Diego Fusaro si rifà al suo maestro Costanzo Preve, il quale, attraverso un’idealizzazione sistematica del pensiero greco, predicava la teoria del giusto limite. I greci, diceva, conoscevano la legge dell’equilibrio, sapevano quando fermarsi, mentre il capitalismo brama il profitto infinito, cattivo.
A parte che Diego, da hegeliano, dovrebbe sapere che la storia procede per accumulo infinito di tesi e antitesi, ma se ne ricorda solo quando gli fa comodo. Secondo: i greci predicavano il limite perché non possedevano ancora i mezzi per superare quel limite. Il senso della dominazione delle cose è stato evocato proprio da loro con l’idea dell’ente che si crea e si distrugge. Terzo: la pulsione a desiderare di più di quello che si ha è irriducibile, non si può obbligare gli uomini a darsi un limite, specialmente quando sanno che questo limite si può concretamente superare.
Il capitalismo non è un male assoluto, questa è una visione puerile, è la conseguenza naturale del nostro modo di pensare le cose: se sono a nostra disposizione, non si vede perché dovremmo lasciarle in pace, ma i rivoluzionari la pensano allo stesso modo dei capitalisti, che il mondo è trasformabile (creazione/distruzione) secondo volontà, è per questo che tutto si muove e la rivoluzione di oggi ridiventa la restaurazione di domani.
Se non capiamo questo ce lo meritiamo Fusaro.