giovedì 31 gennaio 2019

La polverizzazione del lavoro ci rende tutti dei poveri gristi, e non ci salverà né l'affabulazione ottimistica di un mondo prospero e globalizzato né quella rassicurante del sussidio universale per tutti, semplicemente la macchina della modernità viaggia in direzione contraria agli esseri umani, li rende a poco a poco superflui.

lunedì 28 gennaio 2019

Dei multipli di quattro

Quando Schopenhauer si mette a scrivere la sua tesi di laurea, "Sulla quadruplice radice del principio di ragione sufficiente", ha già avuto da un pezzo la sua illuminazione, che il mondo è disperazione e frutto di un ente sommamente malvagio che gode delle sofferenze delle sue creature. Non per niente la quadruplice radice, sebbene tratti di tutt’altra cosa, rimanda nel titolo alle quattro nobili verità del buddhismo: la verità del dolore, la verità dell'origine del dolore, la verità della cessazione del dolore e della via che porta alla cessazione del dolore, e al conseguente ottuplice sentiero che nell’intenzione degli illuminati dovrebbe condurre alla definitiva liberazione: Schopenhauer è il buddha, il risvegliato, della tradizione occidentale, e proprio perché occidentale poco affine alle frugalità orientali quanto piuttosto alle comodità dell'Englischer Hof. Nolontà: se l’ente malvagio ci mette al mondo solo allo scopo di farci soffrire, allora il nostro unico modo per averla vinta è non dargli la soddisfazione di partecipare alla giostra. Dharmacakra, la ruota del dharma i cui otto raggi simboleggiano le armi a disposizione del risvegliato per sconfiggere il dolore del mondo (curioso che anche un altro grande salvatore dell’antichità, Epicuro, abbia messo a punto un tetrafarmaco, una quadruplice medicina contro la paura degli dei e della morte, la salvezza dei senzadio procede per multipli di quattro).

domenica 27 gennaio 2019

Lo zen e l'arte della manutenzione dello tsunami

E' il Franco CFA il problema? Opinabile, l'economia africana è disastrosa con o senza Franco CFA, e mica solo l'economia, però l'argomento del Franco colonialista ha l'indubbio vantaggio di fare da foglia di fico e di esportare in Africa la questione della moneta unica che soffoca i paesi poveri, e per giunta di dare la colpa a Macron, il quale dal canto suo ha già fatto il suo tempo, tale e quale Matteo Renzi, e chi è che in Francia voleva abolire il Franco CFA? Ma Marine Le Pen, ovviamente. Tutto torna. (alle prossime europee marea populista, inutile resistere, converrà afferrarsi a qualcosa di solido e lasciarsi trasportare via dalla corrente, lo zen e l'arte della manutenzione dello tsunami).
Voglio dire, abbiamo una ragione che sia più forte del semplice sentimento di umanità per imporre lo sbarco dei migranti della Sea Watch 3? Giuridica, teologica, metafisica. Se ne abbiamo una facciamola valere, che per sola umanità oggi come oggi non si stirano nemmeno le camicie. 

Affirmanti incumbit probatio

Affirmanti incumbit probatio dicevano i latini, all'affermante incombe l'onere di provare quel che dice. Gran bel principio che imporrebbe all'oratore di pensare bene prima di dire, il che renderebbe muto all'istante ogni politico, per il quale, si sa, vale più il principio del repetita juvant, della ripetizione che induce alla persuasione, per sfinimento.
Padre mi stima per quello che gli faccio leggere e mi incoraggia: perché non mettete su un giornale online? Questione ampiamente dibattuta. Internet è una gran bella cosa perché ti garantisce di organizzarti il tuo angolino online ma proprio per questo la parola perde la sua solennità, tutto si svilisce e si diluisce nel mare magnum di una mediocrità rassicurante perché alla portata di tutti. Internet croce e delizia, fine dell'umanità.

sabato 26 gennaio 2019

I Gracchi

Dunque, là dove Renzi impersonava la figura del dictator chiamato dagli ottimati a reggere in via straordinaria le sorti della Repubblica a garanzia dei suoi princìpi minacciati dall'incombente marea populares, Salvini e Di Maio impersonano una strana diarchia di consoli/tribuni della plebe, l'uno della Gallia Cisalpina e l'altro della provincia campana, il cui principale collante è il consenso delle masse blandite da provvedimenti di carattere demagogico, elargizioni di sussidi e distribuzioni straordinarie di pane a prezzo calmierato, con affabulazione correlata riguardante fantomatiche minacce alla sicurezza della Repubblica provenienti dalle zone inesplorate dell'Africa, hic sunt leones, insomma, niente di nuovo sotto il sole.
"Tutto ciò che produce una migliore intesa, mi par dunque debba essere il benvenuto per la filosofia, tanto più dopo che si sono udite così spesso le lamentele dei filosofi di non essere capiti, e d’altra parte anche le lamentele dei lettori sull’oscurità dei filosofi, mentre entrambe le parti desiderano senza dubbio sempre intendersi nel modo più esatto". 

(Schopenhauer, La quadruplice radice del principio di ragione sufficiente)

Stella polare.

venerdì 25 gennaio 2019

L'algoritmo di Google news mi perseguita con le ultime perle di Lino Benfi: «Buono il prosecco, ma per quelli come me serve il prograsso». Chi lo tiene più Nonno Libero.

giovedì 24 gennaio 2019

Lex frumentaria

"La lex Sempronia frumentaria fu emanata nel 123 a.C. su proposta del tribuno Caio Sempronio Gracco. L'erario si faceva carico di acquistare in Sicilia del grano e ne curava il trasporto fino al porto di Ostia. Il grano veniva poi venduto a prezzo molto calmierato. Il provvedimento fu preso tra l'entusiasmo dei populares, mentre gli optimates accusarono il tribuno di aver assunto un provvedimento meramente demagogico per aspirare alla tirannide".

