Se penso alla condizione animale in natura, cioè quella di rappresentare un anello della catena alimentare, in cui la propria vita non ha senso se non quello di essere cibo per altri animali (e qui la cosa si fa più evidente alla base), mi viene da pensare come sia presuntuoso che il genere umano abbia creduto, giunto a un certo punto del suo sviluppo, di essere il favorito degli dei, il genere eletto, il dominatore del creato (salvo intervento dei piani alti). Altro che tacchino induttivista, l'intero sviluppo del genere umano si potrebbe leggere come la vicenda del dominatore sazio che si interroga sul senso di questa sua sopraggiunta sazietà. Diméntichi delle nostre origini, ci crediamo ora favoriti dagli dei ora dalla ragione, destinati al sacrosanto dominio e alla superiorità della specie. Finché la grande livellatrice riconduce i termini della questione alle sue origini, si vive da uomini e si crepa ancora da animali.
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