Il miglior sistema di welfare universale nonché suo principale presupposto è un'economia in salute, questo ancora la sinistra pare non l'abbia capito. Per uscire dalle paludi e dall'intristimento infinito in cui s'è cacciata bisognerebbe che capisse una volta per tutte che la ricchezza conviene a tutti e che l'impresa non è il luogo delle disuguaglianze ma il luogo dell'opportunità. Voler fare la guerra al capitale non porta da nessuna parte, meglio vivere in un'economia sana in cui ci siano più possibilità di scelte lavorative, meno disoccupazione e così anche più possibilità di attingere eventualmente ai sussidi (è infatti noto che è meglio dividere in pochi piuttosto che in molti). Da dove deve scaturire il lavoro? Il sindacato, e con lui molta parte dell'inconscio collettivo di sinistra, ha una visione tutta sua del buon imprenditore e cioè una specie di impiegato statale che distribuisce il lavoro come rispondendo a una sorta di obbligo morale che contrae nei confronti della società. L'imprenditore invece non è che ha il dovere morale di produrre ricchezza magari per ridistribuirla equamente fra i tutti suoi dipendenti, dal dirigente all'uomo delle pulizie, l'imprenditore produce ricchezza perché quella è la condizione stessa della sua esistenza. Più la sinistra si libererà dal timore della ricchezza (e d'altronde, quale miglior occasione di diseguaglianza se non nella crisi economica permanente?) più raccoglierà consensi (è un problema di impostazione).
In estrema sintesi tutte le mie partecipi critiche alla sinistra. E credo che eradicare questa mentalità dalla testa dei sindacalisti di sinistra sia molto più difficile.
RispondiEliminaAndrea F