Non immaginate nemmeno quanto sia stato in questi giorni distratto dalla realtà, la realtà è subdola, penetra dentro l'essere e lo contamina, lo intaglia a sua immagine e somiglianza, sgretola e riconduce a un contesto più generale tutto l'idealismo particolare coltivato in gioventù. Per non tradire certi altissimi ideali bisognerebbe vivere isolati dal mondo, considerare cose e persone come concetti puri privi di smanchi e ammaccature, gli enti come perfettamente corrispondenti a un'immagine data. Così, segnati dallo stress dell'economia di mercato e della competizione globale, a qualcuno talvolta prende una certa nostalgia d'un avvenire comunitario, una società di liberi e giusti, in cui la ricchezza sia condivisa e messa a disposizione di tutti previa formalizzazione dell'assemblea generale. Dovreste guardarvi certi video su Youtube che testimoniano esperienze comunitarie solitamente immerse nel verde di certe cascine toscane che farebbero invidia a Sting. Tutta la retorica della vita bucolica lontana dal frastuono della città e del ritorno alla terra, comprensiva di pulsioni vegane e di pomodorini biologici. I candidati a entrare in comunità, solitamente anarchici, ex sessantottini, cattocomunisti ecumenici, assicuratori pentiti e giovani coi dreadlocks, giustamente accettano di spogliarsi delle proprie ricchezze e di devolvere i propri guadagni alla tesoreria generale (il giovane coi dreadlocks devolverà il suo entusiasmo), la quale si impegnerà a gestire le risorse e a redistribuirle nel modo più giusto per tutti e per ciascuno. Noterete il paradosso per cui la comunità si regge grazie ai guadagni provenienti dall'esterno, cioè provenienti dall'ingiusta società capitalista, soldi "sporchi" che comunque verranno nobilmente purificati riassegnandoli a scopi più elevati. Fra i vari sostenitori della società comunitaria troverete anche il buon Massimo Fini, il quale, relativamente al denaro, da tempo pare si sia fermato alla fase anale (il denaro "sterco del demonio"). A questo punto sorge la domanda: ma in un'ipotetica società comunitaria globale, come si formerebbe la ricchezza delle nazioni? Perché a sentir parlare i comunitaristi, e siamo alle solite, la ricchezza si formerebbe non già sulla spinta dell'ambizione personale, ma per agreste e virtuoso altruismo impersonale (uscire dall'individuo è pura utopia, un'ideale sterilizzazione dei desideri e delle pulsioni egoistiche non può reggere nel lungo periodo).
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