Io dico che un freddo così non l'ho mai sentito, un freddo da obitorio. Da tre ore coi termosifoni accesi e abbiamo guadagnato un grado. Mi ricorda il freddo che faceva giù a Moglia quando andavo a scuola, con la nebbia a un palmo dal naso e la pancia che mi tremava, sconsolato e solo alle sette del mattino con la giacca a vento rossa a mo' di boa di segnalazione. L'autobus andava a passo d'uomo, l'autista attraversava gli incroci ad orecchio coi finestrini abbassati, una lotteria. Percorrevamo queste lunghe strade in mezzo al nulla coi fossi ai lati, bisognava andare dritti, tutto attorno i boschetti di pioppi piantati in file indiane, spettrali, pallidi e rinsecchiti come morti. Mi raccontava mio padre del ghiaccio alle finestre e delle case con una sola stufa, del cesso in mezzo alla campagna e della terra gelata, della galaverna, cioè la rugiada ghiacciata, un freddo inconcepibile ma a lui andava bene così, anzi, c'ha pure la nostalgia com'è giusto che sia. Quanto a me mi si son gelati i piedi.
Un incipit bellissimo per un romanzo simil russo in stile dostoevkjiano. Ora aspetto il seguito...
RispondiEliminaEh magari il Dosto, qui sto ancora a Fabio Volo... facciamo così: adesso che vince Grillo mi ritiro a vita privata e scrivo le mie memorie, poi ti mando le bozze
EliminaPoi c'ho il vezzo di cambiare qualvosina al testo dopo pubblicato, lo faccio pure coi post vecchi...
Elimina