Nelle Sette brevi lezioni di fisica di Carlo Rovelli (Adelphi), operazione editoriale che richiama smaccatamente i Sei pezzi facili di Richard Feynman, non c'è nulla che non si trovi già presente nelle varie conversazioni dell'autore che si possono trovare su Youtube, ma bisogna dire che il librettino può costituire ugualmente un agile promemoria in caso di collasso della rete elettrica mondiale.
Le lezioni più interessanti per i cacciatori di nuovi paradigmi sono la quinta e la sesta, dove l'autore ritorna sulla teoria della gravità quantistica a loop e sulle sue implicazioni "temporali", teoria in apparenza alternativa alla stringhe (il tema era già stato affrontato nel precedente La realtà non è come ci appare). Questa nuova teoria si propone di integrare la relatività generale con la meccanica dei quanti, e per farlo intende concepire le unità minime dello spaziotempo (spaziotempo discreto, cioè "digitale") come atomi di spazio (qui inteso come "cosmo"). Questi sarebbero "minuscolissimi: un miliardo di miliardi di volte più piccoli del più piccolo dei nuclei atomici". Ciascun atomo di spazio avrebbe una forma ad anello (loop), ogni anello sarebbe intrecciato all'altro in una "rete di relazioni che tessono lo spazio".
L'idea di base è che lo spazio coincida di fatto con il campo gravitazionale (in questo caso la massa non sarebbere altro che il manifestarsi di una forza di gravità), e che gli atomi di spazio si vengano così a configurare come atomi individuali di gravità. Questi atomi elementari non si troverebbero quindi nello spazio, sarebbero essi stessi lo spazio (e il tempo). Il tempo seguirebbe il destino dello spazio (spazio e tempo sono infatti indissolubilmente legati secondo quanto prescritto dalla teoria della relatività generale), per cui smetterebbe di scorrere coerentemente secondo il consolidato schema "passato-presente-futuro" poiché ogni singolo processo danzerebbe a un ritmo suo proprio. E' questo il senso della cosidetta "fine del tempo".
Che cosè dunque il tempo? Un'approssimazione. Così come i nostri occhi non sono in grado di percepire da lontano le minuscole increspature sulla superficie dell'acqua di uno stagno che ci appare calmo, così lo scorrere coerente del tempo emergerebbe dal nostro sguardo sfocato sui processi microscopici sottostanti la realtà cosciente.
"Per una ipotetica vista acutissima che vedesse tutto non ci sarebbe tempo 'che scorre' e l'universo sarebbe un blocco di passato, presente e futuro. Ma noi esseri coscienti abitiamo il tempo perché vediamo solo un'immagine sbiadita del tempo. Se posso rubare le parole al mio editore: «L'immanifesto è molto più vasto del manifesto». Da questa sfocamento del mondo nasce la nostra percezione dello scorrere del tempo." (Carlo Rovelli, Sette brevi lezioni di fisica, Piccola Biblioteca 666, Adelphi).
Nessun commento:
Posta un commento