lunedì 27 aprile 2015

Primo stratagemma

Per esempio io penso, in accordo con un signore molto più in gamba di me, che l'atteggiamento tecno-scientifico abbia a lungo andare la forza di rendere obsoleto anche il capitalismo, la ricerca illimitata del profitto, che da fine ultimo si tramuterà in mezzo asservito agli illimitati scopi della tecnica. E non è detto che in parte non sia già così. Questo ci dice, in ultima analisi, che a questo mondo non c'è posto per due pistoleri. Di nuovo questa situazione non piacerà ai nemici della modernità, ma qui sta il punto: glielo vai a dire tu al Prometeo liberato che non è bene accendere il fuoco e si dimentichi pure come ha fatto per il bene dell'umanità? Non regge. Comincia a limitare moralisticamente una qualsiasi capacità che accresca la potenza dell'uomo e quella si inabisserà e saturerà il terreno a tal punto da riemergere in superficie più dirompente di prima. Hai di fronte le cose e per sentirti più sicuro hai bisogno di comprenderle, dalla comprensione alla volontà di piegarle ai tuoi scopi il passo è breve: vuoi forse limitare la comprensione del mondo? Viene da sorridere di fronte a quegli umanisti che pretendono di farle la morale: questo si può comprendere, questo no, fino a lì ti puoi spingere e non oltre, non giocare con i cromosomi che diventi cieco. A maggior ragione ora che la condivisione della conoscenza s'è diffusa a livello planetario. La tecnica è quel virus altamente contagioso che si spaccia, a torto o a ragione, per la più efficace delle cure, e non c'è limite che possa ostacolarla perché il disagio che suscita l'ignoto, il timore di non riuscire a comprendere qualcosa, è l'antidoto più sicuro ad ogni obiezione che le si può muovere: «l'arte della guerra consiste nello sconfiggere il nemico senza doverlo affrontare».

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