La Pianura Padana era come un grande tagliere di terra su cui avevano inciso a bulino i fossi e le strade, fatta salva la ferita più profonda degli argini del Po, la cui imponenza era lì a testimoniare la paura che incuteva il grande fiume, serpeggiante fra le golene e i condotti di sfogo delle centrali elettriche. Nessuna cosa rilevante accadeva in pianura se non anni prima la costruzione di quelle grandi centrali che avevano riversato nel Destra Secchia intere famiglie di operai provenienti da Gela. Una di queste famiglie si stabilì nei paraggi del nostro cortile, apparvero dal nulla due graziose ragazzine che rispondevano al nome di sante piuttosto improbabili e mai sentite prima da orecchi mantovani, una di loro divenne la mia migliore amica. Ma questa è un’altra storia. La vita sembrava scorrere placida senza che fosse regolata da alcun principio di autorità che non fosse una quieta e paciosa convivenza civile, si spettegolava sui vicini e si discuteva di politica ma giusto quel tanto per non annoiarsi. Quando c’era bisogno ci si aiutava, come a ricordarsi che un tempo si era stati tutti contadini dimenticati da dio e se c’era da prestare una zappa non si facevano storie. Il motorino era l’unico svago ma io non sapevo andarci, in bici invece imparai a quindic’anni. Gli anni ‘80 irrompevano dai televisori e dai videogiochi cabinati dei bar. La domenica andavamo al cimitero e a me sembrava una gita di piacere. C’erano delle cose interessanti, lapidi dalle forme stravaganti e certi lumicini verdi che sembravano lanterne alimentate all’assenzio. E poi l’odore marcio dei gambi dei fiori. Ma c’erano anche cose più vitali, c’era la bionda con le sue cosce leggendarie e la vicina di casa che prendeva il sole in costume sopra il garage, che quando saliva la scaletta le si muoveva tutto il posteriore, come una gatta. E poi c’era il mercato, lì c’era il signore in grembiule bianco che mi faceva assaggiare il grana, il banco dei bottoni dove mia nonna si fermava a spiluccare. La pianura osservava impassibile, piena di frumento e di granturco mentre la bisnonna si preparava il caffè d’orzo. Non ci credo che è andato tutto perduto, ritorneremo a casa, un giorno, e sarà una festa.
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