Il conservatore cosa vuole conservare, i modi della produzione e dell'economia? No, perché ogni nuova tecnologia è vista come un'opportunità, l'avanzamento della tecnica è vitale, addirittura salvifico. Vuole dunque conservare la società? Sì, vuole conservare certe forme della vita sociale che però gli sfuggono inevitabilmente di mano in quanto quelle forme sono plasmate proprio da quel mutamento tecnologico che per altro verso favorisce e incoraggia. La civiltà industriale che permette al conservatore (e del resto anche al non conservatore) di prosperare è la stessa civiltà che rende meno necessaria la famiglia, la civiltà industriale spinge più speditamente verso l'individualismo, i ruoli uomo/donna sono intercambiabili, la vita religiosa con i suoi valori diventa irrilevante. Così il conservatore si impunta sulla conservazione di quei valori che lui stesso contribuisce inavvertitamente a mutare, cadendo cocciutamente in contraddizione con se stesso, in una velleitaria guerra ai mulini a vento. Il progressista, per contro, vuole imporre i nuovi valori come frutto di una non meglio precisata spinta del progresso, facendo perno piuttosto strumentalmente sulla scienza, che di suo non esprime giudizi. Entrambi, conservatori e progressisti, sono condotti in questo ballo da meccanismi che li sovrastano, pensano di guidare, di governare l'attualità, ma ne sono governati.
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