensavate di stare leggendo una cosa un po' astrusa ma tutto sommato innocua, e invece no, occhio che l'essere, il santo Graal, potrebbe incombere anche fra gli spazi vuoti di queste poche righe, non lo vedete? Aguzzate la vista (voleva più o meno dire che l'essere non è un'entità a sé ma è la struttura stessa degli enti, la loro grammatica. Elegante, tuttavia non ne farei una questione estetica).

Indolenza

Andiamo verso il freddo e non ho niente da mettermi, l'estate appena cominciata è già finita (il fatto è che non avendo niente da dire mi portavo avanti). Nulla da dichiarare sul 25 aprile, massimamente preoccupato per le sorti di Fabio e Mingo, stavo facendo le orecchie a un libro di Ceronetti. C'è quell'umidino tipico delle giornate di primavera quando decidono di regalarti gli ultimi scampoli d'inverno, per strada la gente s'è rimessa i loden. La città è sonnacchiosa, i rumori attutiti, giusto i vicini che litigano di sopra e lo sfrigolio delle ruote sull'asfalto. Una densa coltre lattiginosa avvolge le sommità dei monti, celando alla vista le creste più aguzze. Bianchi i versanti più esposti, di un verde cobalto quelli più a valle (come descrivo bene io la montagna nemmeno Mauro Corona, e tutto a memoria, ad avere voglia potrei descrivervi anche i prahos della Malesia. Au revoir).

sabato 25 aprile 2015

Pietra tombale

Purtroppo il mio estremo scetticismo riguardo le sorti della nazione non mi permette di appassionarmi troppo al dibattito sull'Italicum, anzi, per niente, non saranno preferenze o liste bloccate o premi di maggioranza a cambiare la sostanza, le fortune di una nazione dipendono in primis dal carattere nazionale e non c'è forma costituzionale o legge elettorale che possa dall'esterno emendarne le storture.

giovedì 23 aprile 2015

Dissociazione cronica

Probabilmente sarà lo stress o un certo disturbo mentale che mi trascino da un po' di tempo ma continuo ad avere questa strana sensazione di muovermi come immerso in una rappresentazione e di essere sempre lì lì per sfondare la quarta parete. Sarà perché sono modesto, così modesto che nemmeno sono convinto di vivere. Né per una fortuita combinazione d'atomi, né perché così ha voluto il Signore. Continuo a vedere solo questo gran balletto di forme che sempre cangiano e sempre si rinnovano in un moto browniano, vivere, morire, quello nasce senza encefalo, l'altro con una testa che se la porta in giro quando c'è tempesta (vecchio detto mantovano). Non ci trovo niente di particolarmente attraente, solo dell'inutilità, sarà per questo che mi rifugio nell'irrealtà, è un meccanismo di difesa che però si attiva da solo, c'è un ghost nella machine (fra l'altro oggi non si può nemmeno consultare la Treccani on line, ché ti ingiungono di leggere un libro vista la giornata mondiale. Io ai libri ho dato la vista, a me dovrebbero farmi socio onorario dell'ordine dell'incunabolo, altroché).

mercoledì 22 aprile 2015

Divide et impera

Da queste parti siamo talmente avanti che del divorzio breve nemmeno ce ne curiamo, non ne abbiamo bisogno. Non starò qui a raccontarvi il perché e il per come, abbiamo già dato (repetita non iuvant). E sorrido dei poveretti che magari stavano in trepida attesa, di quelli che devono avere sempre una donna, di quelli che devono ancora pagare gli alimenti... per una volta lasciatemi maramaldeggiare: cavoli vostri (la vendetta del fantasma formaggino). Il tutto passa nell'indifferenza generale, tra una partita di champions e un tweet di Salvini sui rom. Solo Famiglia Cristiana alza un grido di dolore*, Adinolfi schiaccia* ma nessuno se ne accorge, gli spalti sono vuoti: dove sono finiti i bei tempi della Controriforma, quando gli spalti erano gremiti e temutissima era la curva degli ultrà? Boh. C'è stato un luogo nel tempo, ne abbiamo testimonianza, in cui di queste cose nemmeno si discuteva, il matrimonio era indissolubile, punto. Il tutto emergeva da una diversa configurazione delle particelle elementari che evidentemente indicava, ma per vie misteriose, priorità di cui oggi si è persa ogni traccia. Eppure anche quegli uomini erano fatti di atomi, sempre gli stessi: da quale voragine dello spaziotempo sono stati inghiottiti i valori non negoziabili, forse dal Triangolo delle Bermude? Ve la do io la risposta: ci vogliono divisi per meglio controllarci (questa la rivendo ai grillini).