Il pattern è sempre lo stesso, gli interpreti diversi. L'entità che sovraintende alla rappresentazione ha deciso bene di riciclare una subroutine già ampiamente collaudata sostituendo ai Gracchi un paio di nuovi consoli/tribuni però questa volta cinguettanti su twitter per adattarli al corso dei tempi. Funziona.

Spinoza e il suo fondamento

Anche per Spinoza il solo pensare l'Ente perfettissimo implica necessariamente la sua reale esistenza. Per cui la Sostanza, l'Ente perfettissimo che Spinoza identifica con Dio, è ciò che è causa di sé stessa a motivo della sua stessa natura, vale a dire che esiste per causa propria e non per un'ulteriore causa esterna. 

E' noto che il Dio di Spinoza non è il Dio della tradizione religiosa bensì il principio da cui scaturiscono necessariamente tutte le cose, un ente privo di intenzioni, che produce il mondo come le proprietà di un triangolo scaturiscono dall'essenza della figura geometrica.

Riguardo l'argomento ontologico, sempre in bilico fra tautologia e definizione auto-dimostrante, occorre invece dire che è probabilmente l'oggetto del contendere che genera avversione, quel Dio che si vorrebbe assolutamente dimostrato come esistente partendo dalla sua stessa definizione, cosa che finisce per introdurre in una questione prettamente logica valutazioni di carattere politico (perché Dio è sempre politico), con tutte le implicazioni del caso.

mercoledì 23 gennaio 2019

L'argomento ontologico

L'argomento ontologico è uno dei passaggi più sottili di tutta la filosofia occidentale: posto che esista l'Ente perfettissimo allora la sua perfezione racchiude in sé anche il carattere dell'esistenza effettiva. In altre parole, basta pensare Dio in astratto per renderlo esistente anche in concreto.

Senonché cos'è questa esistenza concreta di Dio che il fedele vorrebbe dimostrare? La concretezza di Dio nel mondo non si mostra agli occhi del non credente, per cui da capo, Dio è quell'ente la cui esistenza va creduta prima ancora che dimostrata.

(L'ateo può stare tranquillo, la sua posizione è salva).
Io sono più qualificato di un laureato medio in filosofia, non lo dico per vantarmi, lo dico per ingenerare in loro un po' di vergogna.
Lino Benfi, al culmine della soddisfazione, si produce in un calembour dei suoi: sarò Lino di Mameli. Ridete, stronzi.

martedì 22 gennaio 2019

Splendido

Non credo che questi siano più o meno peggio di quelli di prima, ognuno è semplicemente cialtrone a modo suo, l'errore casomai sta nel pensare che esista un ordine civile momentaneamente scombinato dalla marea populista, come se una banda di teppisti avesse messo soqquadro la casa e si trattasse poi di rimetterla in ordine, e invece accade che il mondo è cambiato e non tornerà più come prima, converrà mettere in salvo i dischi di Little Tony (chi ha votato contro il sistema oggi si trovi bene con Fusaro e Salvini, io dicevo cose giuste e oggi sono uno splendido schopenahuerian-severiniano).
Ogni tanto mi figuro De André che vota Cinque Stelle e Pasolini il Popolo della Famiglia, così, come esercizio mentale. E Lino Banfi all'Unesco.

domenica 20 gennaio 2019

O tempora, o mores

Il salvinismo è in buona fede, pensa davvero che il guaio sia il farsi troppe seghe mentali e il popolo lo segue perché di quelle seghe non ne capisce le ragioni, non capisce proprio perché l'arrestato debba essere trattato con i guanti, a maggior ragione se tunisino, non capisce perché si proteggono i terroristi, perché si accolgono gli invasori, gli intellettuali queste cose le hanno interiorizzate ma solo in superficie come per darsi una patina di bon ton (il cucchiaio a destra, la forcina a sinistra) e le ragioni col tempo si sono perse anche per loro. E poi oggi gli intellettuali si trovano su Facebook.

Noblesse oblige

Volevo riprendere con le buone abitudini aristocratiche e mi stavo bevendo un po’ di sciampagna che mi hanno regalato a Natale ma sinceramente ho un po’ di problemi con il perlage persistente, mi gonfia la pancia. A volte rimpiango il blasone anche se voglio passare per mazziniano, di quando magari i miei antenati si ingroppavano le servette per passatempo e io invece qui senza donne a pagare per i loro peccati. Perché non ve l’ho detto, ma io ho sangue blu per parte di madre (si nota, no?).
Un'amica mi segnala una frase illuminante di Céline: "Pourquoi j'écris? Je vais vous le dire: pour rendre les autres illisibles...". Pur facendo le dovute proporzioni mi rendo conto che faccio la stessa cosa: scrivo perché non solo in genere non mi piace quello che scrivono gli altri ma pure come lo scrivono, la mia prima ambizione è appunto quella di renderli illeggibili, a me prima ancora che agli altri.

