domenica 8 febbraio 2015

Il patetico ontologico

[post lungo e palloso, in alternativa c'è l'Isola dei Famosi su Canale 5]

Un fantasma s'aggirava per l'Europa, i "Quaderni Neri" (Schwarzen Hefte) di Heidegger. Già avevo visto al riguardo un video di Vattimo e Fusaro su Youtube*, ne ero al corrente. La tesi di Heidegger sugli ebrei è in sostanza la seguente: trattasi di popolo metafisico per eccellenza, il che, tradotto nel linguaggio comune, significa sradicato e senza patria, il cui significato si dà non in ragione della sua individuazione territoriale ma in ragione del significato che rappresenta in sé, e cioè:

"gli ebrei sono gli agenti della modernità; ne hanno diffuso i mali. Hanno deturpato lo «spirito» dell’Occidente, minandolo dall’interno. Complici della metafisica, hanno portato ovunque l’accelerazione della tecnica. L’accusa non potrebbe essere più grave. Solo la Germania, grazie alla ferrea coesione del suo popolo, avrebbe potuto arginare gli effetti devastanti della tecnica. Ecco perché il conflitto planetario è stato anzitutto la guerra dei tedeschi contro gli ebrei. Se questi ultimi sono stati annientati nei lager, è per via di quel dispositivo, di quell’ingranaggio che, complottando per il dominio del mondo, hanno ovunque promosso e favorito. Il nesso fra tecnica e Shoah non deve sfuggire. Ed è proprio Heidegger ad avervi fatto allusione altrove. Che cos’è infatti Auschwitz se non l’industrializzazione della morte, la «fabbricazione dei cadaveri»"*

La Shoah sarebbe dunque l'autoannientamento degli ebrei, e cioè il ritorcesi contro di quel dispositivo tecnico alienante e impersonale che avrebbero contribuito essi stessi a rendere dominante con la loro adesione acritica alla modernità.

Ora, a monte di tutto il ragionamento c'è questa vecchia idea ancora molto persistente che il primo nemico dell'uomo sia essenzialmente la modernità, e cioè l'apparato tecnologico, l'atteggiamento tecnico-scientifico che finisce per snaturarlo disumanizzandolo, rendendolo ente fra gli enti, oggetto fra gli oggetti. Che l'atteggiamento scientifico ci abbia ridotti a oggetti fra gli oggetti, con la dovuta semplificazione del caso, può essere senz'altro vero. Ma questa feroce avversione alla modernità che è propria di un certo pensiero ermeneutico e continentale non tiene conto che la modernità è la conseguenza principale del nostro essere uomini. Proprio perché esiste l'umanesimo, e cioè il farsi avanti dell'idea che l'uomo deve essere posto al centro del mondo, esiste per conseguenza l'atteggiamento scientifico moderno che è il "braccio armato" di questa idea di centralità dell'uomo. L'uomo vuole poter gestire la realtà che gli sta attorno e dominarla, piegarla ai suoi scopi per vivere più confortevolmente, senonché, il processo che inizialmente si era inteso porre al servizio dell'uomo finisce fatalmente per servirsene. La tecnica è quell'esoscheletro che, inizialmente approntato per potenziare l'uomo, finisce fatalmente per atrofizzarne i muscoli, rendendosi così indispensabile alla sopravvivenza. Ma questo è un processo assolutamente normale e non può che essere altrimenti, proprio in quanto l'uomo procede di pari passo con il suo esoscheletro (e cioè con l'apparato tecnologico), diviene qualcosa di ulteriore (anche il significato dell'uomo diviene, se ne facciano una ragione).

E' dunque poco realistico pensare che l'uomo autentico sia quell'essere che è in grado di liberarsi di tutti gli orpelli della tecnica vivendo serenamente la sua vita da buon selvaggio magari ritiratosi in completa solitudine nei boschi, perché anche solo il bastone del pastore greco racchiude in sé il germe della modernità, il germe della cattivissima tecnica era già presente in quella celebre Holzsäge (sega da legno).


Che vogliamo dire di Heidegger? Tentativo piuttosto goffo e patetico e che non rende un grande servizio alla filosofia di scaricare le responsabilità dell'Olocausto sugli stessi ebrei (come se la Germania nazista fosse nemica giurata della tecnica, soprattutto quella militare!). E' da Husserl e dalla nascita della fenomenologia che la tecnica diventa questa cattiva matrigna che ha tolto la sua centralità alla filosofia, quasi si trattasse di uno sgarbo da pagare col sangue. Non ci si sbaglia poi di tanto se si volesse interpretare molta della filosofia ermeneutica e continentale presente e passata come una prolungata e insistente crisi di gelosia.

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