martedì 21 aprile 2015

Game changer

Prima di chiedere scusa all'On. Santanché bisognerà capire che differenza passa fra l'affondare e il distruggere i barconi, come propone l'Ue*. Temo che questa volta sarà difficile uscirne, o mi sono sbagliato io e ho capito male? Eventualmente si può sempre dare dei fascisti a quelli della commissione europea.

lunedì 20 aprile 2015

Del presentismo ontologico

Ho avuto la rivelazione, come Nietzsche a Sils Maria. Fortuna che sono una specie di hikikomori, che se non fosse per il lavoro me ne starei rintanato tutto il giorno in casa, e così alla sera ho tutto il tempo di battere certi sentieri (e qui non fate battute) che rimarrebbero altrimenti inesplorati. Intendiamoci, niente di nuovo o di eclatante o che si possa solo lontanamente paragonare all'eterno ritorno dell'eguale (ci mancherebbe, fra l'altro l'avrà capito solo lui), diciamo solo che ora mi è chiarissimo come la vita venga vissuta esclusivamente entro l'orizzonte temporale di un eterno presente all'interno del quale si svolge tutta la commedia, che del passato non abbiamo testimonianza se non nel presente e che il futuro è possibile solo in presenza di un presente. Niente di mistico, a suo tempo ne ha parlato anche IlSole24ore. D'altronde è da matti pensare che il passato abbia avuto e continui ad avere una sua consistenza inafferrabile e che continuamente ricada nel nulla, istante dopo istante, così com'è da matti pensare che il futuro si crei sul momento, miracolo dopo miracolo, epifania che non conosce requie (è molto cristiana questa freccia del tempo all'interno della quale saremmo tutti "scoccati"): tutto si svolge nel presente, dimensione atemporale entro la quale scorre l'intero universo. E d'altronde che cos'è per la fisica il passato - come del resto il presente e certamente anche il futuro - se non una particolare configurazione di tutte le particelle che lo compongono? Esistono le configurazioni, il tempo è dimensione puramente convenzionale, e questo lo sanno bene anche i fisici: una volta che con Eintstein è saltata la simultaneità, i buoi sono scappati, inutile chiudere la stalla. (prendo solo mezza pastiglia per la pressione alla mattina, non faccio uso di droghe e bevo poco perché l'alcol mi fa venire sonno).

domenica 19 aprile 2015

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore

Be', mica dice di affondare i barconi con gli immigrati dentro, dice prima di farli partire. Lungi da me difendere la Santanché che si difende benissimo da sola, ma se vuoi disinnescare una certa destra farne la solita caricatura non fa che riproporre il problema. E poi mentre noi stiamo qua a recitare la commedia, quelli continuano ad affogare. Lo sappiamo tutti che il problema andrebbe risolto a monte, ma vuoi perché non possiamo non dirci cristiani (la caritas), vuoi perché non possiamo nemmeno andare direttamente in Libia a cannoneggiare le coste, s'è creata la situazione ideale per questa immensa carneficina (se non ne scrivo è per pudore, arrivo io e ci metto sopra il cappello, non sono mica il papa). Facciamo bene a sollecitare una soluzione europea, a maggior ragione ora che si sarebbero pure gli estremi della sicurezza nazionale, ma quelli lassù ci lasciano cuocere nel nostro brodo, vedi con quale solerzia si sarebbero mossi se al posto della Sicilia ci fosse stata la Renania o il Palatinato, non sarebbe passato nemmeno uno spillo.

