La nevrosi del "buono" che compulsivamente segnala la sua virtù a mezzo tweet: si nota qui un senso di colpa che deve essere espiato e una diametrale necessità di trovare sollievo nell'approvazione della comunità, per tradurre in forma consentita pensieri che altrimenti gli risulterebbero inammissibili. Bisognerebbe fare uno studio sulla crudeltà dei buoni, o è già stato fatto. Il "buono" è sostanzialmente un cattivo mascherato, o meglio, è il solito garbuglio di pulsioni sempre dialoganti con le direttive morali della sua comunità, e da questo incontro/scontro vien fuori quella specie di animalino barcollante fra un bisogno di approvazione e l'altro che chiamiamo individuo sociale. Ci sono persone che sono bravissime nel recepire subito le nuove circolari in fatto di morale corrente. Specialmente negli ultimi tempi questa pulsione alla gratificazione sociale è stata stuzzicata al massimo: vax/no vax, pro-Russia/pro-Ucraina, sembra fatto apposta. Fanno saltare un ponte con delle persone sopra: il "buono" ci coglie subito un'opportunità per guadagnare punti approvazione e lasciandosi prendere la mano si mette ad esultare come un tifoso di calcio allo stadio (il calcio è un'altra grande forma di riciclaggio di questo materiale psichico sporco, comunemente elevato a passione sportiva). Il fatto che questa volta a morire siano stati dei civili russi compensa in qualche modo i civili ucraini, un gol che accorcia le distanze: come si diventa buoni.
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