Ogni tanto mi concedo anche un po' d'insonnia, così, tanto per alternare. Sarà il caldo. Prima c'era una che gridava "Carmelo!", un'intellettuale di Ibiza con castagnole al seguito. In lontananza riecheggiano grida scomposte, non si sa se di ubriachi o di gente a cui stanno togliendo la vita (vedremo domani sul giornale). Stavo concentrando gli sforzi nel tentativo di comprendere la differenza fra una ferula e un pastorale, problemi che occupano la mente in sommo grado mentre qua e là sbatacchiano finestre per via di un certo venticello che comunque non trova la forza di penetrare la quarta parete. Quella che s'è rotta dev'essere la ferula di Lello Scorzelli, un contorcimento plastico a metà fra il Giacometti e lo Schiele che rispecchia alla perfezione i travagli della Chiesa contemporanea (c'era un crocifisso simile nella chiesa che frequentavo da ragazzino, derubricato dalle perpetue a "clà roba muderna ca và adèss"). Saranno le allucinazioni uditive, ma mi è parso di sentire distintamente il raglio di un asino, un asino albino annunciante l'apocalisse. Un tocco di campana annuncia la mezz'ora. Per le stradine del Josefov, di notte, s'aggirava il Golem. E mastro Pernath che tentava di ricordare il suo passato. Qui c'è ben poco di magico, qui ci sono invece le macchine e fra un po' le spazzolatrici satellitari col loro baccano infernale a passare una mano di biacca sul volto scarmigliato della notte (madonna come sono poetico). Intanto, faccio notare, gli augellini han cominciato a cantare.
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