Discesa in campo

Mi è venuta anzi la voglia, più per noia che per altro, di crearmi un profilo Facebook e di buttarmi come un tempo nella mischia della battaglia politica, di rotolarmi nella mota come un maiale, libero e felice, con proiettili caricati a merda.
La questione attuale non riguarda tanto il non essere informati, che anzi le informazioni ci sommergono in continuazione come una mareggiata, la questione vera è racchiusa nella diffusa mancanza di acume, un acume che permetterebbe di crearsi una naturale immunizzazione contro la cialtroneria che invece ormai imperversa sovrana, libera da ogni ipotesi di senso di colpa in una sorta di voluttà della pancia, di smottamento del cervello dalla testa all'addome, e non puoi dire nulla senza essere maltrattato dai bulletti del social network di turno, ma ti pare logico? (perfettamente logico, anzi necessario).
Assisti alla commediola italiana e pensi che altrove non sia così e invece la democrazia si fa sempre più teatrino un po' ovunque, anzi, viene il sospetto che qualsiasi forma di governo, oggi come ieri (oggi come sempre), non possa proprio esimersi per sua stessa natura dal creare la sua messinscena e che nei casi più gravi finisca per immedesimarsi così bene nella parte da perdere il contatto con la realtà, che nel frattempo è diventata messinscena a sua volta in un continuo gioco di rimandi e di reciproca contaminazione, è così.

sabato 19 gennaio 2019

Vi dirò, io ho cominciato l'anno perdendo il lavoro ma sono ugualmente sereno perché adesso arriva il boom economico. (non fatemi dire, per carità).

venerdì 18 gennaio 2019

«E di che parlava la poesia?»
«Oh, era assolutamente astratta. C'era qualcosa sul torrente del tempo che erode il muro del presente su cui appaiono arabeschi sempre nuovi, e una parte di questi li chiamiamo passato. La memoria cerca di convincerci che il giorno di ieri c'è stato davvero, ma come fare a saperlo? Non può darsi che tutta questa memoria compaia solo alle prime luci dell'alba?»
«Non capisco perfettamente»
«Neanch'io», replicai, «ma non importa»

(Victor Pelevin, Il mignolo di Buddha)

mercoledì 16 gennaio 2019

Il mito del materialismo

Che le cose di cui facciamo esperienza siano oggetti materiali è un fatto interpretabile. È interpretabile perché per tanti indizi e dimostrazioni che possa dare la scienza in questo senso, ogni indizio o dimostrazione della scienza ricade all'interno di una percezione delle cose che non è immediatamente materiale ma pensata ed esperita, cioè avvertita, in modo non materiale. È cosa dovrebbe essere, poi, questo "modo materiale"? Come fare esperienza della materia se non attraverso quel modo di accadere degli enti che noi chiamiamo appunto "percepire"? Il percepire è un sentire, un avvertire, un immaginare, nel senso di avere a che fare con un'immagine. Che poi sia grande la forza di persuasione del materialista per effetto della grande efficacia della scienza sul piano pratico è indubbio, ma pur sempre la scienza ha a che fare con fenomeni che si riducono nella sua prospettiva a un sofisticato incontro e scontro di energie, e l'energia, seppure convertibile in materia, ha come suo significato intrinseco quello di "forza", cioè di un qualcosa che agisce ma di cui non si sa bene la provenzienza. A tal proposito Richard Feynman affermava: "È importante tener presente che nella fisica odierna non abbiamo alcuna conoscenza di cosa sia l'energia". 

In conclusione: siamo tutt'oggi troppo precipitosi nell'attribuire alla realtà una dimensione materiale certa perché pensiamo che questo ci possa mettere al riparo dal mito e dalla superstizione ma ahimè anche il materialismo non può negare fino in fondo di essere un mito a sua volta, o quantomeno un semplice modello di accesso alla realtà suscettibile di ulteriori sviluppi.
Vivo beatamente fuori dalla realtà della cronaca ed è bellissimo.

martedì 15 gennaio 2019

Dio

Io penso che anche se esistesse un principio che salva, e può esistere, quel principio non dovrebbe essere chiamato "Dio", il concetto "Dio" si è caricato di troppe aspettative del tutto umane, troppo umane, come un super-padre che salva e che punisce a sua insondabile discrezione, ma noi non crediamo nemmeno al concetto di "padre". 

lunedì 14 gennaio 2019

Vacuità

Io vedo che tutto è necessario, il momento rivoluzionario come quello reazionario, il tuo disappunto e il compiacimento degli altri, secondo i modi e nel medesimo rispetto, per come devono manifestarsi e per come in effetti si manifestano. E nel momento stesso in cui ne cogli il significato allora tutto perde di significato, la rivoluzione come la reazione, il tuo disappunto e il compiacimento degli altri, secondo i modi e nel medesimo rispetto. E poi un bel giorno creperemo, anche se trionfa la democrazia. Ommmm.
Dicevo poc'anzi: non puoi lottare contro lo Zeitgeist di un luogo e di un popolo, del sud o del nord, dell'est o dell'ovest, meglio sarebbe potersi scegliere il luogo con lo Zeitgeist che ti è più congeniale, l'ingiustizia che ti fa meno male.

