Uno si appassiona alla filosofia e si sente un cavaliere dell'intelletto e gli viene pure l'uzzolo di usare gli strumenti della filosofia per dire qualcosa di significativo e di intervenire con qualche idea buona nel dibattito politico, ma poi capisce che il progetto è destinato a fallire, nessuno è veramente interessato alle ragioni quanto alle posizioni, ci si cuce addosso un abito, un ruolo che si vuole sostenere, e qualsiasi ragione che va a contraddirlo, anche se ben circostanziata, è liquidata come una fastidiosa seccatura. La filosofia è un piacere privato, come fare i disegnini, sai che serve e ti rilassa, ma inutile farne una passione comune. Per giunta per molti la filosofia assume più la forma di una storia della filosofia, un cherry picking di idee un po' curiose e qualche volta strambe che servono ad allungare il brodo di un articolo o di una supercazzola arrabattata lì per lì. Nelle università la situazione temo non sia molto diversa visti i prodotti che escono dalla Bocconi e dalle lauree in lettere e filosofia. L'istruzione, ahimè, non è garanzia di trovarsi di fronte a un uomo eccellente, o, che so, a un problem solver di prima qualità, anzi, anche per effetto dei media e della televisione, assistiamo quotidianamente allo spettacolo di fior fior di laureati che risultano poi alla prova dei fatti dei cretini di prima categoria. Scrivi cento volte sulla lavagna: non penserò più che la filosofia può far cambiare idea alle persone, non penserò più che la filosofia può far cambiare idea alle persone, in caratteri cubitali, su più di una lavagna, senza far cadere il cancellino.
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