Un'ora e mezza di discorso e poi il malore, ma sfido io a non farsi venire un malore anche in platea, ci va una bella resistenza e la formidabile dedizione del leccapiedi o del claqueur di fama mondiale per non cadere vittima di un colpo di sonno o di un collasso nervoso, io non ce l'avrei fatta, per giunta ogni ora devo fare la pipì. Ma cos'avrà ancora da dire che non sia già stato detto, quali astuzie della retorica, quali nuovissimi argomenti ci dovrà mai rifilare per riempire quell'ora e mezza di significati? Per una legge di equivalenza anche un'ora e mezza di Epifani sortirebbe lo stesso effetto, per non dire Cuperlo. La politica da noi è quell'eterno ritorno dell'eguale in cui la rituale finitezza degli argomenti rapportata all'eternità del cosmo fa sì che il pover'uomo sia sottoposto all'infinito circolo delle combinazioni finite che eternamente si ripropongono sempre uguali, al netto della capacità prestidigitatoria di fargliele dimenticare per illuderlo che siano le più nuove, che noia.
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