Noi moderni diamo praticamente per scontato che la realtà venga tradotta nella mente dall'attività elettrochimica della materia cerebrale, la quale produce una sorta di stato psicotropo permanente che ha però la pretesa di tradurre fedelmente all'interno del cervello quella che è la realtà oggettiva esterna, senza distorsioni.
Quello che invece fanno i filosofi cosiddetti "idealisti", quali Kant, Berkeley e Schopenhauer, è ribaltare i termini della questione partendo dal dato immediato della coscienza: senza l'occhio nemmeno il sole, senza l'orecchio nemmeno il suono, la realtà assume la forma concessa dall'osservatore.
La coscienza è dunque per gli idealisti come il vaso che dà la forma all'acqua, dove l'acqua è il mondo di cui si fa esperienza e il vaso rappresenta le strutture mentali che danno al mondo la sua forma peculiare.
Il mondo è allora rappresentazione nel senso che la coscienza del mondo rispetta certe regole a priori, quali il senso dello spazio, del tempo, del legame fra le cose, che fanno da presupposto ad ogni esperienza possibile e rappresentabile.
Queste regole a priori non si trovano dentro la natura ma fanno da presupposto stesso alla manifestazione della natura, la quale si trova, come del resto anche l'intera realtà, all'interno dell'orizzonte trascendentale della coscienza (trascendentale, cioè che trascende le singole esperienze e si pone come il loro presupposto necessario).
Basta così che poi vi fuma la coscienza (trascendentale).
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