Nel carattere il tuo destino

Poi ovviamente c'è il tipo umano che si sente più esposto alla minaccia della modernità, che ha timore di non essere all'altezza, che si sente travolto dalla velocità del cambiamento, che teme di essere ridotto a semplice numero fra i numeri e giudicato secondo il principio della mera utilità, e qui sta il punto. Capisco benissimo, anch'io ho di queste ubbìe che in parte non sono nemmeno ingiustificate, solo che ha un certo punto occorre anche comprendere che con questa realtà bisogna pur fare i conti, mettersi nelle condizioni di dialogare, non serve a nulla fare i rancorosi e frapporre un atteggiamento di chiusura, alla ricerca di una purezza tutta ideale e di una supposta perduta età dell'innocenza, tanto l'apparato, la megamacchina, procede anche senza di noi. Il tipo umano che non vuole dialogare con lo stato di cose ma solamente abbatterlo e fa dell'essere un dissidente motivo di eroismo, tenderà più facilmente di altri ad abbracciare correnti filosofiche quali l'heideggerismo, il marxismo o qualsiasi altro movimento di destra, di centro o di sinistra che guarda al passato come all'età dell'oro e considera il presente né più e né meno come l'epoca della "compiuta peccaminosità". Un po' di psicologia aiuta a comprendere i motivi di certe scelte di campo.

sabato 18 aprile 2015

Delenda Heidegger

Non si può liquidare Heidegger semplicemente brandendo la clava dell'antisemitismo, troppo facile e troppo superficiale, col rischio che una volta passato lo scandalo ci si riproponga come i crauti a merenda. Capisco che il livello generale del dibattito filosofico mondiale stia a livelli da prima liceo, che la vera filosofia sia ormai la scienza che smuove le montagne, e che per lanciare la fatwa su Heidegger basti fare un discorsetto semplice semplice tutto incentrato sul politicamente corretto come per esempio quello di Wolin*, ma comunque non basta. La morte della filosofia si vede anche da questo, in questo suo ritirarsi nel recinto angusto della sfera morale, come se non avesse più nulla da dire sulla struttura della realtà in generale (questo sì il vero autoannientamento, ma di Heidegger stesso, che da una parte poneva la parola fine sulla filosofia in quanto epistème e dall'altra si lamentava dell'incontenibile forza della tecnica). 

Prima preoccupazione di Heidegger, prima ancora degli ebrei, fu quella di ridurre l'essere immutabile a qualcosa di diveniente o quantomeno diverso dall'ente (la famigerata differenza ontologica). Per Heidegger, che faticava a trovare le parole adatte a spiegarsi tanto da inventarle di sana pianta, l'essere non poteva e non doveva essere l'ente. L'ente deve essere lasciato libero di divenire in quanto pura possibilità, per cui l'essere immutabile della tradizione metafisica non può e non deve coincidere con l'ente. L'essere viene dunque assunto da Heidegger come quell'apertura, quella luce che illumina gli enti e li lascia essere, li rende visibili in quanto fenomeni. Da qui si innesta poi l'avversione verso la civiltà della tecnica, intesa come principale antagonista della libertà degli enti e in principal modo di quegli enti così speciali che sono gli uomini. La pretesa della scienza di controllare l'intero processo di produzione e di distruzione degli enti è per Heidegger la minaccia più estrema alla libera autodeterminazioe degli uomini, alla creazione, alla novità, alla fluidità del divenire. Il progresso scientifico, dunque, lungi dall'essere il primo e il più potente rimedio alle storture della vita, sarebbe invece per Heidegger il vero nemico dell'uomo, l'ennessimo ostacolo metafisico alla piena realizzazione della sua libertà.

