Mi dicono giustamente: guarda che il buddhismo non indica il vuoto, che io, in quanto occidentale, sono un parmenideo rigoroso, più rigoroso di Parmenide: l'essere non può non essere. Andiamo dunque a vedere cosa dice il buddismo sul concetto di "vacuità" (prendo da Wikipedia):
«Egli [il Buddha Śākyamuni] comprende che il suo pensiero è vuoto dell'impurità del desiderio, dell'impurità dell'esistenza e dell'impurità della nescienza [inconsapevolezza] e che l'unica non vacuità è quella che dipende da questo corpo, sestuplice sede dei sensi, conseguenza della vita». (Piccolo discorso sulla Vacuità, Majjhima-nikāya)
E allora nota Riccardo Venturini:
«Al più alto livello di vacuità basati sulla meditazione di calma, il Buddha osserva che ciò che rimane è costituito dalla non-vacuità dei "sei campi sensoriali che, condizionati dalla vita, sono basati sul corpo stesso"».
Sta bene, non tanto perché io, preso da horror vacui, desideri saldamente qualcosa su cui poggiare, ma per amor di verità: qualcosa pure medita il concetto di vacuità, medita dunque è.
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