Perché sta sul cazzo l'intellettuale di sinistra

Si chiedeva il marchese Fulvio Abbate perché loro, gli intellettuali di sinistra, oggi stanno così invariabilmente sul cazzo, non ti dico le risposte: perché siete dei parassiti che ci avete mangiato sopra le disgrazie del proletariato! Insomma, perché gli intellettuali chiacchierano e chiacchierano facendo anche i superiori e intanto la pressione della globalizzazione, con la sua immigrazione di massa che non fa altro che spostare la miseria da un continente all'altro, grava tutta sulle spalle di Pasquale Ametrano, il quale si sente accerchiato dalla miseria altrui in quartieri dormitorio di papponi e di spacciatori, e quelli, gli intellettuali di sinistra, a dargli del razzista al povero Pasquale, a fare le prediche etico-filosofiche dal pulpito sull'accoglienza dei fratelli africani, l'intellettuale che disprezza il popolo bestia che non capisce un tubo: intellettuale di sinistra che vivi nel tuo appartamentino ben arredato, prenditeli tu i fratelli africani! (ecc. ecc.).

domenica 13 gennaio 2019

Dove i piccioni volano già arrosto

Come ragiona Schopenhauer: dice che sentiamo davvero quello che ci ostacola, che ci è sgradevole. Non avvertiamo la buona salute ma solo la scarpa che ci fa male. Per quello, scrive, reputa come incapaci quei filosofi che pensano che il male sia negativo, al contrario, il male è il positivo perché ci fa sentire le cose, casomai è il bene ad essere il negativo, l’annullamento del desiderio, la fine di una pena. 

Che mondo sarebbe, dice, senza il dolore? Se vivessimo in un mondo dove tutto cresce dando frutto, dove i piccioni volano già arrosto e le donne della nostra vita pronte a volerci? Gli uomini morirebbero ben presto di noia, si impiccherebbero agli alberi e si scannerebbero a vicenda pur di darsi quel po’ di dolore. E conclude: all’umanità non è congeniale altra vita che questa.

sabato 12 gennaio 2019

Provinciale

Padre ha in odio la provincia e non condivide la mia visione elegiaca dell’infanzia padana, per lui la Pianura Padana è “palude”. Io lo capisco pure, non succede niente in provincia, c’è poca gente che legge bene in provincia, ma cercavo di fargli notare che qui da noi specialmente non c’è nessun luogo, nemmeno nelle grandi città metropolitane, che possa sentirsi davvero cosmopolita nello spirito, e anzi tutto il contrario, nessun angolo del belpaese può dirsi davvero immune al provincialismo, capitale più provinciale della nostra non ce n'è.
Tentavo di spiegare al telefono, che nel frattempo mi stava rispettosamente in silenzio ad ascoltare, che lo scopo della scienza non è quello di dimostrare la verità ultima che siamo fatti di atomi, no, lo scopo della scienza è quello di accrescere sempre più il controllo sulle cose, cosicché se un domani il modello atomico le fosse di impedimento per il raggiungimento dello scopo, la scienza senza esitazioni troverebbe il modo di accantonare anche l'atomo, l'importante è che le tornino i conti.

Sulla libertà di pensiero

Alla Feltrinelli, in prima fila, un libro di Giorello (ancora è in pista) sulla libertà di pensiero: Giordano Bruno, John Stuart Mill e Paul K. Feyerabend. Che cosa vuoi dire ancora sulla libertà di pensiero, che cosa non è stato detto? Ancora Stuart Mill, ancora? Forse che questa battaglia per la libertà di pensiero vuole essere vinta per sfinimento? Io guardavo sfinito l'ennesimo libro sulla libertà di pensiero e intanto pensavo fra me e me per niente libero di non pensarlo: si è mai domandato Giorello se tutto quello che ci frulla per la testa sia veramente libero di accadere o non è forse vero il contrario? Ma lasciamo stare. Libero o meno, il pensiero accade in ogni caso, e questo è incontrovertibile.

giovedì 10 gennaio 2019

Se sei davvero ateo, dicevo, non puoi pretendere di avere santi a cui votarti, nemmeno laici. Quando facevo l'ateo materialista mi dicevo anch'io che in assenza di Dio l'opzione etica andava esercitata dai laici e dalla loro sola responsabilità individuale, tuttavia, stando così la questione, l'eticità che ne derivava non aveva alcun carattere di perentorietà rispetto alle altre, non poteva pretendere di imporsi stabilmente su alcunché, e allora qualcuno avanzava l'ipotesi che fosse possibile un'eticità che avesse come guida le conclusioni incontrovertibili della scienza. Per fare un esempio: la scienza dice che l'embrione non è una persona, allora è giusto servirsene per scopi scientifici a fin di bene. No, non era quello il punto. Nemmeno la scienza può spiegare incontrovertibilmente che cos'è una persona, il punto della questione era un altro, e cioè che nemmeno il discorso di fede, essendo la fede una conoscenza creduta, poteva dire alcunché di certo sulla persona e sull'embrione in quanto tale. Spero di essermi spiegato.

La morte termica

Tannhäuser attaccò subito con la filippica: « Le case editrici oggi pubblicano solo merda!» si interruppe un attimo per scrutare l'effetto sull'interlocutore, niente, ripartì ancora più avvelenato: «Sì, merda!, e a forza di pubblicare merda ti convincono che è crema al cioccolato alla nocciola, perché la vedi lì in vetrina, con la sua bella copertina, il fiocchetto e tutto il resto e allora pensi che se si sono presi la briga di stamparla e di scomodare il cristo in persona allora varrà qualcosa e invece è solo merda più merdosa delle altre perché oltretutto per quel merdoso di libro di merda hanno dovuto abbattere un albero che non se lo meritava, poverino, di finire al trancio per un merdoso libro di... »
Perignon lo guardò basito, era rimasto abbacinato da quel nubifragio scatologico, l'altro riattaccò: « ...ma chi lo sa più apprezzare oggi un Gadda, un'Adalgisa, una Meccanica, una Cognizione del dolore... »
« ...del dolore» ripeté meccanicamente Perignon ormai mesmerizzato al massimo.
« ...e la colpa sai di chi é? »
« Di chi è? »
« Della scuola! »
« Ah! »  
« ... e della mediocrità dei professori che invece di starsene a casa a leggere Gadda se ne vanno in giro su Facebook a mettere i cuoricini al biopic di Freddie Mercury, buonanima, perché mica s'ascoltano Monteverdi, macché, si ascoltano i Queen, che va ben, me li ascoltavo anch'io, ma cosa vuoi che ci capisca dei residui e della derivate e dello Zeitgeist che muove la storia uno che ascolta i Queen? »
« Eh... »
« Per non dire di quell'altro che va in televisione a sparar cagate su Hegel... » alla parola "Hegel" a Perignon gli si formò l'immagine sfocata d'un pastrano, due occhiaie e di tutta la polverosa rimembranza del secolo diciannove, l'epifania in qualche modo lo sconvolse: « Hegel! » esclamò contento come se avesse detto « Eureka! »
Tannhäuser imperterrito emanò la sentenza: « L'umanità si merita la morte termica »
Perignon scolò l'ultimo sorso di birra e ruttò a conchiudere la questione.