Da questa vera e propria demonizzazione della tecnica conseguono tutte le sciagure a cui andranno incontro Heidegger e gli heideggeriani più sfegatati. Perché una volta posto come nemico pubblico numero uno il progresso scientifico, ciascuno, secondo la propria sensibilità, verrà a dipingere la tecnica ora come la più grande forma di nazismo (sminuendo il pericolo di quello vero prendendo una topica colossale, ed è il caso di Heidegger), ora come quel nemico assoluto, magari assimilabile al capitalismo, che giustifica ogni ulteriore indugiare nella tradizione marxista e anticapitalista (ed il caso di un'innumerevole schiera di filosofi e intellettuali contemporanei, fra i quali, caso esemplare, il buon Gianni Vattimo, che non a caso ha avuto pure lui i suoi bei grattacapi).

Su questa avversione viscerale all'apparato tecno-scientifico capace di trasformare più di ogni altro la realtà (invidia del pene, si direbbe, ma in senso filosofico), si innestarono poi in Heidegger le sue personali ubbìe mistico-teologiche e infine l'antisemitismo, tirato dentro a forza per la forza stessa di certi sortilegi molto in voga a quel tempo e non solo in quello. Con questo spero di avere chiarito almeno in parte la genesi di un'ossessione che ai più sembrerebbe come sbucata dal nulla e un po' campata in aria, ma che invece dimostra di avere alle sue spalle un suo solido background.

«Pelle di rospo fritta in limatura di ferro»

Per gli appassionati e gli addetti ai lavori segnalo questo gustoso contrappunto a Spinoza di Guido Ceronetti (La lanterna del filosofo): «Su un biliardo c'è un uovo, un cieco lancia due biglie: una manca l'uovo, l'altra lo rompe: il cieco è la Natura, la biglia l'uomo, l'uovo rotto il crimine. Come la Natura di Sade, il Deus spinoziano è privo dell'organo della vista: si può distruggere la biglia, per punirla di essere stata spinta da un cieco a rompere l'uovo? [...] Come può Spinoza condannare le biglie dell'Aja per aver rotto, spinte dal grande Cieco, il piccolo uovo De Witt?». Gli esegeti di Spinoza sanno quanto egli s'infuriò con la folla (ultimi barbarorum) che linciò i poveri fratelli De Witt colpevoli di idee liberali, e qui si vuole intendere: se tutto è necessario, perché mai te la dovresti prendere con la necessità? E infatti è noto che il punto più delicato dell'intero sistema spinoziano stia proprio nel tentativo di far comunque emergere dall'affermazione dell'assoluta necessità di tutte le cose un'etica della conoscenza e della liberazione dalle passioni, problema analogo ebbero gli stoici. Se volete sapere come la penso, mi rendo conto di essere determinato da un'etica della compassione in senso schopenhueriano, ma per l'appunto ne sono determinato e non escludo a priori che altre forze possano agire su di me in certi momenti che definiremo topici. «Se appena la punta del mio piede entra nel tempio dell'Ethica sono come morto: nessuno piange, nessuno ride, eppure guai a immalinconirsi (Melancholia semper mala); un rettilineo implacabile conduce a una felicità intellettuale che per il cuore è una pelle di rospo fritta in limatura di ferro» (come lotta il Ceronetti, pure lui agito dalle necessità del suo essere, ma si era ancora nel '77 e la vecchiaia, dopo, riaddolcì il giudizio sul rabbino).

