Agli uomini, al consesso sociale, occorre dare in pasto una certa idea di normalità per essere lasciati in pace e quest'idea coincide grosso modo con la morale corrente, cioè vigente in un dato momento storico per un determinato contesto culturale. Nessuno sfugge a una certa dose di conformismo, conformarsi consola e rende la vita più semplice, per giunta ci si sente più sani se non addirittura dalla parte dei giusti. Detto questo, il linciaggio di Jassie Washington a Waco il 15 maggio 1916 ci mette in guardia dai rischi di una normalità talmente autoreferenziale da non mettersi più nemmeno in discussione anche di fronte all'abominio da lei stessa perpetrato. Siccome poi il razzismo degli anni duemila sostituisce al concetto di inferiorità biologica quello di inferiorità culturale, si pensa e si crede che per questo sia come svaporato, che non sia più il caso di parlarne, per giunta lo si maschera più facilmente dietro a considerazioni di carattere logistico (non abbiamo più posto, non sappiamo più dove metterli), ma rimane sempre il dubbio che per un'ipotetica invasione di cecoslovacche il posto lo si sarebbe trovato ugualmente. Quindi, o abbiamo il coraggio di fare come gli australiani che non fanno passare nemmeno un pelo di chihuahua, fosse anche il chihuahua di Johnny Depp (ma non ne siamo capaci), oppure continuiamo pure con questo tira e molla, per cui al richiamo della pietas cristiana corrisponde un diametrale not in my backyard, alla faccia della civilissima Europa, della carta dei diritti umani e pure del Je suis Charlie (sia detto che anche in casa mia non c'è posto).
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