(dedicato a Iceageiscoming)

La vita reale è questa: la prima volta che mi sono presentato al lavoro il collega senior disse al venditore dandogli di gomito: “quella barbetta lì è buona per quando lecca la figa”. Io lasciai cadere la cosa perché lì per lì non mi aprì alcuna rêverie, in seguito, vedendo che l’argomento sessuale veniva da me sistematicamente eluso, pure lui si rassegnò, tant’è che adesso parliamo del tempo e di cucina. Io ancora adesso lo guardo e non mi capacito che sia la stessa persona di cinque anni fa. La vita reale è fatta di sangue e merda, non è perché sei intellettuale che la vivi in punta di fioretto. La realtà è tutto, dalle vette più alte del pensiero alle quote più terrestri degli organi chiavanti, chi si lascia dietro una delle due si perde un bel pezzo di vita.
Vi dirò, l'urlo etico di Cacciari, quel "vergogna!" urlato in faccia alla Buongiorno, non mi ha detto niente. Anzi, è proprio Cacciari che dovrebbe sapere che l'etica è un flatus vocis, una struttura vuota che non rimanda a nulla, che poi convenga farsi umani rimane un'opzione, anche lodevole, ma che non possiede i crismi di alcuna perentorietà (se sei un vero ateo devi trarne tutte le conseguenze: non ci sono santi a cui votarsi, nemmeno laici).
Visto che dei 27 lettori fissi di sicuri me ne sono rimasti 3, Malvino, IceAge e un'altra amica, io direi che si potrebbe fare un gruppo whatsapp che si fa prima.
Briatore: "Niente università per Nathan Falco, lo formerò io, non mi serve un laureato". Laureato all'università della vita, come me.

martedì 8 gennaio 2019

Antoine! Antoine! non ne posso più!… Ti supplico, lasciami, tesoro mio!… Fa attenzione!… Non farmi un marmocchio!… Sono tutta fradicia!…” Lei protestava, ma era tutta una commedia!… “E va be’! E va be’! carognaccia! chiudi il becco! Apri il culo!…” Lui manco l’ascoltava, la confortava, a corto d’amarena, con tre belle pacche nel credenzone della pancia… Che rimbombava sordamente… A lei toglieva il fiato, alla troia… Soffiava come un mantice… Mi chiesi se per caso non l’avrebbe accoppata… finita lì sul posto… Le stava rifilando una di quelle scariche mentre l’impalava. Tutti e due ruggivano come bestie feroci… Lei prendeva la sua parte. Robert stava sudando freddo. Scendemmo dal nostro trampolino. Ce ne tornammo al bancone. Facemmo i finti tonti… Avevamo voluto un po’ di spettacolo… Eravamo stati serviti!… Soltanto, era pericoloso… Quelli stavan continuando la corrida. Scendemmo in cortile… a cercare il secchio e la scopa, diciamo così per scopare la stanza… Entrammo dalla portinaia, preferivamo non esserci, lì, nel caso l’avesse strozzata…"

- Céline, Morte a credito

(e io che mi facevo problemi quando scrivevo di quella che nei momenti di malinconia ci infilava dentro le cucuzze, continuerò a scriverne di ben peggiori, la vita va onorata con il grottesco)

(sto preparando un blog di soli racconti sporcaccioni, un giorno vi darò l'indirizzo)
Che a me stia simpatico l’accusato, cioè Kevin Spacey, non dice nulla sulla verità dei fatti, tant’è che l’accusante manco lo conosco e per questo non posso andare a simpatia. Però una cosa è certa, che fra processo e accertamento della verità non esiste alcuna connessione necessaria, anzi, è più facile il contrario, che il processo occulti più spesso la verità. Non credo nella giustizia (e quindi nemmeno nelle crociate).

Libero arbitrio vol. 1

Premetto che io non credo nel libero arbitrio però la libertà mi piace pensarla e che mi piaccia pensarla dimostra proprio che non posso decidere altrimenti.

La libertà non è un’invenzione moderna, la libertà c’era anche ai tempi dell’Inquisizione. Nel medioevo cristiano la libertà di scegliere fra il bene e il male era il presupposto indispensabile per guadagnarsi la vita eterna, la responsabilità di fronte a Dio era individuale. Senonché il concetto entrava in contraddizione con quello di onnipotenza divina: se Dio è onnipotente non può essere limitato nel suo giudizio da quello delle sue creature mortali che agendo nel bene si guadagnano da sé la salvezza limitando di fatto l’onnipotenza del loro Creatore. Lascia stare che per ribattere i teologi rispondevano che Dio aveva scelto deliberatamente di donare il libero arbitrio alle sue creature, così da metterle deliberatamente in un mare di guai, la cosa era talmente poco convincente che i protestanti pensarono altrimenti: Dio, nella sua infinita onnipotenza e onniscienza, ha già deciso da sempre chi salvare e chi condannare, ognuno di noi è già predestinato dalla nascita.

