«La vita è questo, una scheggia di luce che finisce nella notte.»
Non c'è nulla da fare, comunque la rigiri, la vita, inclusa la morte, mi pare un'assurdità colossale, degna di non essere nemmeno vissuta. Sarà che in questo periodo ho a che fare con la morte e con la malattia, e vedermela davanti agli occhi, nella sua cruda datità ("datità" piacerà agli haideggeriani), fa riemerge quel sottosuolo di depressione che in fin dei conti mi costituisce dalle fondamenta ancor più della materia. Io sono depressione, io sono terrore (io non sono leggenda). Mi piacerebbe tanto sapere come cristo fate voi a vivere pensando di dover morire, come fate a non rimanere sbigottiti di fronte a questo baratro. A me vengono le vertigini. Facile, mi direte, mica siamo depressi! Ma nemmeno io... voglio dire, sono stato anche peggio di così. Poi vado dall'analista e gli dico: sono affetto da depressione ontologica, da sbigottimento di fronte al senso greco del divenire, vorrei proprio vedere come mi cura. Di fronte alla possibilità della fine perde valore ogni cosa: gli affetti, le amicizie, i passatempi, il vivere dimenticandosi di vivere. Guardo le persone e ci vedo maschere vuote, ne più e ne meno di cartonati con giusto un po' di tridimensionalità in più. Ma a che cazzo serviamo? Esserci o non esserci non fa alcuna differenza. Ho perso anche l'appetito, beati voi che ce la fate.
Chi te lo dice che ce la facciamo? Certo, la paura della morte non mi ha ancora ucciso. Ma questo si può dire anche di te.
RispondiEliminaAlessandra
Grazie, mi sei di consolazione
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