venerdì 17 aprile 2015

Solo un dio ci può salvare

E che sarà mai? E' andato in America per sfoggiare i progressi del suo inglese e per discutere di certi affari di stato che competono al capo del governo. Ci crede davvero a quello che dice, solo che ha un'idea vaga del contenuto. Lui è il condottiero, il grande motivatore, poi il compito di sistemare la squadra in campo e di portare a casa il risultato spetta ai commissari tecnici, mica s'è laureato a Coverciano. L'archistar indica il progetto e i capimastro ci sbattono le corna (l'archistar non è tenuta a conoscere la posizione di tutti i bulloni). Poi tu ci puoi mettere chi vuoi e cambiare staff, catering e perfino capo chef, tanto l'Italia non riparte perché quando il mondo s'è allargato, invece di allargarsi anche lei, di fatto s'è ritirata, come a suo tempo la Serenissima. Occorre prenderne atto, occorre comprendere che non c'è alcuna possibilità di ripartire (poi, vai a sapere, i miracoli, i cinesi che prendono la difterite...), che la selezione naturale ha fatto il suo corso e assieme alla tigre siberiana ormai siamo a minaccia di estinzione, l'unica possibilità che abbiamo di sopravvivere è di riconvertirci a museo vivente (qui al nord c'è ancora giusto un lumicino di speranza, ma la miccia è corta e lo stoppino squaglia): ormai solo un dio ci può salvare, e quindi stiamo freschi.

giovedì 16 aprile 2015

Siesta grande

Sono ormai dell'opinione che prima di accingersi ad emendare la realtà bisognerebbe emendare se stessi, conoscersi bene e capire da dove provengono e perché si formano in noi certe idee sulle cose piuttosto che altre, un lavoro lungo, se volete, che richiede un impegno e una franchezza fuori dal comune. Serve anche essere giunti alla saturazione, essere satolli per dedicarsi con tutta calma ai piaceri della digestione, quindi guardare quel cibo che prima pareva così indispensabile alla soddisfazione dello stomaco sotto l'effetto lisergico della cupiditas con occhio placato e non privo di una certa sufficienza. Voi intanto continuate a incarognirvi anche per me, io mi faccio una siesta.

lunedì 13 aprile 2015

Note a margine

Dopo Schopenhauer mi sono messo a leggere l'Etica di Spinoza, bella. Di Spinoza apprezzo il risvolto stoico, quella meditazione sulle passioni e sull'animo umano, quella certa negazione della libertà ("gli uomini s'ingannano nel credersi liberi"), quella sua geometrica "coscienza della necessità". Allo stesso tempo spero invece che questa storia dei quaderni neri possa nuocere gravemente ad Heidegger e agli heideggeriani, con tutti i loro neologismi e i loro trattini tra sillaba e sillaba che dovrebbero restituirci il senso di certe profondissime e abissali verità, che possa accompagnarli verso il meritato e inesorabile declino (si spera definitivo ma in ultima analisi basterebbe anche solo temporaneo, meglio di niente).

Ed io tra di voi

Mi sfuggono le ragioni del genocidio armeno, voglio dire, non mi pare che Kim Kardashian sia così pericolosa... certo, se vai a sbatterci contro, per esempio contro le tette, capace che ti parta un incisivo, ma insomma, ci stai attento. E poi Aznavour. Voglio vederlo Erdogan a cantare Ed io tra di voi*, ma quello le pianta una scimitarra nel petto, altro che "no, non è niente, è solo un po' di stanchezza". Per non parlare di Cher con le sue formidabili calzamaglie inguinali* (gran bel culo la Cher, altro che quel sorcio de Lady Gagga). Va bene, direte voi, e Linda Kasabian e Jack Kevorkian? Due corvi non fan primavera. I conflitti identitari sono sempre i peggiori e i più virulenti, partono da una disputa sul verso da tenere nei nodi dei tappeti e finiscono in genocidio. Ma voglio credere ai turchi, voglio credere che non vi sia stato genocidio ma solo qualche problema di logistica nelle fasi convulse del trasferimento di domicilio (Papa Francesco mi fai una pippa).

sabato 11 aprile 2015

Gradiente di concentrazione

Strano che Salvini non abbia dato la colpa a Equitalia, poteva prendersi una pausa da sciabattanti e musulmani e imbastirci sopra una bel teorema sulla crisi delle piccole e medie imprese. Pare invece che abbia prevalso la linea della sicurezza dei cittadini, sono molto deluso (Jean-Marie non avrebbe avuto certe remore). Le toghe rosse invece non hanno perso tempo e poco ci manca che indichino in Berlusconi il mandante ideologico. Perché un fatto di cronaca non è mai nudo e crudo, isolato dal suo contesto, i significati emergono per osmosi fra le varie membrane del corpo sociale (e se avete capito la metafora siete proprio bravi). Compito della vera giustizia sarebbe dunque quello di essere indifferente alla pressione osmotica e di decidere della singola molecola al netto dei passaggi di soluzione (e se avete capito anche questa siete formidabili).