Tuttavia un ulteriore problema limitava di fatto l’onnipotenza di Dio, l’esistenza del suo principale rivale: il Demonio. Il Demonio agisce nel mondo per rovinare i piani di Nostro Signore, il mondo diventa allora un agone di battaglia, e se esiste un potere in grado di contrastare anche solo temporaneamente quello dell’avversario, allora l’onnipotenza di Dio viene di fatto contraddetta e a voglia di riconquistare la fiducia in un potere che da onnipotente si riduce ad essere incerto.

Come vedete, dal libero arbitrio discendono solo grattacapi, ex falso quodlibet, da una premessa falsa seguono contraddizioni a piacere, per non dire proprio a valanga. 

Che poi noi atei moderni con la nostra scienza che va a ricreare in concreto quella potenza divina un tempo solamente sognata ci sentiamo veramente liberi e padroni del nostro destino è un’altra povera chimera che costituirà l’oggetto della prossima puntata. 

Arrivederci e grazie.
Il mondo come sussidio e disoccupazione.

domenica 6 gennaio 2019

La struttura originaria

Tentativo di argomentazione che andrà passato al vaglio della ragione: la struttura originaria che genera le derivate non è di natura economica come intendeva Marx ma di natura fisiologica, è la voglia di riprodursi, cieca e irresistibile, originaria rispetto all’individuo e alla società. E fin qui siamo dalle parti di Schopenhauer. Se questa voglia di riprodursi viene in qualche modo negata comincia il lungo percorso della nevrosi che può anche sublimare in qualcosa di buono oltreché di cattivo. E qui siamo dalle parti di Freud. Negli uomini basta poco per portarla alla luce perché è socialmente più tollerata rispetto a quella delle donne, che ancora viene vissuta come sconveniente. La donna viene giudicata male, l’uomo invece deve cacciare, mostrare gli attributi, la donna nascondere le vergogne. E qui ho perso il filo.

Il nulla non è

Se il nulla non è allora nemmeno il nulla di questo particolare momento potrà mai realizzarsi nella realtà, perché il nulla è niente, il nulla come significato indica il totalmente non essente. E' una lettura sbagliata quella che pensa che le forme momentaneamente presenti nella realtà cadano nel nulla, che si disgreghino in atomi e si riaggreghino in altre forme, nemmeno le forme provvisorie possono annullarsi in quanto forme. Il divenire delle cose, il loro mutare, va letto non come diventare niente e uscire dal niente ma come apparire e scomparire di un eterno che tuttavia non è l'eterno della tradizione filosofica e teologica, l'eterno in questione è il destino necessario dell'essente impossibilitato a divenire niente. Il paradigma atomico, di conseguenza, è solo uno dei molto modi di interpretare l'accadere dei fenomeni, il più congeniale al momento ma in continuo divenire, come dimostra la storia stessa dell'atomo dal suo primo modello deterministico a quello odierno probabilistico. 

Mi concederete almeno che è scritto bene.

sabato 5 gennaio 2019

La caccia al fagiano

Come detto, il nonno andava a caccia ma quando era in giro lui la selvaggina, chissà com'è, si faceva prendere dalla frenesia e non si faceva accoppare troppo volentieri, sicché i fagiani a casa nostra conservavano il loro status mitico di chimere, come l'unicorno o il leone con la coda di drago. Io stesso per farmene un'idea sfogliavo le enciclopedie dei ragazzi che tuttavia erano piene di mucche e di animali domestici e da compagnia, cosicché finii per domandare alla nonna che me ne rese però un'idea un po' sui generis, talché dapprima lo confusi con il pavone. In realtà qualche fagiano accoppato finì poi per trovare la via di casa ma eran fagiani fin troppo sani e pasciuti, come se fossero stati allattati col biberon, il che fece sorgere più di un dubbio riguardo alla loro estrazione sociale. L'unico che si divertiva come un matto era invece il nostro breton che almeno poteva approfittarne per scorrazzare libero per i campi e uscire dal metro quadrato in cui era stato sacrificato dall'infinita magnanimità del cacciatore. Al tintinnare del guinzaglio partiva sparato con le zampe didietro infilando la portiera della macchina, non prima di averci girato attorno due volte come un razzo che ha smarrito il suo giroscopio, il breton che aveva le frange sotto le zampe come un giubbotto di Little Tony, che sulla flora locale avevano l'effetto del velcro, cosicché tornava dalla caccia con certe pigne incastrate nel pelo che ogni volta bisognava tosarlo alla bene e meglio, e a lavoro finito sembrava scampato a un tosaerba. Ma il nostro breton non serbava rancore, manteneva il suo sguardo fiducioso sul mondo ansimando con la lingua di fuori, ottimista contro ogni evidenza e con una zampa più sforbiciata dell'altra. Son così belli quando fan così, gli manca solo la parola, e allora forse avrebbe tirato una madonna. Red, si chiamava, perché aveva il pelo rosso. A quel punto che il fagiano fosse di fosso o dall'allevamento poco importava, tenerlo in bocca per lui era stato il coronamento di un sogno, il compimento della sua vera natura. Aveva muso e testa quadrata e temperamento esuberante, per la verità un poco bambagione ma chi non ha testa abbia gambe. Gli piaceva la pasta col sugo di cui di solito rimaneva solo la pasta, sbiancata come fosse stata lavata in lavatrice, e le mele sbucciate. Il nonno intanto badava al suo sovrapposto smontandolo e ingrassando le canne con un olio speciale che all'averlo saputo i fagiani avrebbero fatto la fila per essere sparati da lui. Animale ingrato, il fagiano. 

