Triste lo sono sempre, come condizione naturale, ma col tempo la disperazione calda della gioventù ha lasciato il posto alla rassegnazione tiepida della "maturità", ma giusto per un venir meno delle forze. Non è la speranza in un mondo migliore che agita i miei sonni, non le questioni politiche, non l'uguaglianza degli uomini di fronte alla legge, casomai è l'uguaglianza degli uomini di fronte alla morte, questa impossibilità di scampare alla vita, di uscirne senza crepare. In definitiva vivere mi dà tristezza, morire mi dà sgomento, sperare non mi è di consolazione. Però il tutto è più attenuato e meno doloroso, principalmente per indolenza. In altre parole si perde la sensibilità, si rincoglionisce, ci si prepara al salto nel buio. Se ci riesco mi ammazzo prima, non è così semplice.
RispondiEliminasu dai..., leggi Spinoza. Non è che in sé sia un toccasana ma capirlo richiede una tale abnegazione che può aiutare a fugare i cattivi pensieri. Non prendere farmaci (MAI) e ricorda che per sconfiggere la depressione non c'è niente di meglio che l'ozio.
Veramente è quando non ozio che non penso alla depressione
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RispondiEliminaozio nel senso di non lavoro, non di inattività. A volte il lavoro diventa una via di fuga solo apparente. A volte bisogna mordere la testa del serpente. A me pensare alla morte da molta serenità (a patto di non autoinfliggersela).
Insomma, non c'hai voglia de lavorà, s'è capito!
Eliminano, a me piace il mio lavoro, credo che sia il più bello del mondo. Ciò non toglie che preferirei non farlo. Mi sembra il minimo.
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