Sinergology

Devo dire un po' curiosa l'intervista di quell'avvocato ripreso in penombra* che descrive il suo ex assistito come un signore distinto, sempre vestito bene e con un certo savoir faire, un attore di Beautiful, con una sua certa "cinesi" (vedi alla voce "cinetica") che ne tradiva non già gli intenti omicidi ma ne confermava semmai geometricamente il suo saper stare al mondo. Oltre i solerti vigilanti di via Manara sarebbe dunque riuscito a mettere in saccoccia anche Lombroso, il quale notoriamente preferiva concentrare i suoi sospetti sui neandertaliani, ma ci riserviamo comunque di attendere le risultanze dell'esame fisiognometrico e accertare l'eventuale mancanza nel soggetto della cresta occipitale interna.

giovedì 9 aprile 2015

Niedergang

Oggigiorno vivere apaticamente è praticamente impossibile, qualche stimolazione cerebrale la devi pur raccattare per strada, soprattutto nei giorni feriali. Vi pare giusto che uno non abbia nemmeno più il tempo di deprimersi? E dove ci porteranno i falsi miti di progresso? L'Italia non ce la farà. Scappate finché siete in tempo, per me è tardi. Dell'Italia resterà solo qualche scorcio pittoresco, tipo la Grecia, ma con più monumenti (sia lodato il rinascimento, sempre sia lodato). Non ce la fa a stare al passo col mercato globale, è inutile, non ce la fa. Inutile prolungare l'agonia, chiudiamo la baracca e finiamola qui, consoliamoci che almeno sappiamo far l'amore (e lasciagli qualche illusione al maschio latino, poveretto).

mercoledì 8 aprile 2015

Zoon apolitikon

Che poi io sono come Talete*, se non sono ricco è per scelta, se solo volessi potrei comprare tutti i frantoi dell'Asia Minore e rivenderli ai cinesi dimostrando al mondo che anche un filosofo, grazie alla sua intelligenza, si può arricchire, è solo che non vuole perché disprezza il denaro, la ricchezza fine a se stessa. Per questo dobbiamo ringraziare Aristotele, e vuoi perché l'uomo è zoon politikon, vuoi perché deve aborrire la cremastica, meno male che c'era Aristotele altrimenti a quest'ora sarei schifosamente ricco... (oh, intesi, non c'è scritto da nessuna parte che l'uomo è zoon politikon, cioè animale naturalmente politico - e sullo zoon politikon ci hanno costruito intere carriere accademiche -, casomai lo diventa per necessità e io ne sarei la prova... oddio, non sarò mica contro natura?).

lunedì 6 aprile 2015

E la folla rise di Zarathustra

Nonostante il vento gelido che spirava dai monti, davanti alle gelaterie gli assembramenti, manco fossero gli ultimi gelati dell'umanità. Io ho tentato di spiegare, ho cercato di ammonire, che quei gelati non erano altro che molecole di zucchero e di latte, che a loro volta erano semplici atomi insapori e inodori, che a loro volta erano funzioni d'onda emerse dal campo bosonico, increscapure del vasto oceano quantistico, nel quadro generale dell'ancor più vasto spaziotempo relativistico. Ma quelli niente, imperterriti a leccarsi i loro gelati come se niente fosse, alla faccia di Heisenberg, di Einstein e di Dirac (restate pure nella vostra ignoranza, che vi devo dire).