venerdì 4 gennaio 2019

La nonna Rita, mia bisnonna, aveva un Telefunken color crema con delle manopoline che sembravano dei capezzoli, uno per cambiar canale, uno per il volume, l'altro per la luminosità (sta mia tucar ca s'romp!), dietro quello per la sintonizzazione, processo laborioso quanto infilare una supposta in una balena. Dentro, un po’ sfocati come in un acquario dal vetro smerigliato, nuotavano tutto il giorno in bassa fedeltà Macario e Gilberto Govi, più il festival di San Remo con Pippo Baudo. Aveva solo due canali: Rai 1 e Rai 2, quando lo teneva spento lo copriva con un centrino, come una cassettiera qualunque, che a ripensarci non aveva tutti i torti.
Siccome poi le teorie politiche, per quanto illustri, sono tutte opinabili nella loro volontà di dare un certo senso al nudo accadere dei fatti, allora si ripiega tentando di psicanalizzare i personaggi della politica per cavarne fuori dei profili antropologici che vanno bene giusto per farci sopra la commedia ma poi non smuovono di un millimetro l'auspicato corso degli eventi.

L’ultima boiata

Ho appena letto del “Bird Box Challenge”, la prova provata che la modernità sarà pure la derivazione ma il residuo è sempre lo stesso: la deficienza.

Coordinate

Bird Box Challenge: dalla serie di Netflix con Sandra Bullock in cui per evitare il contatto visivo con gente che istigherebbe al suicidio madre e figli se ne vanno in giro bendati “a fari spenti nella notte”. L’hashtag del momento sui social che contano, gli emulatori che se ne vanno in giro a sbattere contro i pali della luce.

Teoria dei residui e delle derivazioni: teoria di Vilfredo Pareto secondo cui le diverse società apparse durante la storia sarebbero le derivazioni degli stessi sentimenti umani, i residui, che si esprimono identici in forme diverse.
La Supercoppa italiana tra Juve e Milan, il 16 gennaio allo stadio King Abdullah di Gedda. E i diritti delle donne? Denaro e libertà non vanno propriamente a braccetto come si aspettano i liberali classici (sia detto questo senza proporre come cura il socialismo reale che anzi è il veicolo prediletto dei totalitarismi).

Il bambino

La mia tesi è che il confronto fra la vita odierna e quella quotidiana nel medioevo metta bene in risalto i miserrimi che eravamo un tempo e i cretini che siamo diventati oggi pensando di averla scampata, quella miseria. 

I bambini, per esempio. Dice il professore che nel medioevo (come del resto in tutta l’antichità) c’è una scomparsa della figura del bambino, raffigurato negli affreschi con fattezze da adulto, come gli angioletti seriosi affrescati sui muri delle cattedrali dell’alto medioevo, bisognerà aspettare il rinascimento per assistere alla rappresentazione gioiosa del putto. Si avanza l’ipotesi che data la miseria nera in cui versavano le famiglie il bambino fosse più un peso che quell’odierno animaletto da compagnia però destinato a parlare, a differenza del cane (quest’ultima parte del cane è da ascrivere al mio cinismo). Il bambino nel medioevo era un uomo da svezzare in tutta fretta perché potesse concorrere alle fatiche del lavoro quotidiano, in più morivano come gattini, sopravvivere all’infanzia era così difficile che nell’età adulta ci si poteva davvero scorgere un segno della grazia di dio.

Oggi no, oggi con tutta la nostra scienza fabbrichiamo gente sana così che possa morire male ma in tutta comodità (daje col cinismo).

mercoledì 2 gennaio 2019

Medioevo

Leggevo in questi giorni La vita quotidiana nel Medioevo di Robert Delort, un classico, scritto negli anni ‘70 e pubblicato in Italia vent’anni dopo.

Il capitolo sulle strutture mentali è interessante. Il peccato nella sua concezione cristiana è dappertutto, l’inferno molto vicino perché la morte è ovunque. La nevrosi fondamentale dell’uomo medievale è allora il tentativo di guadagnarsi la salvezza, per cui ecco i praticanti puntigliosi e quelli che pensano di potersela cavare recandosi in pellegrinaggio per farsi cancellare gli addebiti. La morte non stupisce, è un fatto così normale che viene accettato come un’abitudine, la vita terrena non vale nulla, non è qui la felicità, si vive in funzione della vita eterna che però va guadagnata. Molti sono gli osservanti, molti ugualmente i peccatori, ma si pecca pensando già all’espiazione. Tuttavia ci sono anche i non credenti e i fatalisti: se Dio è onnisciente allora conosce già chi verrà salvato, per cui inutile darsene pena. Gli argomenti a favore del libero arbitrio non convincono tutti perché sono complessi, chi non li accetta vive come se nulla fosse mantenendo solo la prudenza necessaria per non essere scambiato per un demonio. Il demonio, appunto. Ci sono anche i suoi adoratori, gli stregoni e i seguaci delle pratiche magiche che vengono credute proprio in ragione della credenza diffusa in un aldilà popolato da spiriti. Si crede nel demonio perché implicitamente si crede in dio, e viceversa. Gli Inquisitori sanno che il diavolo esiste. I ricchi, in tutto questo, sono spaventati dalla massima per cui “gli ultimi saranno i primi” così che per tentare di scamparla sovvenzionano la costruzione dei luoghi di culto e c’è perfino chi si spoglia di tutti i beni per guadagnarsi la prima fila. In genere anche i comportamenti più cinici sono contraddistinti da un qualche elemento di riparazione in vista della vita eterna, noi oggi diremmo per superstizione, ai tempi perché la salvezza dell’anima era questione seria e ampiamente creduta. Sopravvivono in ogni caso, accanto ai precetti del cristianesimo, le credenze pagane, i miti di mago Merlino, delle foreste druidiche, ecc., tutti però sorvegliati e rimaneggiati dal sentimento cristiano.

