La sera mandavamo lo zio Jab a fare legna, ricordo il vecchio mobiletto in formica della cucina, le mensole avanzate dalla libreria e il comodino spaiato. Li rompevamo con un grosso martello incrostato di vernice, spoglia mortale di un magūtt o di un imbianchino non si sa se uccisi più dalla fame che dal freddo. Cadde anche il tabù dei libri, per primi cominciammo a bruciare quelli di Moccia e Fabio Volo, quelli di Odifreddi per ultimi. Più corposi erano i dizionari ma bruciavano troppo in fretta, per farsi un bagno caldo non bastava una Treccani (per farsi un te bastava una Bibbia). La brutta abitudine di Edgar A. Poe di scrivere racconti troppo brevi, idem Cechov, la Recherche, invece, molto apprezzata, ma nella versione Newton-Compton con i caratteri grandi. Come carta igienica usavamo Il Foglio, che non puzzava di petrolio. Contatori Geiger da tempo non se ne trovavano, per misurare la radioattività ci eravamo attrezzati con mezzi di fortuna, una pentola di alluminio amplificata con due coni di cartone a mo' di cornucopie attraverso le quali speravamo di captare la debole attività delle particelle subatomiche... Per fortuna di radioattività, dalle nostre parti, non se ne registrò mai.
Nessun commento:
Posta un commento