Ho seguito un intervento di Cacciari sulla democrazia che non sto qui a postare perché troppo lungo e a tratti anche noioso, tuttavia devo dire che mi trovo perfettamente d'accordo con lui, nel merito la pensiamo allo stesso modo. Con la democrazia rappresentativa è come se eleggessimo un'élite aristocratica, nel senso di "governo dei migliori", ci si va a fidare, abbiamo fede che possano essere migliori di noi in quanto a competenza. E in effetti, chi di noi può dirsi competente nel merito delle questioni specialistiche che deve affrontare un esecutivo? Questo l'ho sempre pensato pure io, non è un segreto. E soprattutto oggi in epoca di egemonia dell'economia sulla politica, chi può dire di saperne abbastanza da essere in grado di scegliere con cognizione di causa? La democrazia, in questo, è un atto di fede. Bisogna avere l'istinto del piviere per andarsi a scegliere l'insettino migliore. E chi si lamenta o vagheggia un ritorno al modello della democrazia ateniese, si ricordi, dice il professore, che la base elettorale della democrazia ateniese, la struttura stessa della società, era del tutto diversa da quella odierna (verità lapalissiana ma ridotta a cosa di poco conto dai folgorati sulla via dell'Antica Grecia, così ideale proprio perché così lontana). Viviamo nell'oscurità riguardo non solo allo scopo dell'esistenza in generale, ma anche riguardo alle competenze che dovremmo possedere, per cui ci riduciamo a votare di pancia o per simpatia, non ci lamentiamo se poi quelli ci prendono per stanchezza o per demagogia.
Prevale la demagogia, almeno a mio parere.
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