Nel medioevo, a scanso di equivoci, si viveva male, all’immagine retrograda diffusa dall’Illuminismo oggi si affianca quella mitica diffusa dal romanticismo di ritorno, ma c’era poco da mitizzare, ad ogni epoca le sue miserie.
Così come nel medioevo la nevrosi dominante era la ricerca della salvezza dell’anima e la vita terrena solo una dolorosa condizione di passaggio, la nevrosi dominante dei tempi moderni è la ricerca di una felicità solo terrena, l’unica e la sola praticabile, con conseguente ansia da prestazione e sincope dell’eterna giovinezza, più l’immancabile e schiacciante senso di colpa quando non si riesce proprio di sentirsi felici così com’è previsto dal senso comune. Follie. L’uomo moderno, il contemporaneo, non ha più intelligenza dei propri scopi di quello medievale, la scienza è una vicenda che non consola, non più di un pellegrinaggio in terra santa, per chi ci crede.

Pianura

La Pianura Padana era come un grande tagliere di terra su cui avevano inciso a bulino i fossi e le strade, fatta salva la ferita più profonda degli argini del Po, la cui imponenza era lì a testimoniare la paura che incuteva il grande fiume, serpeggiante fra le golene e i condotti di sfogo delle centrali elettriche. Nessuna cosa rilevante accadeva in pianura se non anni prima la costruzione di quelle grandi centrali che avevano riversato nel Destra Secchia intere famiglie di operai provenienti da Gela. Una di queste famiglie si stabilì nei paraggi del nostro cortile, apparvero dal nulla due graziose ragazzine che rispondevano al nome di sante piuttosto improbabili e mai sentite prima da orecchi mantovani, una di loro divenne la mia migliore amica. Ma questa è un’altra storia. La vita sembrava scorrere placida senza che fosse regolata da alcun principio di autorità che non fosse una quieta e paciosa convivenza civile, si spettegolava sui vicini e si discuteva di politica ma giusto quel tanto per non annoiarsi. Quando c’era bisogno ci si aiutava, come a ricordarsi che un tempo si era stati tutti contadini dimenticati da dio e se c’era da prestare una zappa non si facevano storie. Il motorino era l’unico svago ma io non sapevo andarci, in bici invece imparai a quindic’anni. Gli anni ‘80 irrompevano dai televisori e dai videogiochi cabinati dei bar. La domenica andavamo al cimitero e a me sembrava una gita di piacere. C’erano delle cose interessanti, lapidi dalle forme stravaganti e certi lumicini verdi che sembravano lanterne alimentate all’assenzio. E poi l’odore marcio dei gambi dei fiori. Ma c’erano anche cose più vitali, c’era la bionda con le sue cosce leggendarie e la vicina di casa che prendeva il sole in costume sopra il garage, che quando saliva la scaletta le si muoveva tutto il posteriore, come una gatta. E poi c’era il mercato, lì c’era il signore in grembiule bianco che mi faceva assaggiare il grana, il banco dei bottoni dove mia nonna si fermava a spiluccare. La pianura osservava impassibile, piena di frumento e di granturco mentre la bisnonna si preparava il caffè d’orzo. Non ci credo che è andato tutto perduto, ritorneremo a casa, un giorno, e sarà una festa.

Windy town

Como è una città ventosa. In quel ramo del lago di Como che volge a settentrione, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e il rientrare di quelli ci si incanalano i venti che vengono dai Grigioni come dentro un tubo e per effetto dell'elevatissima irradianza, data dal concentrare una grande potenza in un'area molto piccola, permette ai venti di Como il taglio, l'incisione e la saldatura di metalli, come nei raggi laser. Scherzo. Però è fastidioso. 
Avrei bisogno di una segretaria che mi tenesse conto degli appuntamenti dell'agenda politica così da sottopormeli per tempo per il commento e invece così son rimasto indietro, e quota cento, e la cittadinanza e la legittima difesa, su ognuno di questi converrebbe scriverci un trattato e invece io non tengo più la voglia e nemmeno la garra, sono diventato come il papa, vogliamci bene fra di noi e tutto il resto è noia. Ho letto a letto e pur col memory foam m'è venuta una cervicale, tocca prendere l'ibuprofene. E se fosse invece che sto rimminchionendo, che il mondo va davvero inseguito per cambiar la storia ma è la mia testa che più non coglie? La segretaria, mi raccomando, graziosa, con gli occhi scuri e la boccuccia ciliegina, e due zinne tante.

martedì 1 gennaio 2019

A me verrebbe con il nuovo anno di scrivere solo cose complicatissime di filosofia ma poi lo so che saremmo forse solo in due a contemplare la bellezza del quadro elettrico come due ingegneri nucleari di fronte a un diagramma di Enormous Shwanzstucker, quindi mi limiterò.