Per dimostrare che sono gli atomi che determinano l’esperienza sensibile abbiamo bisogno di dimostrarli attraverso l’esperienza sensibile, ricorda il trilemma di Münchhausen: il barone si tira fuori dalle sabbie mobili afferrandosi per il codino. In altre parole, per dimostrare la premessa, che gli atomi determinano l'esperienza sensibile, dobbiamo far ricorso alla conclusione, la conclusione precede la premessa.
E se davvero non fossero gli atomi i costituenti ultimi della realtà ma l'informazione, come dicono quei matti dell'ontologia digitale? In fondo oggi si traducono anche i libri e le canzoni in sequenze di DNA, così dice la televisione.
Il bello della prospettiva idealista coerente è che dimostra come non vi sia bisogno della materia, nel suo senso ontologico e cartesiano di realtà estesa, per far funzionare la realtà. Se non proprio una contraddizione, la materia diventa una congettura che ci si può lasciare alle spalle senza colpo ferire, niente di più che un feticcio dell'uomo moderno che continuerà i suoi esperimenti sulle modalità di apparizione dell'esperienza sensibile.
Impossibile, dirà il materialista, così la realtà diventa magica, un sogno che poggia sul nulla. Ma l'esperienza non è un nulla, è un pregiudizio pensare che abbia bisogno di un sostrato per ricevere consistenza. E in più si potrà ribattere al materialista che anche la sua materia è un sogno non attestato dall'evidenza originaria dell'esperienza sensibile: l'esperienza che si fa della materia, e qui concorderà anche il materialista, non è la materia. L'esperienza senza materia sembrerebbe un impossibile quando in realtà è la più coerente delle forme gnoseologiche. Anche Kant affermava che al di là della rappresentazione si trova la terraferma della cosa in sé, questa cosa in sé rimane però per sua stessa definizione un pensato privo di esperienza sensibile.
Abbiamo ucciso la materia, il delitto perfetto.