E di nuovo l'angoscia, questa tortura
infinita che pare connaturata al mio essere come una categoria a
priori dello spirito, la più subdola delle menomazioni che sembra
ideata apposta per tormentarmi. Sarebbe troppo chiamarla depressione,
sarebbe concederle un titolo onorifico, è più una malinconia a
lento rilascio con picchi di sfolgorante sgomento. Vedo la gente
morta. Cioè, io la vedo camminare dall'alto di questo
incommensurabile balcone - non è stata una buona idea - tutta presa
dalla propria vita e dai propri imprescindibili bisogni, proprio come
fossero qualcosa, e invece sono niente, niente di più che piccole
gambe e braccia e testoline che tra qualche anno non saranno più e
il loro passaggio su questa terra assolutamente inutile, come fuochi
accesi da imprevedibili lampi che continuamente si spengono sotto il
nubifragio di un tempo senza fine (puro lirismo, intendevo dire la
caducità della vita al cospetto dell'ineluttabilità della morte). E
pensare che credevo di essere pronto per un casa al terzo piano.
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