Che le cose di cui facciamo esperienza siano oggetti materiali è un fatto interpretabile. È interpretabile perché per tanti indizi e dimostrazioni che possa dare la scienza in questo senso, ogni indizio o dimostrazione della scienza ricade all'interno di una percezione delle cose che non è immediatamente materiale ma pensata ed esperita, cioè avvertita, in modo non materiale. È cosa dovrebbe essere, poi, questo "modo materiale"? Come fare esperienza della materia se non attraverso quel modo di accadere degli enti che noi chiamiamo appunto "percepire"? Il percepire è un sentire, un avvertire, un immaginare, nel senso di avere a che fare con un'immagine. Che poi sia grande la forza di persuasione del materialista per effetto della grande efficacia della scienza sul piano pratico è indubbio, ma pur sempre la scienza ha a che fare con fenomeni che si riducono nella sua prospettiva a un sofisticato incontro e scontro di energie, e l'energia, seppure convertibile in materia, ha come suo significato intrinseco quello di "forza", cioè di un qualcosa che agisce ma di cui non si sa bene la provenzienza. A tal proposito Richard Feynman affermava: "È importante tener presente che nella fisica odierna non abbiamo alcuna conoscenza di cosa sia l'energia".
In conclusione: siamo tutt'oggi troppo precipitosi nell'attribuire alla realtà una dimensione materiale certa perché pensiamo che questo ci possa mettere al riparo dal mito e dalla superstizione ma ahimè anche il materialismo non può negare fino in fondo di essere un mito a sua volta, o quantomeno un semplice modello di accesso alla realtà suscettibile di ulteriori sviluppi.
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