Per gli appassionati e gli addetti ai lavori segnalo questo gustoso contrappunto a Spinoza di Guido Ceronetti (La lanterna del filosofo): «Su un biliardo c'è un uovo, un cieco lancia due biglie: una manca l'uovo, l'altra lo rompe: il cieco è la Natura, la biglia l'uomo, l'uovo rotto il crimine. Come la Natura di Sade, il Deus spinoziano è privo dell'organo della vista: si può distruggere la biglia, per punirla di essere stata spinta da un cieco a rompere l'uovo? [...] Come può Spinoza condannare le biglie dell'Aja per aver rotto, spinte dal grande Cieco, il piccolo uovo De Witt?». Gli esegeti di Spinoza sanno quanto egli s'infuriò con la folla (ultimi barbarorum) che linciò i poveri fratelli De Witt colpevoli di idee liberali, e qui si vuole intendere: se tutto è necessario, perché mai te la dovresti prendere con la necessità? E infatti è noto che il punto più delicato dell'intero sistema spinoziano stia proprio nel tentativo di far comunque emergere dall'affermazione dell'assoluta necessità di tutte le cose un'etica della conoscenza e della liberazione dalle passioni, problema analogo ebbero gli stoici. Se volete sapere come la penso, mi rendo conto di essere determinato da un'etica della compassione in senso schopenhueriano, ma per l'appunto ne sono determinato e non escludo a priori che altre forze possano agire su di me in certi momenti che definiremo topici. «Se appena la punta del mio piede entra nel tempio dell'Ethica sono come morto: nessuno piange, nessuno ride, eppure guai a immalinconirsi (Melancholia semper mala); un rettilineo implacabile conduce a una felicità intellettuale che per il cuore è una pelle di rospo fritta in limatura di ferro» (come lotta il Ceronetti, pure lui agito dalle necessità del suo essere, ma si era ancora nel '77 e la vecchiaia, dopo, riaddolcì il giudizio sul rabbino).
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