"Predicare la morale è facile, motivarla è difficile". Questo lo Schopenhauer, Della Volontà nella Natura. La citazione in esergo a Il fondamento della morale, trattazione scritta dal nostro per rispondere a un concorso indetto dalla Reale Società di Danimarca, rispedita al mittente con disonore per via "delle gravi offese recate a parecchi grandissimi filosofi degli ultimi tempi", vale a dire Hegel (e chi sennò?), Fichte e Schelling. Ma anche la ragione pratica di Kant viene liquidata come un sofisma, quando non addirittura come una puttanata colossale, proprio perché colpevole di essere una petitio principii, di pretendere di dimostrare nella conclusione ciò che era già stato illegittimamente assunto come premessa, una "bolla di sapone a priori". Il vero fondamento della morale, l'unico, tutt'altro che razionale, è per Schopenhauer il sentimento della compassione, l'immediata partecipazione alla sofferenza di un altro. Ma appunto è un moto misterioso, stupefacente, il vero mistero dell'etica, dice. E' un moto estemporaneo, che secondo il carattere di ciascuno viene naturale e spontaneo oppure ha bisogno di essere esercitato, come una ginnastica, quando non addirittura prima concepito, con l'intelletto. Schopenhauer rade così al suolo un millennio di etica, che ancora oggi non si vede come la si possa riedificare, semplicemente non si può (più), una volta spogliata l'etica delle pretese teologiche, metafisiche e razionaliste rivestirla per pudicizia è diventato impossibile.
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