domenica 5 aprile 2015

Coniglietti

Per esempio, che ne possiamo sapere noi delle reali capacità di un Delrio oltre al fatto che figlia come un coniglio e che sa andare in bicicletta? Nulla, è tutta fuffa, racconto per immagini, storytelling. Ma come del Delrio così anche gli altri. E quindi questa visione idealizzata e un po' illuminista delle istituzioni e del loro significato per cui in una democrazia il popolo sovrano voterebbe con cognizione di causa e vera nozione del bene e del male mi pare, se ancora ve ne fosse bisogno, una sesquipedale stronzata. Buona Pasqua.

sabato 4 aprile 2015

Hic sunt terrones

Vogliamo parlare di questa passione ischitana di Angela Merkel? Molto tipica dei tedeschi, direi, sono rimasti al Grand Tour, allo zoo safari in mezzo alle bestie feroci. Capisco, capisco benissimo. Capisco che dopo tanta efficienza e precisione si senta come il bisogno fisico di calarsi in questo Mediterraneo da cartolina, che magari non vuole fare i compiti a casa, ma che è tanto, tanto pittoresco... (tutto questo senza nulla togliere ad Ischia, gemma del Golfo, medaglia d'oro della Resistenza).

Fernandel

Questa idea del papa buono e progressista (e pacifista, e comunista, ecc.) è una favoletta che può incantare giusto Bertinotti e Scalfari. Il massacro di quei poveretti in Kenya, colpevoli solo di avere scelto la tradizione sbagliata, non è meno grave dei fatti di Parigi e fa bene il papa ad alzare la voce, qui in difesa non solo dell'umanità in generale, ma dei suoi propri fedeli in particolare. E dunque perché oggi non siamo tutti kenioti? Perché il Kenya è lontano, perché è in Africa (e in Africa, si sa, ne succedono di ogni), perché occorre non fare alcun cenno a una possibile guerra di religione (ma tanto quelli non fanno distinzione fra cristiani e nichilisti). A questo papa prudono invece le mani, questo papa viene dalla fine del mondo, viene dai peggiori bar di Caracas, altro che Stan Laurel, questo papa è Fernandel (Don Camillo sarebbe stato un eccellente papa).


venerdì 3 aprile 2015

Agape

Lavare i piedi a Sylvie Lubamba prendendo a pretesto la liturgia del rito cattolico è qualcosa che non sarebbe venuto in mente nemmeno a Dipré, chapeau.

giovedì 2 aprile 2015

Prosit

Di che dovremmo parlare, della De Girolamo, di Toti, del vino di D'Alema? Del vino di D'Alema: sarebbe stato più divertente se glielo avesse comprato CasaPound? Le cooperative sono corporative, comprano preferibilmente dai soci e dagli amici, e dagli amici degli amici degli amici, sono gentlemen's club. Hai un tubo che perde? Ti trovano l'idraulico. Ti serve un elettrauto? Qualcosa si rimedia (son come la Compagnia delle Opere). A me personalmente non piace fare comunella ma questo è un mio limite caratteriale, in realtà pare non ci sia proprio nulla di male, a maggior ragione nel caso delle cooperative rosse, dove i compagni si danno da fare per aiutare la povera gente che tiene bisogno.

Träumen

Ho sognato di essere fatto di carne, di una materia deperibile e sempre esposta al pericolo di essere trafitta, mutilata, gravemente ferita, e come me miliardi di altri esseri che solo per un caso vivevano in pace ma che alla peggio e del tutto imprevedibilmente potevano pure costringerti a certe morti orribili... e per vivere dovevamo mangiare altre cose viventi, che fermentavano nel corpo per poi venire espulse ridotte in poltiglia da certi orifizi... non vi dico la tortura di quella cosa che chiamavano lavoro, per la maggior parte del tempo costretti a ripetere le stesse operazioni per ore ed ore in cambio di denaro, con una sensazione sempre incombente di ansia e di incertezza del futuro, un incubo.